La regione Calabria, abbandonata dalla classe politica, utilizzata come passerella solo quando ci sono le elezioni, terra in cui il principio di legalità è oscurato quasi sempre da percorsi clientelari, affaristici e ‘ndranghetistici forieri di sottosviluppo e arretratezza, finalmente ritrova fiducia e speranza nella possibilità del cambiamento.
Senza voler richiamarsi all’Unità d’Italia, bisogna purtroppo riconoscere che dal 1861 in poi le nostre dinamiche politiche, a parte qualche rara eccezione, hanno sempre visto trionfare personaggi pronti a svendere la propria gente e la propria investitura istituzionale in cambio di favori personali.
L’arretratezza si costruisce negli anni implacabilmente, legislatura dopo legislatura, verificando quanto servizi, infrastrutture e possibilità di sviluppo vengano negati sistematicamente ai calabresi.
Perché? Semplicemente il senso della collettività non esiste. Così ci ritroviamo senza strade, treni, aerei e strutture ospedaliere decorose (a parte qualche isolata eccellenza); immersi fino al collo nella spazzatura, che diventa sempre più una specie d’istallazione urbana a cui il cittadino tristemente si sta abituando.
Per cambiare realmente i cittadini dovrebbero ragionare attentamente sui meriti, programmi e obiettivi raggiunti dai vari esponenti politici la cui posizione economica e mediatica, quella sì, ha registrato un cospicuo incremento. È incredibile come molto spesso individualmente si riesca a risolvere i propri problemi personali, mentre siano completamente disattese le istanze sociali pomposamente sbandierate in campagna elettorale.
I giovani invece hanno bisogno di credere nel futuro, nel miglioramento, nello studio inteso come strumento di elevazione personale e gratificazione professionale, a prescindere dalla parentela o meno con qualcuno che possa agevolare il proprio cammino.
I cittadini dovrebbero valutare tutto questo con attenzione quando saranno chiamati alle urne.
“Bisogna che la Repubblica sia giusta e incorrotta, forte e umana: forte con tutti i colpevoli, umana con i deboli e i diseredati.” (Sandro Pertini)