La scuola è iniziata tra il 14 e il 24 settembre in molte regioni e città; sin dai primi giorni, si sono registrati casi di contagio e pertanto i sindaci di molti centri urbani hanno provveduto attraverso i dirigenti scolastici all’attivazione della modalità DaD.
Inoltre con il DPCM del 25 ottobre si è avviata la DaD nelle secondarie di II grado. Successivamente in molte realtà la DaD ha sostituito la modalità in presenza anche nei restanti cicli. Nel considerare il valore 3.173 focolai, vale a dire il 2% del totale nazionale, non viene ponderato un aspetto determinante: tantissimi istituti scolastici italiani erano in DaD e comunque sono stati registrati diversi casi di Covid difficilmente tracciabili.
Il dato dei 3.173 focolai va sottoposto ad attenta lettura interpretativa:
– se messo in relazione con il numero di mesi trascorsi dall’inizio della scuola è un dato preoccupante, in considerazione dell’effetto moltiplicatore relazionato al soggetto positivo (non è infatti ipotizzabile che un minorenne positivo non abbia avuto contatti con altri soggetti, anche perché in casa quantomeno deve essere presente un genitore o soggetto esercente la patria potestà);
– se messo in relazione con il numero di giorni di didattica realizzati realmente in presenza, assume connotati ancor più allarmanti, lasciando trasparire come la Dad sia stata l’unico strumento in grado di contenere il contagio;
– se messo in relazione con i dati pubblicati a livello locale e regionale, pare indicare l’alto grado di contagiosità di ogni singolo focolaio anche in forma mediata nel tempo e nello spazio.
Da quanto si deduce, diversi focolai hanno interessato anche le scuole primarie; quindi risulta inappropriato sostenere che non avvenga la propagazione del virus tra i giovanissimi. Le evidenze scientifiche hanno chiarito, invece, che in tenera età il rischio di contagio permane, con l’unica particolarità data fondamentalmente dalla maggiore asintomaticità. In altre parole, anche un bambino in età prescolare può essere positivo, ma i sintomi propri del coronavirus possono essere non immediatamente visibili o, comunque, diversi da quelli tipici che si riscontrano negli adulti. L’ISS, infatti, sembra non riportare i numerosi casi di bambini ricoverati per sintomi apparentemente riconducibili alla Sindrome di Kawasaki, ma che poi sono stati ricondotti al Coronavirus.
Ad oggi, non conosciamo la casistica determinata dalla trasmissione del virus ai docenti, al restante personale scolastico e ai soggetti fragili, ivi inclusi i familiari degli studenti oggetto del dossier ISS.
La situazione dinamica e complessa del periodo in corso induce, a nostro parere, alla prudenza; gli studi effettuati fino ad adesso risultano ancora incompleti per un’acquisizione globale delle esperienze relative a una malattia nuova. Nell’incertezza è preferibile evitare i contagi cercando di contenere le occasioni di assembramento e promiscuità.
La scuola è un organismo vivo e regole improntate all’autocontrollo severo e continuo da parte di studenti vivaci proprio per la fascia d’età a cui appartengono rischiano di venire disattese con conseguenze gravissime.
La DaD condotta con serietà e passione da tanti colleghi non è una metodologia didattica di serie B, soprattutto se attivata per necessità in periodi circoscritti. Pur riconoscendo il valore formativo e socializzante della lezione in presenza, riteniamo che non sia ancora il momento di un romantico [pericoloso] ritorno in presenza a scuola, ma il momento di continuare a salvaguardare la salute del personale scolastico, degli alunni e dei familiari attraverso una seria ricognizione del livello di sicurezza realmente offerto nei singoli edifici scolastici; il momento di intervenire sulle criticità più volte segnalate; il momento di pianificare e garantire un ritorno sicuro e sereno per tutti.