Roma, la cucina sarda primeggia con centinaia di ristoranti.
E’ quanto risulta dal censimento del sindacato Unsic sulle “insegne” regionali nella Capitale.
Primeggia il riferimento al Nuraghe. Insieme a “Dolmen”, “Mamutones”, “Mirto”, “Quattro Mori”. Ma l’identità è presente anche con “Eleonora d’Arborea” e “Grazia Deledda”. Poi i richiami geografici, “Baia Chia”, “Campidano”, “Costa Smeralda”, “Gallura”, “Karalis”, il nome di Cagliari in fenicio. Fino ai contrassegni dialettali, “Is Arenas”, “Sa Cardiga”, “Sa Posada”, “Sa Tanca”.
Benvenuti nel mondo della ristorazione sarda a Roma, una delle comunità più folte nella Capitale, anche nel settore enogastronomico. Con un lungo elenco di botteghe, giardini, giare, osterie, otri, profumi, ristori, taverne, tane, con il richiamo alla Sardegna.
L’originale “censimento” è stato effettuato dal sindacato datoriale Unsic attraverso l’iniziativa “I territori nel piatto”, a sostegno delle imprese del settore ristorazione.
L’organizzazione sindacale ha voluto valorizzare l’identità e la storia dei tanti ristoranti, offrendo una vetrina gratuita on-line a beneficio degli utenti e degli oltre tremila uffici – soprattutto Caf, Patronati e Caa – dello stesso sindacato sparsi per il territorio.
I ristoranti sardi finora censiti sono una settantina, ma l’elenco è in costante evoluzione e a breve supereranno il centinaio di unità.
Cosa offrono principalmente i menù? Malloreddus (gnocchetti), culargiones e lorighitas dominano tra i primi, ovviamente salumi e formaggi sardi, poi il maialino al forno, la bottarga di Muggine, ostriche Gillardeau, vasta varietà di pesce e per concludere seadas e crema catalana.
“La difficile situazione del settore, specie in una città come Roma caratterizzata dal turismo internazionale, ci ha spinto a lanciare l’iniziativa ‘I territori nel piatto’ per valorizzare l’aspetto della cucina regionale dei circa 350 ristoranti finora censiti – spiega Domenico Mamone, presidente dell’Unsic, sindacato nazionale degli imprenditori.
“Si tratta di un piccolo strumento di promozione gratuita che potrà essere utile soprattutto nella fase di ripresa. Come ricorda la Fipe, nel 2020 il settore ha perso 38 miliardi complessivi a causa di una chiusura media di 160 giorni, con un saldo negativo tra aperture e chiusure di 9.232 unità.
I ristori hanno coperto molto parzialmente gli incassi perduti, più efficace è stato il credito d’imposta del 60 per cento per i canoni di locazione e del 30 per cento per l’affitto ramo di azienda. Ma occorrerà moltiplicare iniziative e sforzi, lavorando soprattutto d’ingegno, per rilanciare tutto il settore turistico”.