La nave-scuola Amerigo Vespucci compie 90 anni
Paolo Maccione, direttore di Barche d’Epoca e Classiche, ha intervistato (a distanza) il Capitano di Vascello Gianfranco Bacchi, 122esimo comandante dell’Amerigo Vespucci, la nave scuola della Marina Militare Italiana varata nel 1931. Dopo l’annullamento nel 2020, causa emergenza sanitaria, del già programmato periplo del globo, Bacchi è stato riconfermato al comando del veliero più bello del mondo. A lui l’onore nel 2021 di celebrare i 90 anni di storia della nave, diventata in piena pandemia ancor più simbolo di italianità. Nelle 10 domande dell’intervista si è parlato della mancata campagna addestrativa attorno al pianeta, di arte marinaresca, del Tricolore, del genere maschile e di donne a bordo.
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Comandante Bacchi, nel 2020, causa emergenza sanitaria, l’Amerigo Vespucci ha annullato il giro del mondo ed effettuato la tradizionale campagna di istruzione in Italia senza le soste nei porti con i consueti “assalti” di visitatori a bordo. Per tutta l’estate vi abbiamo seguito sui social network mentre navigavate da nord a sud, da est a ovest, su e giù per il Mar Tirreno. Questo vagabondare quasi senza una meta precisa non vi ha dato quasi l’impressione di essere una ‘nave dei dannati’ cui fosse precluso lo sbarco a terra? Potremmo dire che il vostro equipaggio più che godere di qualche giorno di franchigia sembra abbia dovuto vivere un’interminabile quarantena?
“Sicuramente il “raffreddamento” motivazionale a seguito dell’annullamento del Giro del Mondo è stato percepito un po’ da tutti i membri dell’equipaggio. Tuttavia la voglia di partire era talmente diffusa ad ogni livello che il 21 giugno si scrutavano solo sorrisi e un senso di buon umore collettivo che avrei difficilmente immaginato in anticipo. Dinnanzi a noi avevamo due mesi di mare senza soste e senza interrelazioni con l’esterno se non attraverso i canali di comunicazione. L’abbiamo affrontata come una prova da superare e nel senso di una volontà condivisa nel dimostrare a tutti che eravamo in grado di svolgere la missione negli spazi e nei tempi concessi.
Voglio quindi rispondere alla domanda partendo dalla fine. Il risultato è stato eccellente. Gli stessi sguardi entusiasti sono tornati a La Spezia al termine dell’estate ed è stato forse il successo più prezioso di questa esperienza atipica. L’obiettivo della Campagna d’Istruzione è stato quello di concentrare la formazione sull’aspetto marinaresco e sulla ricerca delle migliori condizioni meteorologiche per sfruttare le caratteristiche della nave. Questa libertà di manovra concessami dal Comando in Capo della Squadra Navale ci ha permesso di capitalizzare al massimo la navigazione a vela condotta in condizioni ottimali o comunque tali da sottoporre gli allievi a tutte le prove necessarie e funzionali alla loro crescita umana e professionale. Abbiamo ricercato passaggi suggestivi da compiere a vele spiegate e spinti da venti spesso intensi come nel transito delle Bisce nel Parco della Maddalena o l’attraversamento dello Stretto di Messina.
Per concludere con l’ingresso a vela in Mar Piccolo a Taranto, il 22 agosto. Inoltre ho aggiunto alla necessità di compiere soste tecniche alla fonda, la possibilità di svolgere attività sportive e ricreative organizzando gare di nuoto, canoa, tavole a remi o palischermi, tutte completate con divertenti premiazioni la sera a centro nave accompagnate da buffet e tanta allegria collettiva. In sintesi, più che una limitazione si è rivelata una straordinaria occasione di crescita, una circostanza irripetibile di condivisione finalizzata alla nascita di un corso.
Infatti quest’anno il Vespucci ha avuto la possibilità di sottoporre la prima classe dell’Accademia Navale ad un periodo formativo di un’intensità mai sperimentata prima e il lavoro svolto a bordo ha consentito la creazione di una nuova “squadra” di allievi particolarmente coesa e forgiata sulla conoscenza reciproca e il lavoro collettivo. Quella che era iniziata come una reclusione forzata si è trasformata in un’opportunità, unica e probabilmente irripetibile, sia per me che per tutto il mio equipaggio. In estrema sintesi ed usando termini marinari, siamo stati capaci di cambiare rotta abbandonando il bordo “dannato”, usando sue parole, e virando per un bordo estremamente favorevole che ci ha condotto felicemente al traguardo”.
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Diventare comandante dell’Amerigo Vespucci è stato un sogno che si è avverato, ma nel suo caso sembra che il destino non le sia stato amico. In teoria lei sarebbe dovuto sbarcare a San Diego, sulla costa occidentale degli Stati Uniti d’America, per lasciare il posto a un nuovo comandante dopo avere percorso mezzo giro del mondo col Vespucci, programmato per il 2020 e 2021. Invece al posto dell’Arabia Saudita, India, Filippine, Giappone (con tanto di Olimpiadi, poi rimandate al 2021) e Hawaii le sono toccate la costa ligure e lo Stretto di Messina. A quale forma di iattura o malasorte ha pensato quando il 7 marzo 2020 lo Stato Maggiore della Marina ha dovuto annunciare l’annullamento del periplo del globo?
“Chi mi conosce, sa bene che non sono una persona abile o capace di dissimulare. L’annuncio dell’annullamento della Campagna “Italia a vele spiegate” in giro per il mondo è stato inevitabile in seguito alle notizie che si ascoltavano dai media. Eravamo pronti e capivamo che non poteva più essere un’attività sostenibile dal Paese in sofferenza per la pandemia in atto. Naturalmente speravamo tutti in un ritardo piuttosto che un annullamento, ma la situazione che si andava gradualmente a complicare non lasciava grandi aspettative. La Forza Armata si stava concentrando nel fornire un sopporto medico alla popolazione e noi non potevamo che esprimere solidarietà nei confronti di un Paese che stava affrontando una crisi economica oltre che sanitaria. Non è forse corretto parlare di rassegnazione ma sicuramente di comprensione e adeguamento a ciò che ci circondava.
Dopo questa doverosa premessa devo confessarle che oggi, terminata la Campagna d’Istruzione 2020 con tutto quello che ci è capitato sia sotto l’aspetto marinaresco che mediatico, con i nostri omaggi musicali e “tricolore” nelle città costiere che ci attendevano, non riuscirei a confrontare e cambiare questa esperienza con un Giro del Mondo. E’ stata un’estate formidabile, inattesa, magica che non mi ha fatto desiderare altro se non cercare il vento, navigare e far sentire la nostra vicinanza alla popolazione provata ma che ricambiava con straordinario entusiasmo e apprezzamento. Come per l’aspetto formativo, che nel corso di questa Campagna d’Istruzione ha raggiunto livelli massimi grazie proprio alla necessità di trascorrere tutto il periodo in mare e nei soli rapporti fra l’equipaggio, anche la mia esperienza è stata unica e di valore inestimabile. Così come ho accettato senza rimpianti il cambio di programma imposto dalla pandemia, ho avuto fiducia nello sviluppo di quella che era diventata la nostra nuova missione.
La mia natura piuttosto fatalista mi porta e mi ha sempre portato a cercare la positività dai cambiamenti, anche se inizialmente dolorosi o apparentemente diminutivi. Nel mio Comando la trasformazione di un programma mi ha concesso opportunità che non avrei mai potuto avere in altre condizioni. Poter scegliere le rotte più idonee in funzione del vento, avere la possibilità di navigare e effettuare rapide soste alla fonda in luoghi caratteristici e particolarmente suggestivi del Mediterraneo, aver condotto la nave nella navigazione attraverso il Canale navigabile di Taranto per completare la campagna addestrativa sotto gli occhi di una città e di tutto il paese, ha costituito una ricchezza che porterò con me per tutta la vita. Anche in questo caso, più che di malasorte, parlerei di fortuna”.
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Nella storia degli oltre 120 comandanti che si sono avvicendati su Nave Vespucci a partire dal 1931 (lei è il 122esimo), anno del varo, solo due l’hanno comandata per più di un anno: il Capitano di Vascello Angelo Leonardo Lattarulo (a gennaio 2021 saranno trascorsi 10 anni dalla sua scomparsa), tra il 1996 e il 1998, e il Capitano di Vascello Curzio Pacifici, ben 4 anni di comando tra il 2012 e il 2016, che comprendono due anni di fermo nave per riammodernamento. La inorgoglisce sapere di essere diventato il terzo comandante nella storia della nave a superare l’usuale anno di comando?
“Non voglio ricamare gloria dove in realtà esiste esclusivamente un razionale operativo e di circostanza. Ero stato individuato a priori come Comandante che avrebbe preparato e affrontato il Giro del Mondo in condivisione con un centoventitreesimo Comandante che mi avrebbe avvicendato in California. L’annullamento della Campagna per le noti ragioni già menzionate mi ha sottratto questa opportunità e il Capo di Stato Maggiore, su proposta del Comandante in Capo della Squadra Navale, ha pensato di concedermi una seconda opportunità. Più che di orgoglio vorrei parlare di soddisfazione. Essere il Comandante dell’Amerigo Vespucci è un privilegio che si gode e respira ogni giorno, ogni mattina in cui ci si sveglia e si apre la porta del Camerino. Questa nave ti insegna sempre qualcosa di nuovo e ciò che ti trasmette è di gran lunga superiore a quello che ti chiede in cambio”.
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Comandante Bacchi, l’abbiamo sentita suonare il piano di bordo in navigazione in omaggio alla scomparsa di Ennio Morricone e poi ancora onorare il grande cantautore Pino Daniele quando l’unità ha navigato in prossimità della costa campana. Un esempio di militare-musicista che sui social network ha riscosso ampi consensi. Quali altre forme d’arte o di creatività vengono praticate a bordo del Vespucci?
“Il Vespucci esprime arte già per il fatto stesso di esistere. La invito a trascorrere un giorno in veleria e vedere come si completa la riparazione di un fiocco, come si effettuano impalamature (legature sulle ralinghe), impiombature o come vengono chiuse le cuciture portoghesi (fasciature sulle redance) o preparati i pugni di scimmia (nodi che sostengono i bertocci) per allestire i bertocci (anelli su cui scorrono gli imbrogli) nelle vele quadre. Poi trascorrere una giornata in mare ed osservare il personale in alberata che si adopera a sghindare (ammainare la parte più alta dell’albero) e scrociare (ammainare i pennoni) alberetti e pennoni. E’ questa la più straordinaria forma d’arte che viene praticata a bordo. Un’arte esclusiva e che pochi al mondo sono in grado di esprimere. Costituisce un patrimonio a cui la Marina non vuole rinunciare conservando l’originalità di una Nave unica. Per me sedermi al pianoforte del corridoio ufficiali e suonare i tributi che ha citato, è stato un atto dovuto in quanto consumato in un contesto di arte e bellezza che richiede a tutti noi, equipaggio, di esprimere la passione in tutte le forme di cui siamo capaci”.
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L’Amerigo Vespucci piace e mette tutti d’accordo. Più che una nave è un simbolo di italianità. Comunicativamente parlando attira follower e visualizzazioni più di un influencer. Però quando si parla di navi grigie, di stanziamenti miliardari per costruire le FREMM (Fregata Europea Multi Missione) o per imbarcare velivoli moderni su una nuova portaerei serpeggia un certo ‘dissenso popolare’? Eppure entrambe le cose rappresentano due facce della stessa medaglia, ovvero la Marina Militare. Dunque perché è così difficile fare capire che gli ufficiali formatisi sul Vespucci saranno gli stessi che un giorno comanderanno un incrociatore lanciamissili? In fondo, mai vi saranno da difendere in futuro i confini nazionali, non lo potremo certo fare sparando coi lanciasagole di Nave Vespucci…
“Lo strumento navale, come quello relativo alle altre Forze Armate, è spesso strumentalizzato per motivi politici. Non parlerei di “dissenso popolare”, ma di orientamenti ideologici che creano contrapposizioni. Tuttavia non vedo dissenso nei confronti della figura del militare, non sento parlare di atti offensivi rivolti a militari in quanto individui o rappresentanti dello Stato, da decadi. Ci sono posizioni diverse riguardo la spesa per la Difesa, ma questo lo ritengo normale e associabile a qualunque altro dibattito nell’ambito di ogni dicastero. Il Vespucci è indenne da questa partita in quanto simbolo dell’Italia in una forma comprensiva non divisiva. Nessuno si esprime negativamente nei confronti delle Frecce Tricolori mentre ci sono forti dibattiti, come ha ricordato lei, su altri assetti aerei della Difesa”.
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Nell’era del Covid-19 sembra che il Tricolore sia tornato prepotentemente alla ribalta: tricolori sui balconi, sulle facciate dei palazzi della politica, senza contare le volte che il Vespucci ha esibito in navigazione i colori nazionali. Secondo lei si è trattato di una sincera riscoperta dell’amor patrio o quando la pandemia sarà finita torneremo ad essere i “soliti” italiani, un po’ indisciplinati e campanilisti?
“Il Tricolore è uno dei simboli dello Stato insieme all’Inno nazionale e alla figura del Presidente della Repubblica. Non può essere un valore funzionale ad una singola esigenza. Tuttavia ritengo sia normale che la gente lo afferri sia come un’ancora di salvezza che come un elemento di condivisione. Non credo sia una tipica espressione italiana bensì una tendenza umana in generale. Succede anche per la religione. Capita spesso di rivolgersi al Signore nei momenti di difficoltà e quando tutte le restanti risorse si sono esaurite, per poi tornare laici e visitare i luoghi sacri solo come turisti.
In realtà è una fortuna che esista la fede, qualunque essa sia, e che esistano simboli, come la bandiera, a cui potersi aggrappare di tanto in tanto e a cui viene attribuita tale importanza da volerli abbracciare per creare condivisione e uno spirito comune. La risposta ai nostri “tramonti tricolore” ha strappato lacrime ad ognuno dei miei marinai, me compreso. La forza con cui abbiamo cantato l’inno nazionale insieme alla gente sulle barche che ci seguivano, mentre la bandiera veniva ammainata nelle cerimonie svolte in giro per l’Italia, ha gonfiato i nostri cuori e riempito i nostri occhi. Sono immagini e scene che non potrò dimenticare e che non avrei mai potuto vivere se fossi andato in Giro per il Mondo”.
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Cristoforo Colombo, Nave Vespucci, la Barcolana, Luna Rossa e i motoscafi Riva. Questo è quello che l’italiano medio conosce della nautica nazionale. Se invece citiamo il veliero Palinuro, l’eroe della vela nazionale Agostino Straulino, il MAS di Luigi Rizzo o Santa Barbara il buio è totale. Insomma, non è un po’ poco per una nazione con 8.000 chilometri di coste che si professa essere un popolo di ‘santi, poeti e navigatori’ e che invece stenta ancora a distinguere la poppa e la prua di un’imbarcazione?
“I valori di marittimità che lei ha citato sono emblematici di una storia navale in costante crescita. La tradizione e l’autoproclamazione non vanno di pari passo. Dal mio punto di vista la definizione non corrisponde alla reale identificazione del nostro popolo. La cultura marinara va costruita, non può essere regalata dai chilometri di coste. Siamo una Marina relativamente giovane se confrontata con paesi e popoli che hanno fondato la loro storia sul mare continuativamente fin dai primi secoli del primo millennio. Il risultato è piuttosto evidente. Prendiamo un esempio molto vicino a noi, la Francia, e a come sentono la loro identificazione popolare nella figura di Éric Tabarly, celeberrimo armatore dei Pen Duick, un Ufficiale di Marina diventato navigatore solitario e celebrato, alla sua scomparsa, da parate navali. Sinceramente, non ricordo la stessa attenzione per l’Ammiraglio Straulino.
Mentre scrivo si sta svolgendo la Vendée Globe, una regata in solitario attorno al mondo, senza scali e a cui sta partecipando 1 (uno) italiano e una ventina di francesi, di cui alcune donne. Mi sembra piuttosto significativo sul valore che viene attribuito alla navigazione da parte dei paesi in relazione alla loro cultura. Purtroppo in Italia c’è stata una significativa frattura storica temporale fra l’epoca delle Repubbliche Marinare, la “Serenissima” e la ricostruzione di una coscienza navale successiva forte e duratura. Come dicevo, noi stiamo crescendo ma la cultura non si genera in un giorno”.
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Sono trascorsi 20 anni da quando il personale femminile ha potuto arruolarsi in Marina Militare. Una volta si diceva che le donne a bordo portassero sfortuna, ma anche che la loro presenza ‘ingentilisse’ l’animo del marinaio rendendolo meno burbero. Oggi come giudicherebbe la presenza delle donne in Marina? Qual è il loro miglior pregioe il loro peggior “difetto”?
“Nella mia nave esiste una considerevole quota femminile. Parlo di un numero che sfiora le cinquanta unità. Se attribuissi una qualunque accezione di malasorte alla loro presenza, non mollerei gli ormeggi nemmeno per un trasferimento di poche miglia. Non sarei nemmeno così sicuro sul concetto di ingentilimento dell’animo del marinaio. Ormai siamo portati a considerare uomini e donne alla stessa maniera e l’effetto “gentile” lasciato dal profumo femminile nelle nostre plance a sostituire l’odore del dopobarba, si è esaurito in pochi anni.
Donne e uomini lavorano in simbiosi e senza incarichi di genere. Ufficiali, nocchieri, meccanici, infermieri, motoristi o operativi condividono le loro professionalità con estrema serietà e collaborazione. La promiscuità dell’ambiente lavorativo presenta effetti positivi e negativi. Il bilancio finale è un pareggio a cui si somma il valor aggiunto fornito da una risorsa umana a cui abbiamo rinunciato fino al 2000. Il loro miglior pregio? La sensibilità. Il peggior difetto? La sensibilità. Anche questo, un bel pareggio”.
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Nella navigazione da diporto la barca è declinata al femminile. Può confermarci che invece tutte le unità della Marina Militare si apostrofano al maschile e dunque che si debba pronunciare “il Vespucci” e non “la Vespucci”, così come si dice “il Doria”, “il Maestrale”, “il Corsaro II”, “il Capricia” e così via?
“Certo che posso confermarlo. Le navi della Marina Militare, come quelle della Marina borbonica, si chiamano al maschile. Molti pensano che si debbano nominare al femminile in quanto Nave, esempio “la nave Vespucci”. In realtà il genere maschile deriva dal prefisso RL (Regio Legno) proprio dei velieri e che ha preceduto, negli anni, RN (Regia Nave). Per tradizione la Marina Militare ha mantenuto l’usanza legata al genere maschile che individuava le unità in legno appartenenti all’epoca propria della navigazione a vela”.
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Comandante Bacchi, ha già pensato cosa farà a fine carriera? Ad esempio l’ex Capo di Stato Maggiore della Marina, l’Ammiraglio Giuseppe De Giorgi, una volta in pensione si è imbarcato come attivista sulle navi di Sea Sheperd per combattere la pesca illegale. Per lei ancora mare, picchi innevati o spiaggia e piadina, considerata la sua provenienza forlivese?
“Sinceramente non sto pensando alla fine della mia carriera. Nonostante non abbia di fronte ancora tanti anni, ce ne sono molti più alle spalle che davanti a me, mi piace concentrarmi su quello che sto facendo piuttosto che su quello che farò nella seconda vita. Di sicuro non penso che opterò per un futuro statico. Che sia sul mare o in ambienti musicali, un mondo che mi affascina ed accompagna da sempre, mi vedrà comunque circondato da valigie. Di questo non posso fare a meno. La Marina mi ha dato molto più di quanto io le abbia restituito. Ne sono certo e non ne faccio un segreto. Il mio Comando sul Vespucci ne è una testimonianza evidente e non celabile”.