Mancano fortunatamente pochi giorni alla fine dell’ennesima stagione delle stragi; quella che chiamano stagione venatoria. Una stagione trascorsa ancora una volta, anzi, ancora di più, all’insegna dell’arroganza delle doppiette e dei padrini politici della categoria:
di quei cittadini di “serie A+” ai quali, nel nome di una «pubblica utilità» della caccia affermata da più di un delirante sponsor politico, è stato permesso di fare quello che tutti gli altri cittadini reclusi dai Dpcm non potevano fare.
Manca poco, e per questo LAC Abolizione Caccia e LEAL Lega Antivivisezionista hanno pensato di ricordare con una modalità impattante a livello visivo ed emotivo quello che questo orrore rappresenta per noi.
Ed ecco la decisione di far realizzare e collocare alcuni mega manifesti per le vie di Brescia mettendo anche in conto le possibili reazioni infastidite e quelle scandalizzate, il malessere di qualche persona sensibile e la finta indignazione di chi si vede colto sul fatto e prova comunque a negare l’evidenza.
Del resto quando si affronta sinceramente il problema del nostro rapporto con gli animali si
tocca in molti casi un nervo scoperto, perché sono poche le persone disposte ad ammettere che si nutrono e si vestono di un’immensa crudeltà.
Eppure è così, e lo è in particolare per la più inutile e inconcepibile delle crudeltà: la caccia. Se i mega manifesti che LAC Brescia e LEAL hanno fatto affiggere in alcuni punti della città
causeranno reazioni forti avranno raggiunto il loro scopo; perché nel «leggero» pensiero quotidiano di solito non c’è posto neppure per la sofferenza delle persone; figuriamoci per quella degli animali.
La caccia è violenza gratuita, è sangue, è inquinamento ed è distruzione della biodiversità, e non c’è niente di più lontano dalla definizione di fatto «culturale» che i praticanti più
dialettici cercano di vendere a chi non conosce questo mondo. La cultura eleva le persone, non le spinge a uccidere per divertimento.
Sangue e piombo si mescolano per campi, boschi e stagni mentre il nostro cielo, i nostri boschi e i nostri stagni sono sempre più vuoti. Basta provare a camminare in qualsiasi stagione lontano dalle case per vedere e sentire il vuoto e il silenzio che la “cultura venatoria”, lo “sport” della caccia, ci ha regalato.