Il WeBinar di Archeoclub d’Italia
“L’Italia del Recovery Fund e nell’ambito del Recovery Plan dovrà ripensare l’urbanistica dei centri storici”. Lo ha affermato Rosario Santanastasio, Presidente Nazionale di Archeoclub d’Italia.
“Il modello urbano più riuscito sia dal punto di vista spaziale che sociale resta quello dei centri storici. L’attuale configurazione dei centri storici è stata dettata dalla realizzazione di edifici sopra, intorno, dentro altri manufatti. Leggendo le cronache del passato queste trasformazioni – ha affermato Sara Marini, ordinario di Composizione Architettonica e Urbana presso l’Università Iuav di Venezia, partecipando all’importante WeBinar “Il riuso delle fabbriche della memoria”, organizzato da Archeoclub d’Italia e visibile sulla pagina Facebook – sono state lette come intromissioni perché rappresentavano non semplici stratificazioni ma cambiamenti culturali, simboli, politici.
La diffusione di progetti nel nuovo millennio raccontati dai propri autori con il termine “parassita” testimonia quindi il ritorno di un’antica strategia progettuale in risposta all’espandersi in orizzontale della città. L’architettura parassita considera tutto l’esistente come un grande campo archeologico, anche brani urbani di recente realizzazione che hanno perso velocemente senso o che possono ancora essere implementati di nuove realtà”.
Un WeBinar voluto, ideato e organizzato da Archeoclub d’Italia nell’ambito del Giubileo di Archeoclub e dal Dipartimento Architettura e Paesaggi di Archeoclub d’Italia, Responsabile architetto Francesco Finocchiaro.
“Architettura Parassita. Strategie di riciclaggio per la città” è il libro di Sara Marini, edito da Quodlibet. Il volume raccoglie una ricerca sulle ragioni dell’ingresso e della diffusione a inizio nuovo millennio del termine “parassita” nel vocabolario dell’architettura.
Il caso di Venezia
“La ricerca considera diversi esempi di architettura e di arte contemporanea per mostrare le declinazioni del costruire nell’esistente. A Venezia ad esempio due progetti, uno pensato e l’altro realizzato, sono esempli utili per capire le potenzialità di questa strategia. Nel 1980 Peter Eisenman immagina di sovrascrivere il tessuto storico di Cannaregio Ovest (1980) con nuovi segni – ha continuato Marini –, nuove architetture che emergono agli spazi vuoti, rievoca, in questo gioco del tempo tra passato presente e futuro, anche il non realizzato progetto dell’ospedale di Le Corbusier. Sempre negli anni Ottanta del Novecento Renzo Piano realizza dentro la chiesa, abbandonata e sconsacrata, di San Lorenzo un’arca, un’architettura temporanea pensata per l’esecuzione dell’opera musicale Il Prometeo di Luigi Nono. L’arca è stata concepita, come recita il suo nome, con rimandi all’architettura navale, quindi senza cercare assonanze temporali, linguistiche, tecnologiche con i muri secolari del monumento. L’invaso della chiesa è stato occupato temporaneamente dal suono, dalla nuova architettura, è stato abitato; la scena del passato e quella del presente si sono vicendevolmente potenziate e insieme sono state vissute”.