L’appuntamento è per martedì 9 febbraio dalle 10 alle 12.
Dal 3 novembre i baristi e le bariste sono a casa senza un apparente perché. I due punti ristoro, entrambi gestiti dalla ditta Artemis, sono chiusi da quella data.
Nonostante i vari dpcm che si sono susseguiti in questi mesi non abbiano mai vietato l’apertura dei bar all’interno delle strutture ospedaliere e nonostante i bar di altri ospedali siano aperti, al Brotzu e all’Oncologico invece la serranda è abbassata. Una situazione assurda dato che non si sono mai verificati assembramenti. Sono una ventina i dipendenti rimasti a casa senza sapere se e quando potranno tornare al lavoro. E soprattutto senza sapere le reali motivazioni dietro la chiusura.
«I bar del Brotzu e Businco hanno riaperto a luglio. Da allora fino a ottobre abbiamo lavorato circa 10 giorni al mese e per il resto eravamo in cassa integrazione – affermano due lavoratrici – La ditta ha usato la pandemia come pretesto; tuttavia anche in zona arancione è consentito almeno l’asporto, che ci permetterebbe di lavorare almeno part time e integrare con la cassaintegrazione che attualmente da sola non basta.
Prendiamo 240 euro di cig, e per molti di noi è l’unica entrata che abbiamo. Abbiamo mutui, affitti, rate, assicurazioni da pagare, figli da sfamare; alcuni dei nostri colleghi sono arrivati al punto di dover scegliere se pagare o mangiare».
Finora i dipendenti non hanno ricevuto nessuna risposta certa circa le tempistiche della riapertura. UilTucs ha avuto diversi colloqui telefonici sia con l’azienda Artemis che con l’Azienda ospedaliera Brotzu, ma senza risposte chiare.
Il grido d’allarme dei dipendenti è forte e chiaro: «Chiediamo solo di poter tornare al lavoro. Siamo disperati. Siamo alla fame».