Gli anni ’70 e ’80 segnarono un’epoca di sangue e terrore nel nostro Paese, a causa della destabilizzazione politica alla quale miravano diversi gruppi eversivi.
Come le Brigate rosse, che avevano deciso di colpire lo Stato attraverso la figura molto amata e rispettata di Vittorio Bachelet.
“Questo di oggi è il più grave delitto che sia stato consumato in Italia perché il delitto Moro aveva un carattere politico, mentre quello di oggi è diretto contro le istituzioni; perché si è voluto colpire il vertice della magistratura, il vertice del pilastro fondamentale della democrazia.” S. Pertini, Messaggio riunione straordinaria Csm, 12 febbraio 1980)
In realtà considerando la statura del personaggio veramente illuminato e “progettuale come pochi” è da accogliere il punto di vista di chi ha voluto intendere dietro alla scomparsa del professore più mandanti oscuri, determinati a eliminare un elemento fondamentale per un’evoluzione innovativa in Italia.
“La mia convinzione, maturata nel corso dei decenni, è che queste vittime non sono state uccise solo dalle Br, ma da poteri occulti, preoccupati perché la generazione allora al governo stava attuando davvero lo spirito della Carta costituzionale.” (Rosy Bindi, Intervista al Corriere della Sera, 11/02/2020)
Bachelet affermava con lungimiranza e una capacità di analizzare le dinamiche sociali e politiche rarissima: “Non c’è democrazia, non c’è vitalità politica se le forze politiche non sanno farsi interpreti delle attese, delle speranze e delle angosce dei cittadini, se non sanno proporre linee capaci non di subire ma di guidare lo sviluppo del paese e le trasformazioni necessarie per rendere l’ordinamento della società adeguato ai mutamenti che hanno profondamente modificato la sua composizione, la sua cultura, il suo assetto territoriale e sociale, la sua mentalità, il suo costume” (Bachelet, 1976)
La visione che prospettava Bachelet è quantomai attuale: il pensiero dei grandi statisti insegna sempre la via da seguire; soprattutto ora che caos e difficoltà economiche stanno sprofondando l’Italia e l’Ue in una spirale di preoccupante recessione.
Bisogna invece trarre ispirazione dalla sua condotta integra e fiduciosa nell’avvenire e nei giovani, in cui credeva molto, ma ai quali riteneva dovessero essere prospettate il valore delle responsabilità e delle regole: “È necessario formare i giovani alla responsabilità, alla saggezza, al coraggio e, naturalmente, alla giustizia. In particolare dovrà coltivarsi nei giovani la virtù alla prudenza.” (Vittorio Bachelet)
In un momento di grave disorientamento e sconforto come quello attuale suonano quasi profetiche alcune sue considerazioni: “In tutti i tempi la vita vale la pena di essere vissuta: anche in questo nostro tempo faticoso che sembra troppo pieno di difficoltà per essere lieto e troppo poco grande per essere eroico… Io credo che se da una posizione negativa si vuol passare ad una posizione positiva, costruttiva cioè e concludente, è necessario superare questa forma di insofferenza che ha aspetti notevoli di pessimismo e di scetticismo per trovare intorno a noi i valori positivi, i vecchi che non abbiamo perduto e i nuovi che siamo andati acquistando quasi a nostra insaputa». (Vittorio Bachelet, 1947)
Partendo dalle frasi pronunciate dal figlio Giovanni Battista durante i funerali: “Vogliamo pregare oggi anche per quelli che hanno colpito il mio papà, perché senza togliere nulla alla giustizia che deve trionfare, sulle nostre bocche ci sia sempre il perdono e non la vendetta, sempre la vita e mai la richiesta della morte degli altri”, il CNDDU propone, in funzione dell’insegnamento dell’Educazione civica e anche del Diritto nelle scuole superiori, di riflettere sui contenuti dell’art. 27 Cost. incentrato in particolare al comma 3 e 4 sulla rieducazione del condannato e il rifiuto indiscutibile della pena di morte.
“Dovremmo dire alla fine della nostra esistenza: Io dormivo e sognavo che la vita non era che gioia; mi svegliai e ho visto che la vita non era che servizio. Io ho servito e ho visto che il servizio era gioia. E ho visto che la vita non era che servizio. Io ho servito e ho visto che il servizio era gioia” (Bachelet, Saluto conclusivo all’Assemblea dell’ACI del 1973)