Governo Draghi: sviluppare l’opposizione nelle fabbriche e nei luoghi di lavoro
Con il voto di fiducia al governo Draghi si è conclusa l’operazione politica finalizzata a sbarazzarsi del governo Conte 2, che non garantiva appieno le fameliche esigenze del grande capitale.
Il nuovo governo è diretto da un esponente dell’alta finanza che lo controlla totalmente, ne detta l’agenda ed è il referente per l’UE. Nei ruoli chiave sono collocati manager e tecnocrati (Franco, Colao, Cingolani) organici alla frazione dominante della borghesia.
Questo governo non nasce certo per “il bene del Paese”, ma per la messa in sicurezza di profitti, redditi e privilegi borghesi, accelerando le controriforme per superare gli ostacoli politici che le ritardano. La gravità della crisi capitalistica e l’evidente difficoltà del capitalismo monopolistico italiano impongono questo passaggio.
Non deve stupire l’ammucchiata dei partiti che sostiene il governo Draghi. La borghesia dispone di numerosi partiti che si combattono con spade di cartone, soprattutto, sotto elezioni e su questioni secondarie. Fanno credere alle masse che fra loro vi sono controversie. Sulle questioni essenziali per la classe al potere – come la questione della proprietà privata dei mezzi di produzione, il finanziamento delle missioni di guerra o far pagare la crisi ai proletari e alle masse popolari – questi partiti si trovano tutti d’accordo come componenti di un solo grande partito borghese, malgrado rappresentino frazioni diverse della borghesia.
Ciò ha dimostrato la nascita del governo, facendosi beffe dell’armamentario demagogico dei populisti, saltimbanchi al servizio di quella ‘élite’ che fingevano di combattere.
I fatti hanno dimostrato la funzione di riformisti e socialdemocratici, pronti a governare con l’estrema destra leghista per aiutare l’oligarchia finanziaria a imporre la sua offensiva contro le condizioni di vita e di lavoro della classe operaia. Il ruolo riservato a FdI, con la sua falsa opposizione parlamentare, è indirizzare il malessere di settori di piccola borghesia verso la mobilitazione reazionaria.
C’è un’altra lezione che i proletari possono apprendere dalle vicende di queste ultime settimane.
Nella democrazia borghese a decidere non è il Parlamento, ma il capitale finanziario, derivante dalla compenetrazione dei maggiori gruppi industriali e bancari, delle holding e delle associazioni dei padroni, di fronte al quale tutte le frazioni della borghesia, tutte le loro istituzioni e i lori partiti si sottomettono.
Non solo in campo economico, ma anche nella politica interna ed estera a spadroneggiare sono i monopoli capitalistici, che impongono la loro forza per assicurarsi il massimo profitto per mezzo dello sfruttamento dei proletari, della rovina e dell’impoverimento dei lavoratori, del saccheggio dei popoli oppressi.
Questa politica si esprime nel programma del governo:
- riscrivere il Recovery Plan per concentrare i 209 mld (debiti che pagheranno i lavoratori e i loro figli) nel rinnovamento del capitale fisso, così da reggere la competizione internazionale. Il rinnovamento avviene attraverso l’implementazione dell'”industria 4.0″, la robotica, la digitalizzazione, il 5G, l’efficientamento energetico. Si garantiscono enormi commesse per le infrastrutture energetiche, di reti, dati, le grandi opere come la Tav. Sono progetti che richiedono una liquidità enorme che nessun capitalista può garantire, solo gli Stati borghesi che, dietro la maschera ambientalista, favoriscono la concentrazione monopolistica;
- sbloccare i licenziamenti di massa in tutti i settori non sospesi per legge (la larga maggioranza) e riformare gli ammortizzatori sociali per soddisfare la necessità padronale di ridurre i costi e sostituire i lavoratori stabili e contrattualizzati con quelli con salari da fame, precari, flessibili, per affrontare una competizione sempre più feroce sui mercati. Allo stesso tempo si abbandonano le imprese “fuori mercato”, convogliando gli aiuti statali ai monopoli;
- attuare rapidamente le controriforme per scaricare sulle spalle di lavoratori e pensionati l’aumento del debito pubblico e adeguare la macchina statale alle esigenze dei capitalisti. Delle pensioni: con l’allungamento dell’età pensionabile (nonostante l’aspettativa di vita sia calata) e il taglio degli assegni; in tal modo i lavoratori attivi dovranno pagare un fondo pensionistico privato per augurarsi una pensione decente per la vecchiaia. Del fisco: con l’aumento delle tasse antipopolari, l’innalzamento della soglia di esenzione, l’abolizione di detrazioni, deduzioni e facilitazioni, etc. Della scuola: con l’alternanza scuola-lavoro non pagato per formare schiavi salariati docili e supersfruttati. Della P.A.: riducendo il personale e smantellando i servizi pubblici. Della giustizia: per garantire l’impunità a padroni, manager e società;
- rafforzare il ruolo dell’esecutivo e dello Stato borghese, governando – dietro il pretesto di proteggere la popolazione dalla pandemia – con l’autoritarismo, la sorveglianza tecnologica e la repressione poliziesca, le leggi marziali e il coprifuoco, per prevenire e stroncare le lotte operaie e popolari, continuando a comprimere le libertà democratiche dei lavoratori e dei sindacati che lottano, in primo luogo lo sciopero, i picchetti, le manifestazioni, l’agibilità sindacale;
- aumentare le spese militari e rilanciare l’industria bellica partecipando alle missioni di guerra Usa, Nato e UE impegnandosi nella contesa inter-imperialista e nello sfruttamento dei popoli dei Paesi dipendenti e semicoloniali, soprattutto nelle aree dove l’imperialismo italiano concentra le sue mire: i Balcani, la Libia, il Mediterraneo orientale, l’Africa.
Al netto della retorica interclassista, quello di Draghi è un governo per salvare i monopoli e far pagare la crisi e il debito a lavoratori e lavoratrici, sorto col plauso di UE, BCE e FMI che impongono, attraverso esso, le loro politiche antipopolari.
Un governo che nonostante la maggioranza parlamentare non ha, però, una vasta base sociale. Nasce nel malcontento e nella sfiducia di ampi settori delle masse lavoratrici che non si aspettano nulla di buono dal ‘comitato di affari’ della borghesia, che non accettano di essere sacrificati e iniziano a capire che i problemi attuali hanno la loro origine nel capitalismo.
Malcontento e sfiducia da trasformare in opposizione al governo Draghi nelle fabbriche, nei luoghi di lavoro, nelle scuole, nelle piazze con l’unità d’azione per gli interessi vitali e urgenti, economici e politici, per raccogliere e mobilitare i proletari contro il capitalismo, nemico dell’umanità e della natura.
Sviluppare e organizzare la difesa di classe, collocare il proletariato nella posizione indipendente e rivoluzionaria, significa lavorare per ricostruire il Partito Comunista: strumento capace di liberare gli sfruttati e gli oppressi dall’influenza dei partiti borghesi e piccoli borghesi e dirigerli nella lotta per la democrazia proletaria, ovvero per il potere.
Una questione che assume un’importanza superiore nella situazione attuale.
Per lavoro e salario, dignità e diritti, salute e sicurezza nei luoghi di lavoro!
Crisi e debito non devono pesare sulle spalle delle classi lavoratrici e dalle masse popolari!
Via il governo dell’oligarchia finanziaria!
Unità e lotta per la ricostruzione del Partito comunista!
Firmato
Unione di lotta per il Partito comunista – https://unionedilottaperilpartitocomunista.org
Il collettivo comunista (marxista-leninista) di Nuoro – [email protected]