Paolo Fresu: “Il futuro del nostro pianeta passa anche attraverso la musica”. Enzo Favata: “Green è il colore della primavera, il colore della rinascita, e la musica può e deve sostenere tutto questo”.
Jazz Takes The Green è la prima esperienza italiana di aggregazione di eventi culturali che hanno a cuore la causa ecologica; ne fanno parte diciassette festival distribuiti geograficamente tra undici regioni: Ambria Jazz Festival, Bergamo Jazz e Associazione 4.33 in Lombardia, Sile Jazz nel Veneto, Parma Jazz Frontiere in Emilia-Romagna, Gezmataz in Liguria, Fano Jazz By The Sea e Risorgimarche nelle Marche, Empoli Jazz Festival in Toscana, Gezziamoci in Basilicata, Locus Festival e Think Positive in Puglia, Peperoncino Jazz Festival in Calabria, Festival dei Templi in Sicilia, e, appunto, Time in Jazz e Musica sulle Bocche in Sardegna, entrambi impegnati da tempo nella green policy.
Con il suo profondo radicamento nei territori e la sua vicinanza alle dinamiche sociali, il jazz italiano ha mostrato da tempo una spiccata sensibilità per le problematiche della nostra epoca, prendendo sempre più spesso chiare posizioni su come la musica possa rappresentare ed essere vissuta in chiave di responsabilità sociale.
Gli aderenti a Jazz Takes The Green si sono dati l’obbiettivo di favorire la riconversione dei festival da eventi ad alto impatto ambientale a eventi Green, attraverso l’adozione dei Criteri Ambientali Minimi (CAM) elaborati nell’ambito del Progetto GreenFEST – Green Festivals and Events through Sustainable Tenders, ed elencati in una apposita Check List. Fra i criteri ambientali “di base” figurano la riduzione del consumo di risorse naturali, la mobilità sostenibile, la gestione dei rifiuti, l’eliminazione dell’uso della plastica, i consumi energetici, l’utilizzo di materiali ecocompatibili per gli allestimenti scenici, la scelta dei luoghi e degli spazi in cui si svolgono i festival; ma gli aderenti avranno anche il compito di rendicontare gli impatti ambientali e sociali dei festival.
Le basi di Jazz Takes The Green sono state poste lo scorso giugno durante un convegno che, nel vedere la partecipazione di esperti in materia di contenimento dell’impatto ambientale degli eventi di spettacolo dal vivo, è partito dall’assunto che fare e proporre musica, e quindi muovere persone e impegnare risorse economiche, non può oggi prescindere dall’assumersi l’impegno di diffondere valori universali come il rispetto dell’ambiente, la sostenibilità, la tutela dei diritti umani, la tolleranza, l’inclusione; il tutto con lo scopo di condividere con il pubblico le buone pratiche.
L’iniziativa di Jazz Takes The Green è sorta grazie alla sinergia tra I-Jazz, l’associazione che riunisce la maggioranza dei festival jazz italiani, la Fondazione Ecosistemi, specializzata in strategie, programmi, azioni e strumenti per lo sviluppo sostenibile, e GreenFEST (di cui Time in Jazz è tra i fondatori), progetto cofinanziato dal programma comunitario LIFE – Governance e Informazione Ambientale che mira a diffondere le Buone Pratiche esistenti in Italia di Green Public Procurement per l’adozione di Criteri Ambientali Minimi nel settore delle attività culturali finanziate, promosse o gestite da Soggetti Pubblici.
Jazz Takes The Green intende anche porsi come interlocutore del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo (MIBACT), affinché l’adozione degli stessi criteri di abbassamento dei fattori di impatto ambientale siano premianti ai fini della valutazione per l’assegnazione dei finanziamenti ministeriali, che a loro volta saranno funzionali per implementare la riconversione Green. Lo stesso Recovery Plan conterrà, nel capitolo relativi a Turismo e Cultura, la proposta di una riforma mirante a favorire l’adozione formale dei CAM.
Nel suo essere rete di idee e pratiche, Jazz Takes The Green non è quindi solo una proclamazione di nobili intenti, ma un vero e proprio percorso operativo che si avvale del tutoraggio degli esperti di Green Fest e di Fondazione Ecosistemi, coordinati dal suo direttore Silvano Falocco, che fungeranno da supporto fornendo chiarimenti interpretativi delle Check List e suggerimenti per applicare ogni criterio a ogni singola realtà di festival o rassegna; inoltre verranno indicate anche le ditte fornitrici di soluzioni Green.
Silvano Falocco, direttore di Fondazione Ecosistemi, accoglie con entusiasmo la costituzione di Jazz Takes The Green: «Anche la cultura, tanto più in un momento drammatico come questo, deve dimostrare di sapersi far carico della tutela del pianeta, dell’ambiente, della biodiversità, dell’equità, del rapporto con il territorio. Deve testimoniare che un cambiamento è urgente e possibile. Il jazz è sempre riuscito a rappresentare i fermenti della società e che lo faccia anche oggi, con progettualità impegni e azioni concrete, per far fronte all’emergenza climatica e planetaria, è una notizia entusiasmante. Jazz Takes the Green, domani, sarà una buona pratica di sostenibilità che molti altri vorranno seguire».
Corrado Beldì, presidente di I-Jazz, afferma a nome dei festival che rappresenta: «Ancora una volta I-Jazz abbraccia una strada nuova e mette in discussione la propria impronta ecologica con un grande progetto di sostenibilità che coinvolge festival di tutta Italia. Un modello che guarda al futuro del pianeta, con l’adozione di nuovi criteri ambientali che rendano ancora più sostenibili rassegne che già da anni lavorano per valorizzare il patrimonio storico e naturalistico italiano».
Per Adriano Pedini, direttore artistico di Fano Jazz By The Sea, festival capofila di Jazz Takes The Green, «La nascita di questa rete è la risposta migliore possibile alle sempre più impellenti esigenze di valorizzare le pratiche Green, anche e soprattutto in tempi di diffusione di un virus che sta mettendo letteralmente in ginocchio le attività di spettacolo dal vivo. La ripartenza nel solco dell’ecosostenibilità è sicuramente un segno tangibile di sensibilità e di senso di responsabilità».
«Il futuro del nostro pianeta passa anche attraverso la musica» sottolinea il direttore artistico di Time in Jazz, Paolo Fresu: «Consci del bisogno di essere nel contemporaneo odierno in un momento difficile che sembra uniformare le gradazioni cromatiche tendenti allo scuro, il green dovrà essere il colore del presente e i suoni ne sono l’arcobaleno. Sviluppare nei nostri festival la sostenibilità ambientale è un dovere oltre che un diritto».
Sulla stessa lunghezza d’onda il pensiero di Enzo Favata, alla guida del festival Musica sulle Bocche: «Il nostro legame musica, paesaggio naturale e concerti a basso impatto ambientale nasce nel 2004, quando intraprendere la strada della green policy era ancora complicato: i materiali costavano di più, procurarsi energia alternativa era quasi impossibile, l’illuminazione led ancora agli albori. Eravamo in bilico tra il risparmio delle risorse o cambiare rotta. Ma alla fine lo spirito green ha prevalso. Time in Jazz e Musica sulle Bocche hanno da sempre molte cose in comune: penso che entrambi, a un certo punto, abbiamo capito che ciò che stavamo facendo aveva un senso per le generazioni che ci avrebbero seguito e che non saremmo più ritornati indietro. Green è il colore della primavera, il colore della rinascita, e la musica può e deve sostenere tutto questo».