E’ stato per me un piacere incontrare di nuovo il prof. Pietro Clemente dell’Iserc con il quale, con Francesco Burroni, bravissimo attore e, in quella occasione, lettore dei testi gramsciani, il 2 marzo 2017 presso la libreria Mondadori di Siena avevamo presentato il precedente libro di Noemi Ghetti “La carolina di Gramsci. A Mosca, tra politica e amori 1922-1924” (Donzelli 2016).
Un incontro indimenticabile, e pieno di emozioni: Antonio Gramsci usciva sempre più da una immagine iconizzata che eravamo abituati a conoscere e la sua vita riprendeva spessore. Quella vita che già raccontata nel 1966 nella biografia di Giuseppe Fiori “Vita di Gramsci” pubblicata nel 1966 e ancora attuale, da subito sconvolse perché restituiva ad Antonio Gramsci la sua dimensione umana. E che dimensione!
Noemi Ghetti riprende e continua questa ricerca e approfondisce il legame tra vita pubblica, pensiero politico e affetti di Antonio Gramsci.
Ho spesso pensato che chi, come Antonio Gramsci o Giacomo Leopardi, aveva messo i suoi pensieri su carta, in fondo denotava un grande ottimismo nei confronti degli esseri umani: prima o poi qualcuno li avrebbe letti. Se questo qualcuno è Noemi Ghetti il confronto è soprattutto con un metodo di studio e di ricerca che mette al centro l’essere umano.
Banco di prova chel’autrice sceglie è l’analisi della fitta corrispondenza ed il rapporto che Gramsci intrattiene con le donne a cominciare da quelle della sua famiglia tra le quali: la madre, che con intelligenza e coraggio affronta le complicate necessità quotidiane di una famiglia della Sardegna di fine ottocento, senza mai smettere di seguire quel figlio così promettente e delicato di salute, la sorella Teresina, compagna di giochi e di studi.
I primi affetti a Torino, dove insieme all’attività universitaria, comincia quella politica, l’incontro affettuoso con Pia Carena, quelli politici con Camilla Ravera e Teresa Noce. Noemi Ghetti ricorda che proprio Teresa Noce, parlava di come Gramsci sorprendeva i compagni pretendendo che le donne non lasciassero da sole la tavola, dopo le cene tra compagni, per andare a rigovernare.
A quel punto Gramsci si alzava le aiutava e poi si rimetteva a tavola con loro, per continuare insieme i discorsi politici. Ai compagni interdetti, Gramsci evidenziava che la fine dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo cominciava anche nell’ambito della coppia. A Mosca conoscerà le grandi rivoluzionarie tra cui Clara Zetkin e altre, che interpretano la speranza del cambiamento della società che la rivoluzione, dopo un primo momento di speranza, purtroppo, deluderà ancora una volta, ed è lì che Gramsci incontra l’intenso amore della sua vita, la bellissima Julka Schucht che gli darà due splendidi figli.
La sorella di Julka, Tatiana, che risiedeva in Italia, stabilisce un rapporto di presenza costante e di confidente durante i lunghissimi anni in cui Gramsci è incarcerato a Turi e fa da tramite con la famiglia di Antonio che è in Russia e che infine raccoglierà e porterà a Julka gli scritti di Antonio, dopo la sua morte.
Se alla madre Gramsci chiede di essere accettato per la sua scelta politica che lo fa andare in prigione, pur consapevole del dolore che le deve dare, a Julka confessa che l’amore scoperto con lei gli fa scoprire, all’interno di sé, un modo più nuovo, ampio e profondo di comprendere e agire la stessa vita politica.
Gramsci affronta la quistione sessuale e come sottolinea Noemi Ghetti nella sua premessa “Colpisce nel Gramsci politico il deciso rifiuto della figura tradizionale di donna, rassegnata al ruolo di casalinga e madre, e allo stesso tempo la critica del modello femminile «soviettista» che sacrifica al lavoro in fabbrica e per il partito le proprie più segrete aspirazioni.
Ma sorprende anche la precoce critica del modello perseguito dal ‘fordismo’ americano della casalinga consumista, chiamata ad essere, analogamente a quanto accade nella teoria leninista, garante del risparmio di energie necessarie per il lavoro meccanizzato del proprio «gorilla ammaestrato».
Particolarmente interessante la proposizione da parte dell’autrice della recensione che Gramsci scrive nel 1917 per Casa di Bambola di Ibsen, in cui Gramsci è tutto dalla parte di Nora che rifiuta il suo normale e rassicurante ruolo di casalinga, che forse pagherà in termine di sicurezza sociale, per una vita più vera.
Gramsci si sofferma poi sulla reazione del pubblico al termine della rappresentazione, in particolare quello femminile, composto in massima parte da donne della borghesia che sembrano disorientate da un atto così rivoluzionario che si svolge all’interno di una casa. Il pensiero di Gramsci va alle donne operaie, che ritiene più in sintonia e che ritiene possano invece comprendere il rifiuto di Nora.
L’autrice ricostruisce la storia politica e umana di Antonio Gramsci evidenziando la coerenza e così si spiega la capacità di sopportare l’insopportabile: l’allontamento dalla vita attiva, la sua onestà e capacità di analisi che a volte lo distanziava dai compagni, gli amori che anche da lontano possono ferire, non poter vedere crescere i figli, la mancanza dei libri per studiare e tanto altro. Gramsci è prigioniero. Durissima punizione per chi non ha mai fatto nulla di male, solo che è comunista e il fascismo fa così.
Non solo di questo si è parlato durante il recente incontro, che si è svolto “da remoto”, grazie alla perfetta organizzazione e in cui c’erano tante persone: oltre a Pietro Clemente e Francesco Burroni, già nominati, Giorgio Macciotta, presidente della Fondazione Casa Gramsci-Ghilarza, Monica Pacini dell’Università degli Studi di Firenze.
Francesco del Casino, pittore e scultore, Vito Ailara Presidente del Centro di Documentazione Isola di Ustica, e Giacomo Mameli, giornalista e scrittore. Alcune di queste dalla Sardegna. Avvicinarsi anche se solo idealmente all’ambiente e al territorio dove è nato e ha vissuto la sua prima infanzia e l’adolescenza Antonio Gramsci, aumentava l’intensità delle emozioni, sembrava di poter entrare più in sintonia con lui mentre riconoscevamo cosa sa suscitare in noi. Particolarmente bello, intenso e profondo il bellissimo documentario di Francesco del Casino.
La scrittura di Noemi Ghetti è insieme scorrevole e brillante, i suoi libri una miniera di informazioni.
Mi piace ricordare che Noemi Ghetti fa parte del Gruppo Storia dell’Associazione Culturale Amore e Psiche, che nasce mentre si era costretti a chiudere la bellissima libreria dallo stesso nome, aperta nel 1992 al centro di Roma, con l’obiettivo di essere luogo di incontri di ricerca, di studio e di dibattiti, realizzata su progetto dello psichiatra Massimo Fagioli.
Si formò allora un gruppo eterogeneo di appassionati di varia formazione culturale ma accomunati dal desiderio di mantenere l’idea iniziale e portarla avanti per continuare sia la ricerca sul passato per capire il presente e l’analisi del presente per comprendere il nostro passato. Quest’anno compiamo 11 anni di attività e più 40 convegni ai quali hanno partecipato, generosamente, i più grandi nomi di storici, economisti, politici italiani.