Prima medico e poi vescovo della sua comunità, Biagio morì martire intorno all’anno 316 al tempo della pax costantiniana, quando nell’impero romano si concedette la libertà di culto ai cristiani, ma probabilmente il dissidio tra l’imperatore d’Occidente Costantino e l’imperatore d’Oriente Licinio, provocò qualche persecuzione locale con distruzioni di chiese, condanne dei cristiani ai lavori forzati e uccisioni di vescovi.
Per questo motivo, il vescovo Biagio scelse di vivere da eremita nel Monte Argias, entrando in amicizia con gli animali selvatici. Un giorno, un gruppo di cacciatori che cercava animali per l’anfiteatro, trovò Biagio che pregava in ginocchio circondato da orsi, leoni e lupi. I Romani lo catturarono e lo portarono al cospetto del governatore della Cappadocia, che tentò di persuaderlo ad abiurare la propria fede in Cristo. Biagio rifiutò, e per questo fu picchiato e scorticato vivo con dei pettini di ferro, quelli che venivano usati per cardare la lana, fu poi gettato in un fiume ed infine decapitato.
Il suo corpo fu deposto nella cattedrale di Sebaste, ma nel 732 una parte dei resti mortali venne imbarcata da alcuni cristiani armeni alla volta di Roma. Una improvvisa tempesta interruppe però il loro viaggio a Maratea, sulla costa dell’attuale Basilicata e qui i fedeli accolsero le reliquie del santo in una chiesetta, che poi diventò l’attuale basilica, luogo di grande devozione da parte dei fedeli.
San Biagio, è rappresentato con diversi attributi: nel retablo dell’Antiquarium Arborense di Oristano, ha lo strumento del martirio, ma può essere raffigurato con la foglia di palma, con gli attributi vescovili quali la mitra e il pastorale, o con due ceri usati per la benedizione della gola, in ricordo della guarigione miracolosa di un ragazzo da una lisca di pesce conficcata nella trachea.
Ecco perché San Biagio è invocato come protettore dei malati di gola, ma è anche protettore degli animali per la sua vita eremitica insieme ad essi quando si rifugiò nel Monte Argias per sfuggire alla persecuzione dei soldati di Licinio; è protettore dei pastori e delle greggi contro le insidie dei lupi, in ricordo del miracolo della vedova alla quale il lupo aveva rapito il suo unico maiale, per poi riportarlo indietro su richiesta di Biagio.
Inoltre protegge i pettinai, i lanaioli, i cardatori e i materassai, proprio per lo strumento del suo martirio, il pettine per cardare la lana. Egli è protettore dei musicisti di strumenti a fiato e dei laringoiatri.