Archeoclub d’Italia, il grande patrimonio storico nell’area vesuviana.
Santaniello (Archeoclub d’Italia Castellammare di Stabia): “Nel Polo Museale Diocesano sono esposti centinaia di reperti e alcune tombe paleocristiane. La speranza che anche l’area Christianorum si possa aprire alla città. Un territorio ricco di patrimonio culturale sconosciuto”.Vanacore: “La possibilità di creare un accesso all’Area Christianorum attraverso lo spazio sottostante l’atrio della cattedrale attualmente occupato da un negozio di abbigliamento e di eseguire contestualmente un nuovo scavo non è certamente qualcosa di remoto o di irrealizzabile, ma mancano i fondi”
“Nel Polo Museale Diocesano sono esposti centinaia di reperti e alcune tombe paleocristiane. Ora bisogna rendere fruibile al pubblico l’area Christianorum di Castellammare di Stabia. L’Area Christianorum stabiese, posta in qualsiasi altra parte della terra, verrebbe visitata da migliaia di persone, invece, da oltre un secolo giace nell’indifferenza totale. Diverse pitture parietali, ancora ben conservate, necessitano di un intervento di restauro conservativo, affinché questi tesori, che in poche decine di persone conoscono, possano giungere alle future generazioni”. Lo ha affermato Massimo Santaniello, Presidente dell’Archeoclub d’Italia sede di Castellammare di Stabia.
“Tra i tesori d’arte della Città di Castellammare di Stabia la Concattedrale di Santa Maria Assunta e San Catello è uno dei siti più ricchi di storia. All’interno oltre ai pregevoli affreschi della navata centrale e delle tre cupole, vi sono altari in marmi pregiati, sculture barocche, tele realizzate da grandi artisti come lo stabiese Giuseppe Bonito, il presepe stabile con statue lignee del XVII e XVIII secolo. Ma è la cappella dedicata a San Catello, patrono della città, che ha spianato la strada ad importanti scoperte archeologiche. Infatti, durante la sua realizzazione – ha proseguito Santaniello – avvenuta tra il 1785 e 1893 per volere del Vescovo Monsignor Saverio Petagna, vennero rinvenute delle importanti testimonianze archeologiche. Colonne, tombe, un cippo miliario del 121 d.C., sarcofagi, un tratto di strada basolata, ecc…..
In pochissimo spazio fu tanto il materiale ritrovato che è stato possibile allestire il Museo Diocesano (MUDISS).
Ma da quella scoperta sono stati condotti solo alcuni studi per datare i ritrovamenti, cosa particolarmente difficile per la sovrapposizione di più strati di tombe. Tra queste emergono alcune con arcosoli affrescati riportanti i simboli cristiani, ciò fa supporre che si tratti del primo cristianesimo a Stabiae. Infatti, si può ipotizzare che dopo l’eruzione pliniana avvenuta nel 79 d.C. La città abbia ripreso a svilupparsi non più sulla collina di Varano ma lungo la linea di costa. Una prova di questa ipotesi è data dal ritrovamento del cippo miliario datato al 121 d.C. All’epoca dell’imperatore Adriano e riporta l’indicazione della riapertura della strada Nuceria-Stabiae-Surrentum. Ma anche i sarcofagi dei classiari della flotta del Miseno, come Caio Longinio Prisco e altre iscrizioni risalenti al III secolo d.C. fanno supporre un’intensa frequentazione del luogo.
Ma dalla fine dell’ottocento, tranne alcuni studi condotti dal Prof. Mario Pagano e da pochi altri archeologici non ci sono state campagne di scavo per poter comprendere l’effettiva estensione del sepolcreto paleoscristiano, che si estendeva presumibilmente oltre la pianta della Concattedrale. Di recente nel corso dei saggi sulle fondazioni di palazzo Farnese, poste a circa 10 m di distanza dall’area Christianorum, è stata ritrovata una nuova sepoltura.
Da decenni l’indifferenza!
Perchè attendere che tutto venga distrutto dal tempo e non intervenire subito per rendere fruibile al pubblico un luogo che trasuda di storia? Chissà quante altre scoperte potrebbe serbare una continuazione dei lavori di scavo. Portare alla luce altri reperti e liberare tutto ciò che giace sepolto oltre la Concattedrale. Lasciare bene in vista e in modo protetto tutto ciò che è situato sotto piazza Giovanni XXIII. Sarebbe per la città un intervento di recupero e di valorizzazione inestimabile, realizzato a ridosso dei due luoghi simbolo dell’Autorità civile e religiosa, il Palazzo Comunale e la sede della Curia Arcivescovile della diocesi di Sorrento e Castellammare.
Insomma, non si può più attendere, noi cittadini abbiamo necessità di riappropriarci dei luoghi della cultura da troppo tempo abbandonati. Sollecitiamo la realizzazione di un progetto di valorizzazione del sito per poter renderlo fruibile al pubblico. L’Archeoclub d’Italia aps “Stabiae” dà la piena disponibilità a collaborare. Sarebbe importante l’intervento della Soprintendenza Archeologica e della Città Metropolitana di Napoli”.
C’è il pieno sostegno da parte dell’Ufficio Beni Culturali dell’Arcidiocesi di Sorrento-Castellammare di Stabia.
“Per volontà dell’Arcivescovo Mons. Felice Cece, con un notevole impegno economico e con la collaborazione tra i vari enti preposti, l’Arcidiocesi di Sorrento-Castellammare di Stabia è riuscita, nel 2008, ad inaugurare il primo polo del Museo Diocesano nei locali dell’antico oratorio dei Santi Luigi e Filippo in Piazza Giovanni XXXIII a Castellammare, di fronte al municipio ed alla concattedrale.
Gli altri due poli museali diocesani previsti – ha affermato Pasquale Vanacore – Direttore Ufficio Beni Culturali dell’Arcidiocesi di Sorrento-Castellammare di Stabia – sarebbero in seguito sorti nei locali sottostanti l’antica cattedrale della SS. Annunziata in Vico Equense (in fase di allestimento) e nel palazzo Arcivescovile di Sorrento (in fase di progettazione).
Nel polo stabiese del Museo diocesano hanno finalmente trovato degna sistemazione i reperti rinvenuti durante lo scavo eseguito nel giardino episcopale nella seconda metà del XIX secolo per l’ampliamento della cattedrale in quella che fu riconosciuta ed identificata come “Area Christianorum Stabiensis”, un cimitero a cielo aperto a ridosso di una importante arteria di collegamento tra Nocera e Stabia e quest’ultima ed il celebre santuario di Minerva di Punta Campanella nel territorio sorrentino.
Negli anni Ottanta dello scorso secolo, a cura dell’istituto Diocesano di Scienze Religiose, fu eseguito un ulteriore scavo con indagine scientifica dell’Area, relativamente ai punti accessibili sottostanti la cappella di S.Catello ed alla sala capitolare. La speranza è che questo patrimonio storico possa essere a disposizione del pubblico quanto prima”.
Interventi non irrealizzabili.
“Da allora, nonostante la crescente consapevolezza che la fruizione di un tale tesoro, ancora per massima parte nascosto – ha continuato Vanacore – – insieme a tutti gli altri tesori archeologici stabiesi sconosciuti al grande pubblico e non accessibili come la Grotta di S. Biagio, potrebbe rivelarsi la carta vincente per la rivalutazione della citta’, nulla più è accaduto.
La possibilità di creare un accesso all’Area Christianorum attraverso lo spazio sottostante l’atrio della cattedrale attualmente occupato da un negozio di abbigliamento e di eseguire contestualmente un nuovo scavo non è certamente qualcosa di remoto o di irrealizzabile ma la mancanza di fondi da parte della Diocesi e la non attenzione da parte del territorio, lasciano in un triste stato di stagnazione la vicenda.
Di tanto in tanto qualche isolato studioso chiede di poter visionare il luogo cui si accede dal cortile della Curia Arcivescovile; ma si è costretti a rispondere che l’accesso è precluso perché altamente pericoloso”.