Capuano (Università La Sapienza): “Riflettere sui paesaggi dell’archeologia nelle aree metropolitane è importante. L’Italia è ricca di luoghi in cui il rapporto tra archeologia, spazio urbano e paesaggio può rappresentare un’opportunità per valorizzare e trasformare la qualità dell’ambiente costruito. Se, come dice Salvatore Settis, il “passato” non è solo un’eredità morta, ma una fonte preziosa di significati contemporanei, l’archeologia può rappresentare il fondamento di nuovi valori relazionali, in cui l’interazione tra passato e presente è un elemento che rafforza il processo di identità e riconoscibilità di luoghi e culture”.
Finocchiaro (Resp. Dipartimento Nazionale Architettura e Paesaggi di Archeoclub d’Italia): “Stiamo svolgendo un’attività di riflessione e di approfondimento sul riuso di ruderi e rovine in ambito archeologico, urbano e rurale“.
“Oggi c’è una scarsa qualità della città urbana, moderna, senza tenere conto del contesto storico dell’ambiente.
Occorre far incontrare due ambiti disciplinari – l’architettura e l’archeologia – che, pur contigui dal punto di vista epistemologico, negli ultimi decenni sono stati affrontati (almeno in Italia) in modo conflittuale. L’Italia vanta un complesso di leggi per la tutela del patrimonio culturale e paesaggistico tra i più avanzati al mondo. Tuttavia, le complessità normative e, soprattutto, la segmentazione delle competenze finiscono per creare paradossi ed effetti negativi per la valorizzazione dei contesti. Spesso è necessario ragionare ad un livello più ampio e complessivo che non coinvolga il solo monumento. Non basta affidare la conservazione del patrimonio culturale solo alle tecniche di restauro, come se il compito della sua conservazione fosse esaurito. La gestione del patrimonio, la sua appartenenza alla vita sociale, alle occasioni comunitarie, sono questioni altrettanto importanti”. Lo ha affermato Alessandra Capuano ordinario di Progettazione Architettonica e Urbana presso l’Università “La Sapienza” di Roma, intervenendo all’interessante WeBinar promosso da Archeoclub d’Italia nell’ambito del “Giubileo di Archeoclub”, il cui programma ha ottenuto il patrocinio del Ministero dell’Università e della Ricerca.
“Direttive degli organismi internazionali che si occupano di conservazione e tutela del patrimonio storico, favoriscono l’integrazione delle conoscenze, incoraggiando lo sviluppo di obiettivi molteplici e la cooperazione tra diverse professioni. In particolare, il documento UNESCO del 2011 definisce il concetto di “Historical Urban Landscape” e mira a integrare il patrimonio e la sua vulnerabilità nel più ampio contesto della crescita delle città, promuovendo azioni trasversali tra i diversi operatori. Nel corso dell’ultimo mezzo secolo, la conservazione del patrimonio urbano è emersa come un settore importante delle politiche pubbliche in tutto il mondo – ha proseguito Capuano citando il documento – ma oggi occorre assumere un impegno ulteriore per passare dall’attenzione ai singoli monumenti ad un più ampio riconoscimento dell’importanza dei processi social e culturali che concorrono alla conservazione dei valori urbani. Questo passaggio dovrebbe essere accompagnato da una spinta ad adattare le politiche esistenti e a creare nuovi strumenti per affrontare questa visione.
La Raccomandazione UNESCO risponde alla necessità di inquadrare meglio le strategie di conservazione del patrimonio urbano all’interno dei più ampi obiettivi dello sviluppo sostenibile complessivo, al fine di sostenere azioni pubbliche e private volte a preservare e migliorare la qualità dei luoghi. L’Unesco suggerisce dunque un approccio paesaggistico per conservare e gestire le aree storiche all’interno dei loro più ampi contesti urbani. Nelle difficoltà economiche e ambientali della nostra epoca, stiamo assistendo a nuove minacce alla conservazione del patrimonio urbano e dei siti storici, contro le quali mancano idee e strumenti adeguati. Mentre molti paesi, nei decenni precedenti, hanno stabilito e adottato una legislazione adeguata per la protezione dei centri storici, gli investimenti in politiche culturali sono rari e l’impegno pubblico e privato per la conservazione è tutt’altro che adeguato.
Il “paesaggio urbano storico” è un’area urbana risultante dalla stratificazione storica di valori e attributi culturali e naturali, che si estende oltre la nozione di “centro storico” e che include il più ampio contesto urbano e il suo ambiente geografico. La conservazione del patrimonio urbano dovrebbe quindi essere integrata nella pianificazione.
Il declino dello spazio pubblico e il deterioramento delle connessioni fisiche che interessano la città contemporanea, fondata principalmente sulla sola dimensione economica, deve farci meditare sui valori che crediamo possano dare origine a un ripensamento del modo di “fare città” che sia capace di mettere in primo piano la qualità dello spazio. E’ del tutto evidente che le amministrazioni pubbliche sono sostanzialmente incapaci di controllare, se non con parametri quantitativi e normativi, i risultati delle trasformazioni urbane, tutte concentrate a soddisfare esigenze funzionali o legislative, ma molto raramente attente a costruire significativi spazi di rappresentazione e di relazione.
Anche i “centri cittadini” soffrono di forme di omologazione, se non proprio nell’aspetto dei luoghi, dato che ogni città conserva tracce delle proprie stratificazioni che li rendono diversi l’uno dall’altro, certamente nelle modalità di fruizione, universalmente orientate alla pedonalizzazione che accompagnano la messa in scena di strisce commerciali con prodotti artigianali e souvenir di massa, negozi di marca e servizi alimentari. La città storica è anche un bene di consumo per il turismo internazionale. Come sottolineava Richard Ingersoll, critico di architettura appena scomparso, il turismo ha superato il petrolio come prima industria mondiale. Non è un caso che il terrorismo veda in esso un obiettivo privilegiato, come emblema del consumismo internazionale. La città storica viene conservata secondo schemi idealizzati che impediscono a quei luoghi di partecipare alla storia attuale.
Riflettere sui paesaggi dell’archeologia nelle aree metropolitane è dunque importante. I siti archeologici sono spesso luoghi in cui natura e patrimonio sono compresenti e rappresentano importanti risorse da proteggere e soprattutto da valorizzare per perseguire la ricerca di qualità dello spazio urbano necessaria a fare città”.
E c’è l’impegno forte di Archeoclub d’Italia tutta che si è anche dotata di un Dipartimento Architettura e Paesaggi.
“L’Archeoclub d’Italia ha avviato un nuovo corso, ampliando i suoi campi d’azione, oltre l’archeologia in senso stretto.
Il Dipartimento Nazionale di Architettura e Paesaggi dell’associazione – ha dichiarato Francesco Finocchiaro, architetto, Responsabile Nazionale del Dipartimento Architettura e Paesaggi di Archeoclub d’Italia e Presidente sede locale dell’Archeoclub d’Italia – Hybla Major di Paternò CT – sta svolgendo un’attività di ricerca e di approfondimento sul riuso dei ruderi e delle rovine in ambito archeologico–monumentale, urbano e rurale.
Questi rappresentano un paesaggio diffuso che ha bisogno di uno statuto specifico che risolva il conflitto tra modernità e storicità, tra progetto e norma, tra paesaggio e territorio. Se da una parte la collettività spinge verso la diminuzione dell’uso del suolo, dall’altra si sente l’esigenza di definire nuove modalità per la sostituzione, la sovrapposizione e l’estensione del patrimonio esistente, spesso degradato e obsoleto.
Nello stesso tempo si comprende la necessità di disporre di pratiche che possano rendere “vive” le rovine e i ruderi – che caratterizzano il paesaggio dell’Italia, per questo serve capire come attraversarle, recintarle, sostenerle, coprirle e rivestirle. Azioni che hanno bisogno di uno statuto preciso e della pratica del progetto di architettura. Il compito assunto è quello di capire, investigare, documentare, esplorare per costruire buone pratiche. In pratica “abitare le rovine e i ruderi” attraverso l’innesto, la narrazione e il tracciamento di una costellazione di luoghi diffusi che possono diventare nuove vie di attraversamento e di valorizzazione delle perifericità.
Il lavoro svolto è finalizzato a costruire le basi teoriche e le convergenze disciplinari per la realizzazione di un workshop di progettazione a cui il dipartimento architettura e paesaggio – dell’Archeoclub d’Italia – sta lavorando in questi mesi e che presto presenterà alla stampa con la partecipazione delle istituzioni, delle università e del mondo della scuola. L’Archeoclub d’Italia come interlocutore del dibattito internazionale e come nuovo soggetto impegnato nella ricerca e nella formazione per dare un contributo concreto al Paese Italia”.
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