Il racconto della latrice della missiva, raffigura un comune (Castelsardo appunto, da me amministrato dal 2019) e un sindaco (il sottoscritto) che, pur a conoscenza dello stato di gravidanza della stessa (sin dai primi mesi), prima ha attivato il lungo iter amministrativo preordinato alla eventuale assunzione (nell’ordine: pubblicazione di avviso per intercettare idonei inseriti in graduatorie di altri enti, interessati; ricezione ed istruttoria delle istanze pervenute; stipula della convenzione con l’Ente titolare della graduatoria prescelta, previa deliberazione della giunta comunale in entrambi gli enti; effettuazione visita preassuntiva per verificare l’idoneità alla mansione specifica; richiesta alla stessa di invio dei documenti di rito preassuntivi), per poi ritardarlo e “presumibilmente” non arrivare all’assunzione, se non al termine della maternità.
Dalla stessa narrazione si viene a conoscenza che l’aspirante dipendente al posto aveva in essere altro contratto, subordinato ma a termine, presso un ente locale dal quale, avventatamente, si dimette (pur essendo incinta) per la prospettiva di dover entrare nei ranghi dell’amministrazione comunale di Castelsardo.
Di tale improvvida decisione la candidata non solo non si assume la responsabilità, (quella di aver rinunciato alla tutela che la legge in materia le assicurava – d.lgs. 26/03/2001, n. 151 -, in quanto incinta e titolare di un contratto a termine) ma accusa il Comune di Castelsardo di sessismo e di discriminazione, per non averla assunta immediatamente dopo le sue dimissioni dal precedente incarico. Di più: accusa il Comune di aver privato il suo nucleo famigliare degli introiti che avrebbe percepito se il Comune di Castelsardo avesse proceduto all’assunzione.
Si capisce che ammettere un così grave errore non sia facile ma, invelenirsi ed imbastire un castello fatto di ricostruzioni non veritiere e gettare discredito su chi, nell’Ente aveva ed ha la responsabilità dell’iter amministrativo, è ben altra cosa.
Se la candidata, piuttosto che accontentarsi di telefonate con il Sindaco (che altro non dimostrano se non tutto l’interesse ad acquisire la professionalità tecnica della candidata a prescindere dal già noto stato interessante), avesse interloquito con l’ufficio unico titolare del procedimento assunzionale, forse avrebbe ricevuto il lapalissiano consiglio di dimettersi dal precedente impiego “con decorrenza dalla data di stipula del contratto individuale di lavoro con il comune di Castelsardo” e non un solo giorno prima.
I tempi di conclusione del procedimento di assunzione, infatti, non sono predeterminati perché molte sono le variabili che lo condizionano, per cui l’aspirante dipendente avrebbe, quanto meno, dovuto attendere la formale convocazione per la stipula del contratto (come infatti poi è avvenuto con nota prot. 2661 del 17/02/2021 – si noti ben 5 giorni prima della lettera alla Dott.ssa Lucarelli), prima di fare alcunché. Sarebbe bastato il semplice buon senso, se non la minima preparazione in materia di diritto amministrativo, a consigliare alla candidata come agire correttamente.
Le accuse di discriminazione rivolte all’ente sono, pertanto, false e tanto più gravi e diffamatorie perché volte a nascondere il fatto che, alla tutela della maternità, è stata la stessa aspirante candidata a rinunciare, nel momento in cui ha rassegnato le sue dimissioni “al buio” dal precedente incarico.
Il Comune di Castelsardo ribadisce la correttezza del proprio agire amministrativo (e non può essere coinvolto nella responsabilità di certificati medici, emessi da professionisti terzi rispetto all’Ente) e perseguirà tutte le vie che l’ordinamento prevede per tutelare non solo l’immagine e il prestigio dell’ente, leso dal racconto giornalistico e dal tam tam mediatico e social che ne è seguito, ma soprattutto per tutelare la struttura burocratica dell’Ente (composto per metà di donne, di cui 2 su 4 in posizioni di vertice, oltre la segretaria comunale), messa alla gogna e già “condannata” per “omissioni” e “ritardi colpevoli”, preordinati a perpetrare la supposta discriminazione di una donna incinta.
Mi stupisce e addolora, inoltre, che, affascinate dal facile giustizialismo, si siano levate le consigliere comunali di minoranza che con una imbarazzante mozione, chiedono, tra le varie cose, l’istituzione di una commissione di indagine e di una commissione disciplinare.
Trattasi di consigliere che hanno in passato ricoperto la carica di assessore e che ben dovrebbero conoscere il funzionamento della macchina amministrativa nonché la diligenza dei dirigenti.
Cavalcare a tutti i costi, prima di avere un quadro completo delle posizioni delle parti, un tema importante come la tutela della maternità sui posti di lavoro, strumentalizzandolo soltanto perché funzionale a gettare discredito sulla controparte politica, di certo non è positivo per la causa delle donne e delle madri ma, anzi, è disonesto intellettualmente e controproducente.
A mero titolo informativo comunico, con stupore, che l’aspirante al ruolo di dipendente comunale si ritiene svincolata da qualsiasi impegno assunto con il Comune di Castelsardo (con nota del 12/03/2021) perché, sostiene, che non ci sono i presupposti che consentano l’instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato, “ispirato ai principi di collaborazione, sincerità, correttezza e fiducia (…) nonché ai principi di trattamento e non discriminazione”.
A chi legge le opportune considerazioni.
Il Sindaco
Antonio Maria Capula