Covid-19, Nursing Up interviene nuovamente sul Piano Vaccini
«La nomina di Curcio, che torna a capo della Protezione Civile, sta aprendo in questo momento nuovi scenari, nel Governo Draghi, per dare una sterzata (ci auguriamo decisiva) a un piano vaccini che, sotto la gestione Arcuri, sta conoscendo momenti davvero infausti.
Il progetto di immunizzare entro l’anno 60 milioni di italiani sembra davvero lontano anni luce dal poter essere realizzato, tra ritardi, indispensabile necessità di disporre di maggiori scelte di prodotti (alla luce delle nuove varianti), decisioni incomprensibili e dispendiose legate alle agenzie interinali, nei fatti rivelatesi fallimentari, palese mancanza di personale infermieristico, visto che le 3.900 domande giunte per il piano Arcuri sono ferme al palo da oltre un mese. Altro che 12mila!
E adesso, con l’incarico a Curcio, di cui Borrelli era già vice, sembra che il Premier voglia dare un impulso concreto per il coinvolgimento di migliaia di volontari della Protezione Civile che, secondo le ultime indiscrezioni che emergono da Palazzo Chigi, dovrebbero prendere le redini del piano vaccini.
Nulla di personale contro i volontari – dice Antonio De Palma, Presidente Nazionale del Sindacato Infermieri Nursing Up -, anche se pensiamo che, vista la delicatezza del progetto, occorra comunque in primis coinvolgere professionisti già impegnati “sul campo” e retribuirli a dovere per essere certi di ottenere i risultati soddisfacenti che tutti ci attendiamo.
Abbiamo bisogno di gente impegnata contrattualmente, gente tenuta a garantire un debito orario verso la pubblica amministrazione, ai quali possa essere chiesto di assicurare turni vaccinali h 24. Tutto questo non si può pretendere dal buon cuore dei volontari, gente che di certo si adopererà al massimo per la causa, ma alla quale non si può certo domandare di impegnarsi, continuativamente, per tutto il periodo della campagna, per garantire una puntuale e costante programmazione turnistica.
Continuiamo a sottolineare l’esigenza di dover disporre di volontari solo quando questi ultimi diventano il supporto a un folto e solido gruppo di professionisti intorno a cui si dovrebbe essere costruito un progetto importante come questo.
Un sistema sanitario che si rispetti, e che offre un servizio efficiente ai suoi cittadini, garantendo il massimo soprattutto in una emergenza virale, si costruisce in primis con professionisti adeguatamente retribuiti.
Cosa sta succedendo? Vorremmo vederci chiaro. Draghi, sul modello inglese e tedesco, intende prevedere oggi il reclutamento di un “esercito” di volontari, così come aveva già pensato di fare Berlino. Draghi però dimentica che la Merkel, con il suo piano di hub che includevano aeroporti e palazzetti dello sport, con il suo voler coinvolgere farmacisti, medici di base, dentisti, tutti a titolo volontario, si era già mossa due settimane prima di Natale. Noi qui siamo a fine febbraio, caro Draghi!
In Italia la strada per le vaccinazioni in farmacia non è ancora spianata. Peraltro non ci risulta nessuna legge che consenta espressamente al farmacista di somministrare le vaccinazioni: la recente legge di bilancio, infatti, al comma 471 “individua le farmacie come luoghi dove effettuare le sommministrazioni”, lo si capisce dal tenore della norma che recita: è consentita, in via sperimentale, per l’anno 2021, la somministrazione di vaccini nelle farmacie aperte al pubblico sotto la supervisione di medici assistiti, se necessario, da infermieri o da personale sanitario opportunamente formato.
Non ci pare pertanto di leggere un esplicito placet ai farmacisti, e non ci risulta nemmeno che le università formino tale categoria pe esercitare attività sanitarie come la somministrazione i vaccini. Insomma, la materia è tutta ancora da approfondire. Non ci meraviglierebbe affatto se, allo stato della vigente normativa, qualche farmacista “prestato alle vaccinazioni” fosse chiamato a difendersi in tribunale, in caso di danni alle persone a causa di errata somministrazione, stanti le norme del codice penale che regolano l’esercizio abusivo di professione sanitaria, medica o infermieristica.
I numeri che poi leggiamo – continua De Palma – non ci confortano di certo!
300mila volontari della protezione civile per un piano vaccinazioni che dovrebbe scattare da fine marzo e arrivare a 600mila somministrazioni al giorno. Scusate se siamo scettici! Ma finora abbiamo solo assistito a previsioni sperimentali e siamo stati sommersi da fiumi di parole.
Ci dicano effettivamente dove troveranno tanti volontari in così breve tempo per adempiere a un numero così alto di somministrazioni!
Ci mettano al corrente di quali sono le esatte qualifiche professionali che questi volontari metteranno a disposizione dei cittadini. Non si commetta l’errore di considerare l’obiettivo vaccinazioni come un fine banale e di poco conto. abbiamo già giocato fin troppo con la salute degli italiani».
De Palma prosegue nella sua polemica
Il sindacato non accetta che si continuino a vagliare tutte le soluzioni possibili, anche le più improbabili, tranne la più importante, l’unica davvero a portata di mano: ovvero coinvolgere gli infermieri dipendenti nel piano vaccini.
«Lo diciamo da mesi, ma i nostri appelli rimangono inascoltati. Abbiamo in casa le forze necessarie per dare una svolta al progetto di immunizzazione degli italiani. Parliamo di oltre 100mila infermieri che, di norma, non effettuano lavoro straordinario oltre il loro orario di servizio e che si metterebbero subito a disposizione alla fine del loro orario ordinario: potremmo retribuirli con i 50 euro lordi delle prestazioni aggiuntive. Invece no: ce ne andiamo per i campi tra medici di base già oberati di lavoro, che garantirebbero solo 5milioni di somministrazioni, bandi per infermieri disoccupati o pensionati, e adesso proponiamo migliaia di volontari, beninteso giammai a integrazione di squadre di professionisti dipendenti, come dovrebbe essere, ma come basamento di una campagna vaccinale che si qualifica come la più importante dei tempi moderni.
La verità agghiacciante è una sola: vogliamo vincere la sfida dei vaccini ma non vogliamo pagare gli infermieri di cui già disponiamo!
Tutto questo a noi appare come una scelta inaccettabile, le cui conseguenze potrebbero essere nefaste!
Sbaglia chi guarda ai modelli di Berlino e Londra, invece di costruire “un modello Italia” che per i vaccini sia sinonimo di eccellenza, qualità, efficienza. Durante questa pandemia non mi pare che i nostri partner d’oltralpe si siano distinti per efficienza ed efficacia dei loro interventi di contrasto al Covid. Le potenzialità non ci mancano e non ci sembra certo che la maggior parte degli altri Paesi d’Europa possa ergersi ad esempio. Tutt’altro, nonostante le difficoltà in cui navighiamo.
E allora diciamo basta a una Babele dove tra Governo e Regioni si palesa la mancanza di un filo conduttore centrale che sia di indirizzo e di guida per tutti. Una delle pecche del nostro sistema sanitario da sempre è questa: 21 regioni per 21 sistemi sanitari diversi!
Eppure, nel pieno di una emergenza che non ci concede tregua, a noi pare proprio che sia arrivato il momento che, oltre ai nuovi governi e ai nuovi nomi nei posti di potere che si avvicendano uno dopo l’altro, arrivino anche i cambiamenti. Quelli decisivi! Quelli epocali! Quelli che ci condurranno fuori da un incubo che dura da oltre un anno!».