Decreto Sostegni: testo in GU: le principali novità su Fisco e Lavoro
Decreto Sostegni: testo e novità: arriva in Gazzetta Ufficiale il DL numero 41 del 22 marzo 2021, dopo l’approvazione in Consiglio dei Ministri. Dai contributi a fondo perduto alla proroga della cassa integrazione, passando per lo stralcio delle cartelle fino a 5.000 euro: una panoramica delle novità su Fisco e Lavoro.
Decreto Sostegni, approda in Gazzetta Ufficiale il DL numero 41 del 22 marzo 2021: una panoramica delle novità di Fisco e Lavoro contenute nel testo definitivo del provvedimento emergenziale approvato il 19 marzo 2021 in Consiglio dei Ministri.
Nato come Decreto Ristori 5 con il vecchio governo, questo nuovo testo è stato ribattezzato Decreto Sostegni ma si basa sulle risorse dell’ultimo scostamento di bilancio da 32 miliardi di euro, approvato a fine gennaio nell’ultimo miglio della formazione guidata da Conte.
Con la crisi politica e con la nuova formazione, le priorità del paese non sono cambiate e anzi sono diventate più urgenti. E infatti da un lato si interviene su alcuni strumenti chiave già utilizzati da un anno a questa parte, come la cassa integrazione per coronavirus o i contributi a fondo perduto, e dall’altro si introducono una serie di novità.
Sono cinque gli ambiti principali degli interventi del decreto Sostegni 2021:
- sostegno alle imprese e agli operatori del terzo settore;
- lavoro e contrasto alla povertà;
- salute e sicurezza;
- sostegno agli enti territoriali;
- ulteriori interventi settoriali.
Di seguito passiamo in rassegna le novità più rilevanti del testo del nuovo decreto economico a sostegno di famiglie ed imprese.
Di seguito il video della conferenza stampa del Presidente del Consiglio Mario Draghi e dei Ministri dell’Economia e delle Finanze, Franco, e del Lavoro e delle Politiche sociali, Orlando:
Decreto Sostegni, le novità nel testo approvato il 19 marzo 2021
- Decreto Sostegni: nuovi contributi a fondo perduto
- Proroghe scadenze fiscali: i rinvii nel decreto Sostegni
- Pace fiscale nel decreto Sostegni, novità stralcio cartelle e sanatoria avvisi bonari
- Decreto Sostegni: proroga CIG e blocco dei licenziamenti
- Bonus lavoratori stagionali e sportivi nel Decreto Sostegni
- Reddito di emergenza, proroga di tre mesi. Decreto Sostegni in arrivo
- Non una proroga per la NASpI nel Decreto Sostegni, ma novità sui requisiti
- Contratti a termine, proroga senza causale in scadenza: proroga in arrivo
Il testo integrale del DL numero 41 del 2021, Decreto Sostegni, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 22 marzo 2021 e in vigore dal 23 marzo 2021.
- Gazzetta Ufficiale – Decreto Legge numero 41 del 22 marzo 2021
- Misure urgenti in materia di sostegno alle imprese e agli operatori economici, di lavoro, salute e servizi territoriali, connesse all’emergenza da COVID-19.
Decreto Sostegno, testo in arrivo: le principali novità sui contributi a fondo perduto
Tra le novità principali del testo del Decreto Sostegni c’è il nuovo meccanismo di accesso ai contributi a fondo perduto che conferma una grande novità annunciata già a inizio anno, il superamento dei codici ATECO con l’inclusione anche dei professionisti tra i beneficiari, e riscrive le regole d’accesso in più punti.
Come si legge nell’articolo 1 del DL numero 41 del 2021, sono diverse le novità relative ai contributi a fondo perduto del decreto Sostegni:
- requisito chiave resta il calo di fatturato: il valore determinante scende dal 33 al 30 per cento;
- la valutazione viene effettuata confrontando il 2020 e il 2019, in particolare si prenderà in considerazione il calo medio mensile;
- i codici ATECO non rappresentano più un elemento rilevante per l’accesso, in questo modo si concede un via libera anche ai professionisti che hanno atteso a lungo di poter essere inclusi in questo meccanismo di aiuti;
- cresce il limite di ricavi e compensi entro il quale è possibile richiedere l’aiuto: passa da 5 a 10 milioni di euro;
- si definisce una nuova modalità di calcolo dell’importo che, pure, per quanto riguarda il valore minimo e massimo dovrebbe rimanere lo stesso (da un minimo di 1.000 o 2.000 euro in base alla tipologia di soggetti fino a 150.000 euro). Le novità riguardano gli scaglioni di riferimento per determinare, in base alla perdita, la somma a cui si ha diritto;
- cambia anche la modalità di utilizzo degli importi: accanto al pagamento diretto si aggiunge la possibilità di utilizzare le somma in compensazione tramite modello F24.
Di seguito le percentuali per il calcolo del contributo a fondo perduto in base ai ricavi e compensi.
Percentuale di calcolo dell’importo del contributo a fondo perduto | Ricavi e compensi di imprese e professionisti |
---|---|
60 per cento della perdita | fino a 100 mila euro |
50 per cento della perdita | tra 100 mila e 400 mila euro |
40 per cento della perdita | tra 400 mila euro e 1 milione di euro |
30 per cento della perdita | tra un milione e 5 milioni di euro |
20 per cento della perdita | tra 5 e 10 milioni di euro |
Per fare domanda si attende in tempi stretti il provvedimento dell’Agenzia delle Entrate.
Secondo quanto dichiarato dal Premier Draghi nella conferenza stampa del 19 marzo 2021, ci saranno 60 giorni di tempo per fare richiesta tramite la piattaforma Sogei, ma i primi pagamenti dovrebbero partire già dall’8 aprile 2021, per concludersi entro la fine del mese.
Proroghe scadenze fiscali: i rinvii nel decreto Sostegno
Come già successo in precedenza con gli altri provvedimenti emergenziali, il Decreto Sostegni riscrive il calendario fiscale.
L’intervento sulla pace fiscale e sulla certificazione unica 2021 è stato confermato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze con due appositi comunicati stampa. Ma le proroghe in arrivo non riguardano solo questi due fronti, sono diverse.
Un riepilogo in tabella.
Oggetto della proroga | Data di scadenza prevista | Termine prorogato |
---|---|---|
Rate rottamazione ter scadute e saldo e stralcio | 1° marzo 2021 | 31 luglio per quelle scadute nel 2020, 30 novembre per quelle scadute nel 2021 |
Comunicazioni enti esterni per la precompilata (banche, assicurazioni, enti previdenziali, amministratori di condominio, università, asili nido, ecc.) | 16 marzo 2021 | 31 marzo 2021 |
Trasmissione telematica Certificazione Unica all’Agenzia delle Entrate | 16 marzo 2021 | 31 marzo 2021 |
Consegna Certificazione Unica ai percipienti | 16 marzo 2021 | 31 marzo 2021 |
Messa a disposizione della dichiarazione precompilata | 30 aprile 2021 | 10 maggio 2021 |
Versamento Web Tax | 16 marzo 2021 | 16 maggio 2021 con relativa dichiarazione al 30 giugno 2021 |
Alle proroghe fiscali si aggiunge la nuova sospensione dell’attività di riscossione, fino al 30 aprile, ovvero data di termine dello stato di emergenza.
Pace fiscale nel decreto Sostegno, novità stralcio cartelle e sanatoria avvisi bonari
Il Decreto Sostegni, inoltre, porta con sé una nuova pace fiscale, articolata su due filoni principali:
- lo stralcio dei debiti emessi dal 2000 al 2010, esclusivamente per i contribuenti con redditi fino a 30.000 euro. Saranno cancellati in automatico i debiti fino a 5.000 euro, secondo lo schema già adottato con il decreto legge n. 119/2018, senza adempimenti da parte dei contribuenti;
- la definizione agevolata degli avvisi bonari relativi al 2017 e al 2018 rivolta alle partite IVA che, a causa dell’emergenza Covid, hanno perso più del 30 per cento del volume d’affari nel 2020 rispetto al 2019. Sarà l’Agenzia delle Entrate ad inviare la proposta di sanatoria al contribuente, con l’importo dovuto al netto di sanzioni e somme aggiuntive.
Trova spazio nel decreto Sostegni anche l’accordo sulla riforma della riscossione: a regime, i crediti non recuperati entro cinque anni dalla data di affidamento all’Agenzia delle Entrate Riscossione diventeranno inesigibili, ma solo qualora non siano state avviate procedure esecutive o non siano state accordate proposte di definizione agevolata.
Sarà il MEF a indicare i criteri per la messa a punto della riforma, entro la data di conversione in legge del decreto Sostegni.
Decreto Sostegno: proroga CIG e blocco dei licenziamenti
Passando al fronte lavoro, particolari novità riguardano due misure chiave introdotte dall’inizio dell’emergenza:
- una conferma della cassa integrazione per coronavirus, che con le disposizioni previste dalla Legge di Bilancio 2021 risultava accessibile fino al 31 marzo 2021 e fino al 30 giugno solo per CIG in deroga e assegno ordinario. La durata si allunga rispettivamente fino al 30 giugno e fino al 31 dicembre 2021;
- conferma del blocco dei licenziamenti, attualmente la scadenza è sempre fissata al 31 marzo 2021. La proroga segue due tempi:
- fino al 30 giugno 2021 in maniera generalizzata;
- dal 1° luglio 2021 al 31 ottobre 2021 il divieto di procedere con i licenziamenti si lega alla fruizione della CIG Covid 19, in particolare CIG in deroga, assegno ordinario e CISOA.
Tempi diversi per la proroga del blocco dei licenziamenti erano stati annunciati già nelle scorse settimane dal ministro del Lavoro e delle Politiche sociali Andrea Orlando.
Bonus lavoratori stagionali nel Decreto Sostegni
Tra le misure riproposte dal Decreto Sostegni, ci sono anche i bonus per i lavoratori stagionali, dello spettacolo e degli stabilimenti termali. La conferma è contenuta nell’articolo 10.
Il testo del DL numero 41 pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 22 marzo 2021 conferma quanto annunciato dalla formazione di governo che ha poi lasciato il testimone alla squadra guidata da Mario Draghi. Ma non per gli importi.
Il bonus per i lavoratori stagionali sarà pari a 2.400 euro, non più tre mensilità di bonus da 1000 euro come previsto in principio.
Anche per i lavoratori sportivi il decreto prevede un sostegno, ma i introduce una novità sulle modalità per determinare l’importo a cui si ha diritto che va dai 1.200 ai 3.600 euro:
- indennità di 3600 euro in caso di compensi sopra i 10.000 euro;
- indennità di 2.400 euro in caso di compensi tra 4.000 e 10.000 euro;
- indennità di 1.200 euro in caso di compensi inferiori a 4.000 euro.
Come di consueto, gli importi vengono erogati dalla società Sport e Salute e non dall’INPS.
Reddito di emergenza, proroga di tre mesi nel decreto Sostegni anche per chi ha finito la Naspi
Nuova linfa arriva anche per un’altra misura emergenziale introdotta dal Decreto Rilancio: il reddito di emergenza.
Nato come un assegno, pari ad un minimo di 400 euro e ad un massimo di 840 euro, calcolato in base al numero di componenti del nucleo familiare e all’ISEE, viene confermato ancora una volta e modificato in più punti.
Con il Decreto Sostegni, si prevedono tre mensilità ulteriori di reddito di emergenza, per marzo, aprile e maggio 2021.
Cambiano i requisiti d’accesso: per le famiglie che vivono in affitto, fermo restando l’ammontare del beneficio, il limite del reddito familiare è aumentato di un dodicesimo del valore annuo del canone di locazione come dichiarato ai fini ISEE.
Inoltre, potranno presentare domanda anche i lavoratori che hanno terminato la Naspi o la DisColl tra il 1° luglio e il 28 febbraio 2021
Non una proroga NASpI nel Decreto Sostegno, ma requisiti meno stringenti
E ancora, il testo del Decreto Sostegni prevede anche un intervento sulla NASpI, indennità di disoccupazione.
Ci si attendeva una proroga, come previsto nel corso del 2020. Ma il nuovo decreto prevede novità sui requisiti: fino al 31 dicembre 2021 diventa accessibile a prescindere dalla sussistenza del requisito che prevede il diritto all’indennità per coloro che hanno maturato 30 giorni di effettivo lavoro nei 12 mesi che precedono l’inizio del periodo di disoccupazione.
Contratti a termine, proroga senza causale in scadenza nel Decreto Sostegno
Per quanto riguarda i contratti a termine, il Decreto Sostegni prevede la proroga della possibilità di rinnovo senza causale fino al 31 dicembre 2021.
Vengono nuovamente congelate le causali fino al 31 dicembre 2021 in modo tale che i periodi a termine non vengano computati nel massimale di durata dei contratti a tempo determinato.
Proroghe scadenze fiscali, confermati i rinvii di versamenti ed adempimenti dal testo del decreto Sostegni pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 22 marzo 2021: dai termini per la Certificazione Unica, anticipati dal comunicato del MEF, a quelli della Web Tax, passando per i pagamenti delle rate della pace fiscale.
Proroghe scadenze fiscali, il testo del decreto Sostegni, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 22 marzo 2021 ed in vigore dal giorno successivo, riscrive il calendario degli appuntamenti con il Fisco.
Vengono confermate le anticipazioni dei comunicati MEF, a partire da quello del 13 marzo 2021 che rendeva noto il rinvio di termini per la trasmissione telematica della Certificazione Unica e della comunicazione delle spese che danno diritto alle detrazioni.
Lo spostamento della scadenza porta con sé anche la della messa a disposizione della dichiarazione precompilata da parte dell’Agenzia delle Entrate.
Confermato anche il rinvio della Web Tax e della relativa dichiarazione.
Proroghe scadenze fiscali: i rinvii nel testo in Gazzetta Ufficiale del decreto Sostegni
Le anticipazioni sulle proroghe delle scadenze fiscali sono state confermate dal testo del decreto Sostegni, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 22 marzo 2021 ed in vigore dal giorno successivo.
Il DL 41 del 2021 viene incontro alle diverse le richieste in tal senso, così come preannunciato anche dal comunicato stampa del MEF del 13 marzo 2021.
Le nuove proroghe si articolano in quattro interventi, confermati nel testo ufficiale:
- trasmissione telematica della Certificazione Unica all’Agenzia delle Entrate, che come reso noto dal comunicato del MEF, passa dal 16 al 31 marzo;
- comunicazioni fiscali dei dati relativi alle spese del 2020 che danno diritto a detrazioni e oneri deducibili, confermata dallo stesso comunicato, dal 16 al 31 marzo 2021;
- messa a disposizione delle dichiarazioni dei redditi precompilate da parte dell’Agenzia delle Entrate, anch’essa anticipata dal comunicato in questione, dal 30 aprile al 10 maggio 2021;
- versamento della Web Tax, dal 16 marzo al 16 maggio 2021, e relativa dichiarazione al 30 giugno 2021.
Anche il rinvio della Web Tax era stato anticipato nel comunicato stampa del MEF del 9 marzo 2021.
Le altre scadenze prorogate si aggiungono allo spostamento del termine della pace fiscale, previsto in calendario per lo scorso 1° marzo 2021 e rimandati a pochi giorni dalla data stessa.
Gran parte degli spostamenti di date sono contenuti nell’articolo 5 del DL 41 del 22 marzo 2021.
Nello specifico i commi 19 e 20 contengono i rinvii legati alle scadenze collegate alla Certificazione Unica mentre il comma 15 rinvia le scadenze collegate con la Web tax.
Viene, in particolare, modificato il comma 42 dell’articolo 1 della legge numero 145 del 2018 e i termini di versamento e di invio della dichiarazione.
Proroghe scadenze fiscali e le altre misure del decreto Sostegno
Il testo del nuovo decreto conferma buona parte delle misure che erano state oggetto di anticipazioni.
Oltre alle proroghe di alcune delle scadenze fiscali in calendario ci sono molte misure sul lavoro e altri interventi per sostenere famiglie ed imprese nella nuova fase di emergenza coronavirus.
Le misure sanitarie sono invece state adottate già dal Consiglio dei Ministri del 12 marzo e sono entrate in vigore lunedì 15 marzo 2021.
Gli interventi del decreto Sostegni, misura che era già stata prevista per la fine di gennaio e denominata Ristori 5, vanno dall’estensione della cassa integrazione all’erogazione di nuovi contributi a fondo perduto.
Le misure di integrazione salariale sono contenute nell’articolo 7 mentre i criteri per l’attribuzione dei nuovi contributi a fondo perduto aprono il testo ufficiale: sono infatti contenuti nell’articolo 1.
Le nuove risorse messe a disposizione dal primo articolo del decreto Sostegni saranno erogate con criteri diversi rispetto a quelli individuati dal precedente governo.
La nuova misura, nel complesso, può utilizzare i 32 miliardi di euro dello scostamento di bilancio messo già approvato dal Parlamento ma un nuovo scostamento di bilancio potrebbe essere richiesto con l’arrivo del Def.
A sostegno dell’occupazione viene inoltre prevista la proroga del blocco dei licenziamenti al 30 giugno 2021, che è contenuta nel comma 9 dell’articolo 8.
Dichiarazione IVA precompilata, il testo del decreto Sostegni pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 22 marzo 2021 prevede una nuova proroga. Le bozze dei registri IVA e delle comunicazioni delle LIPE predisposte dall’Agenzia delle Entrate prenderanno in considerazione le operazioni effettuate a partire dal 1° luglio 2021.
Dichiarazione IVA precompilata, nuova proroga per l’avvio sperimentale del processo di predisposizione delle bozze dei registri IVA e delle comunicazioni delle LIPE.
Il testo del decreto Sostegni, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 22 marzo 2021 ed in vigore dal giorno successivo, fa slittare la data presa in considerazione per la documentazione pronta all’uso predisposta da parte dell’Agenzia delle Entrate.
Le dichiarazioni precompilate IVA conterranno le operazioni effettuate a partire dal 1° luglio 2021.
La proroga è dovuta alle difficoltà di adeguamento alle procedure informatiche legate alla fattura elettronica da parte degli operatori IVA.
Per le operazioni realizzate dalle partite IVA a partire dal 1° gennaio 2022 sarà inoltre disponibile anche la bozza della dichiarazione IVA annuale.
Dichiarazione IVA precompilata: nuova proroga al 1° luglio 2021 nel decreto Sostegni
Arriva una nuova proroga per la dichiarazione IVA precompilata.
A prevederla è il DL numero 41 del 2021, ovvero il decreto Sostegni, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 22 marzo ed in vigore dal giorno successivo.
La misura è inserita nel comma 10 dell’articolo 1, in cui si legge quanto segue:
“All’articolo 4 del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127, sono apportate le seguenti modificazioni: a) al comma 1: 1) le parole «1° gennaio 2021» sono sostituite con le seguenti «1° luglio 2021»; 2) la lettera c) è soppressa; b) dopo il comma 1 è aggiunto il seguente: «1-bis. A partire dalle operazioni IVA effettuate dal 1° gennaio 2022, in via sperimentale, oltre alle bozze dei documenti di cui al comma 1, lettere a) e b), l’Agenzia delle entrate mette a disposizione anche la bozza della dichiarazione annuale dell’IVA.»”
Nello stesso articolo che disciplina i criteri per l’erogazione dei nuovi contributi a fondo perduto viene inserito un rinvio al 1° luglio 2021.
Tale data determina le operazioni prese in considerazione per l’avvio del processo sperimentale delle dichiarazioni IVA precompilate.
Il processo prevede la predisposizione delle bozze dei registri IVA e delle comunicazioni delle LIPE da parte dell’Agenzia delle Entrate.
In altre parole, le operazioni prese in considerazione nelle dichiarazioni IVA precompilate, saranno quelle effettuate a partire dalla nuova data indicata.
La modifica della norma è stata resa necessaria dalle difficoltà che l’emergenza coronavirus comporta per gli operatori IVA e per gli intermediari nell’adeguamento delle procedure informatiche collegate alla fatturazione elettronica.
Un’altra proroga era già stata precedentemente prevista dal decreto Rilancio, per motivazioni ancora una volta collegate alla pandemia.
In quel caso veniva indicato il ritardo nell’adozione del nuovo tracciato della fattura elettronica approvato e un possibile ritardo di adeguamento allo scontrino elettronico.
Dichiarazione IVA precompilata: le novità del decreto Sostegni
Le novità del decreto Sostegni in tema di dichiarazione IVA precompilata non sono poche.
Il comma 10 dell’articolo 1 interviene, infatti, in modo significativo sul comma 1 dell’articolo 4 del decreto legislativo n. 127 del 2015, riferimento normativo della trasmissione telematica delle operazioni IVA e del controllo delle cessioni di beni effettuate attraverso distributori automatici.
Oltre a stabilire una proroga al 1° luglio 2021 per le operazioni che entreranno nella bozza dei registri IVA e delle comunicazioni delle liquidazioni periodiche, predisposte da parte dell’Agenzia delle Entrate, viene soppressa la lettera c.
Tale riferimento è quello che indicava anche la dichiarazione annuale IVA, tra i documenti da inserire nell’area riservata del sito internet dell’Agenzia delle Entrate, accessibile a tutti i soggetti passivi IVA residenti o stabiliti in Italia.
All’articolo 4 viene inoltre aggiunto il comma 1-bis.
Il nuovo comma aggiunge, alle bozze dei registri IVA e delle comunicazioni delle LIPE, anche la bozza di dichiarazione annuale IVA.
Solo però a partire dalle operazioni effettuate dal 1° gennaio 2022.
La proroga si aggiunge ai diversi rinvii previsti nel decreto Sostegni anche per le scadenze fiscali.
DL Sostegni, contributi a fondo perduto anche senza calo di fatturato: a chi spettano? E a quanto ammonta l’importo degli aiuti? Il requisito chiave non è richiesto a coloro che hanno attivato la partita IVA dal 1° gennaio 2019. Si conferma per le attività più “giovani” la via preferenziale prevista fin dall’introduzione della misura di ristoro.
DL Sostegni, contributi a fondo perduto anche senza calo di fatturato: il nuovo meccanismo di accesso alla misura di ristoro conferma la via preferenziale per coloro che hanno attivato la partita IVA dal 1° gennaio 2019.
Ok agli aiuti anche in assenza del requisito chiave richiesto per le attività più “giovani”: è una regola prevista anche dall’articolo 25 del Decreto Rilancio che ha introdotto la misura lo scorso maggio.
DL Sostegni, contributi a fondo perduto senza calo di fatturato: a chi spettano?
Il testo del Decreto Sostegni, pubblicato il 22 marzo in Gazzetta Ufficiale, si apre con i nuovi contributi a fondo perduto.
Il principale strumento a supporto delle partite IVA di questo nuovo pacchetto di aiuti viene delineato nell’articolo 1 del DL numero 41 del 2021, che conferma e rinnova la misura introdotta all’inizio dell’emergenza coronavirus.
Come in passato, solo chi ha registrato un riduzione del fatturato può beneficiare delle somme stanziate, da un minimo di 1.000 e 2.000 euro fino a un massimo di 150.000 euro.
Si conferma la regola ma anche l’eccezione: chi ha attivato una partita IVA a partire dal 1° gennaio 2019, infatti, ha diritto a ricevere gli aiuti anche senza calo di fatturato.
Nel testo ufficiale, infatti, si legge:
“Il contributo a fondo perduto spetta a condizione che l’ammontare medio mensile del fatturato e dei corrispettivi dell’anno 2020 sia inferiore almeno del 30 per cento rispetto all’ammontare medio mensile del fatturato e dei corrispettivi dell’anno 2019. Al fine di determinare correttamente i predetti importi, si fa riferimento alla data di effettuazione dell’operazione di cessione di beni o di prestazione dei servizi. Ai soggetti che hanno attivato la partita IVA dal 1° gennaio 2019 il contributo spetta anche in assenza dei requisiti di cui al presente comma”.
DL Sostegni, contributi a fondo perduto senza calo di fatturato: le novità
Sintetizzando al massimo, quindi, non viene modificato il doppio canale di accesso:
- con calo di fatturato per tutti i titolari di “partita IVA, residenti o stabiliti nel territorio dello Stato, che svolgono attività d’impresa, arte o professione o producono reddito agrario”;
- senza calo di fatturato per le partite IVA attivate a partire dal 1° gennaio 2019.
Ma le novità introdotte sono diverse e riguardano anche il requisito chiave. Il calcolo per verificare se si hanno o meno le carte in regola per accedere alla misura va effettuato su un periodo più ampio rispetto al passato: bisogna considerare l’ammontare medio mensile del fatturato e dei corrispettivi di due interi anni, 2019 e 2020, e metterli a confronto.
La riduzione del 30 per cento, e non più del 33 per cento come stabilito dai precedenti provvedimenti emergenziali, fa scattare il diritto a beneficiare del sostegno.
In linea generale, il valore della perdita subita rappresenta anche la base per calcolare a quanto ammonta il contributo a fondo perduto.
Percentuale di calcolo dell’importo del contributo a fondo perduto | Ricavi e compensi di imprese e professionisti |
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60 per cento della perdita | fino a 100 mila euro |
50 per cento della perdita | tra 100 mila e 400 mila euro |
40 per cento della perdita | tra 400 mila euro e 1 milione di euro |
30 per cento della perdita | tra un milione e 5 milioni di euro |
20 per cento della perdita | tra 5 e 10 milioni di euro |
DL Sostegni, contributi a fondo perduto senza calo di fatturato: come calcolare l’importo
Ma come si calcola l’importo del contributo a fondo perduto per le partite IVA attivate dal 1° gennaio 2019?
È possibile ipotizzare una risposta incrociando il testo del Decreto Sostegni con le istruzioni operative fornite dall’Agenzia delle Entrate sulla misura prevista dal Decreto Rilancio:
- se dal confronto tra 2020 e 2019 emerge un valore pari a zero o positivo, spetta l’importo minimo:
- 1.000 euro per le persone fisiche;
- 2.000 euro per tutti gli altri soggetti;
- se, invece, emerge un valore negativo, quindi una riduzione, è possibile applicare la percentuale relativa alla soglia di ricavi e compensi di riferimento.
Al comma 5 dell’articolo 1 il Decreto Sostegni, infatti, specifica:
“Per i soggetti che hanno attivato la partita IVA dal 1° gennaio 2019, ai fini della media di cui al primo periodo, rilevano i mesi successivi a quello di attivazione della partita IVA”.
In ogni caso, però, se l’importo risulta inferiore al minimo stabilito, spettano comunque 1.000 o 2.000 euro.
In tema di cessione di partecipazioni, le operazioni di cessione relative ad azioni o partecipazioni in una società non rientrano nella sfera di applicazione dell’Iva, salvo casi caratterizzati da particolari condizioni.
La Corte di Cassazione, con la Sentenza numero 5156/2021, ha chiarito alcuni rilevanti profili in tema di rilevanza ai fini del pro rata Iva delle cessioni di azioni o partecipazioni.
Nel caso di specie, l’Agenzia delle Entrate aveva notificato ad una società operante nell’attività di commercio di articoli di abbigliamento e sportivi, un avviso di accertamento con il quale aveva accertato, relativamente all’anno di imposta 2004, una indebita detrazione dell’Iva, avendo la società detratto l’intero ammontare dell’Iva sugli acquisti senza calcolare il pro rata per la cessione di partecipazioni in altra società, dalla stessa fatturata in esenzione.
Avverso tale atto impositivo la società contribuente aveva proposto ricorso dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale, che lo aveva rigettato con sentenza poi confermata anche dalla Commissione Tributaria Regionale, la quale aveva in particolare ritenuto che l’assunzione e la cessione delle partecipazioni detenute risultava, nella specie, diretta a realizzare l’oggetto sociale, come emergeva anche dalle previsioni statutarie e non poteva dirsi estranea all’attività di impresa esercitata in quanto alla stessa funzionale.
L’operazione di cessione della partecipazione azionaria, secondo la CTR, costituiva dunque un prolungamento diretto permanente e necessario dell’attività imponibile per affermazione della stessa società contribuente, la quale l’aveva motivato nel senso di una finalità industriale della gestione delle partecipazioni in società che operavano nell’ambito della produzione e del commercio di prodotti sportivi.
Le suddette operazioni finanziarie non potevano, quindi, essere qualificate come accessorie o occasionali.
Avverso tale pronuncia la società contribuente proponeva infine ricorso per cassazione, censurando la sentenza per violazione dell’art. 19-bis, Dpr. n. 633/1972, per non avere la CTR esaminato tutte le questioni sollevate con l’atto di appello e dirette ad evidenziare che la società, a prescindere dalla previsione statutaria, non aveva mai effettuato, né prima né dopo la cessione, altre alienazioni di partecipazioni, sicché l’operazione in esame aveva natura occasionale.
In particolare, si evidenziava poi che il giudice di appello aveva erroneamente assimilato l’assunzione di partecipazioni sociali con la loro cessione, nonostante il fatto che tale ultima attività non rientrasse nell’oggetto sociale della società e, inoltre, che, ai fini dell’applicazione dell’art. 19-bis cit., non assumeva comunque rilievo il dato formale dell’attività indicata nello statuto come oggetto sociale, ma semmai quello sostanziale, dovendosi quindi fare riferimento all’attività concretamente svolta.
- Corte di Cassazione – Sentenza numero 5156 del 25 febbraio 2021
- Il testo integrale della sentenza della Corte di Cassazione numero 5156 del 25 febbraio 2021.
La rilevanza i fini del pro rata iva della cessione di azioni o partecipazioni: la decisione della Corte di Cassazione
Secondo la Suprema Corte la censura era fondata. Evidenziano i giudici di legittimità che il giudice di secondo grado, al fine di valutare se l’attività di cessione delle partecipazioni azionarie costituisse prestazione occasionale o meno, aveva in effetti argomentato facendo specifico riferimento alla riconducibilità sia dell’attività di assunzione che di cessione a quanto risultante dalle previsioni statutarie.
Da tale considerazione di fondo lo stesso giudice aveva quindi fatto discendere che la cessione della partecipazione azionaria costituiva una modalità, diretta e necessaria, di realizzazione dell’attività di impresa svolta.
In sintesi, la pronuncia aveva valutato la questione della riconducibilità della cessione della partecipazione sociale alla luce del contenuto dell’oggetto sociale e ne aveva pertanto fatto conseguire la considerazione che tale operazione costituisse il prolungamento diretto, permanente e necessario dell’attività esercitata.
Tanto premesso, la Cassazione osserva però che, con riferimento all’affermazione secondo cui era in relazione all’oggetto sociale che doveva valutarsi la riconducibilità dell’operazione all’attività di impresa, la Suprema Corte (Cass. civ., 13 febbraio 2017, n. 7654) ha già ribadito il principio, (cfr., anche Cass. 9 marzo 2016, n. 4613; 14 marzo 2014, n. 5970; 13 novembre 2013, n. 25475) secondo cui, per verificare se una determinata operazione attiva rientri o meno nell’attività propria di una società, ai fini dell’inclusione nel calcolo della percentuale detraibile in relazione al compimento di operazioni esenti, occorre avere riguardo non già all’attività previamente definita dall’atto costitutivo come oggetto sociale, ma a quella effettivamente svolta dall’impresa, in quanto, ai fini dell’imposta, rileva il volume d’affari del contribuente, costituito appunto dall’ammontare complessivo delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi compiute, e, quindi, l’attività in concreto esercitata.
Pertanto, nella specie, il giudice di appello, al fine di valutare la riconducibilità dell’operazione nell’ambito dell’attività di impresa della società, aveva errato nel ritenere di poter fare esclusivo riferimento all’oggetto sociale, dovendo invece egli piuttosto indagare quale fosse l’attività dalla stessa società concretamente esercitata.
Rileva poi la Corte di Cassazione che, con specifico riferimento alla questione se la cessione di partecipazione azionaria possa essere considerata o meno fuori campo Iva, la Corte di giustizia (causa C-502/2017, C&D Foods acquisition ApS) ha precisato che, ai sensi dell’articolo 9 della direttiva 2006/112, una società il cui unico oggetto consista nell’acquisizione di partecipazioni in altre società senza interferire direttamente o indirettamente nella gestione di queste ultime non ha la qualità di soggetto passivo Iva, né il diritto a detrazione (in base all’articolo 168 della stessa direttiva).
Infatti, rilevano i giudici comunitari, il mero acquisto e la mera detenzione di azioni non costituiscono, di per sé, un’attività economica che conferisce al soggetto che le abbia effettuate la qualità di soggetto passivo, dato che tali operazioni non comportano lo sfruttamento di un bene volto alla produzione di introiti aventi carattere di stabilità, dal momento che l’unico reddito risultante da dette operazioni è costituito dall’eventuale profitto al momento della vendita delle azioni di cui trattasi (v., in tal senso, sentenze del 29 ottobre 2009, SKF, C-29/08, punto 28 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 17 ottobre 2018, Ryanair, C-249/17, punto 16).
La stessa Corte comunitaria, evidenzia ancora la Cassazione, ha peraltro affermato che solo i versamenti che costituiscono il corrispettivo di un’operazione o di un’attività economica sono inclusi nell’ambito di applicazione dell’IVA, il che non vale però per i versamenti risultanti dalla semplice proprietà di un bene, come i dividendi o altri profitti derivanti dalle azioni (sentenza del 29 ottobre 2009, SKF, C-29/08, punto 29 e giurisprudenza ivi citata), tranne che la partecipazione finanziaria in un’altra società sia accompagnata da un’interferenza diretta o indiretta nella gestione della società in cui si è realizzata l’acquisizione di partecipazioni, laddove tale interferenza implichi il compimento di operazioni soggette all’IVA ai sensi dell’articolo 2 della direttiva 2006/112, quali, per esempio, la prestazione di servizi amministrativi, contabili e informatici (v., in tal senso, sentenza del 29 ottobre 2009, SKF, C-29/08, punto 30 e giurisprudenza ivi citata).
In sostanza, in base alla giurisprudenza della Corte di Giustizia UE, le operazioni relative ad azioni o partecipazioni in una società rientrano nella sfera di applicazione dell’Iva solo quando vengono effettuate nell’ambito di un’attività commerciale di negoziazione di titoli, al fine di realizzare un’interferenza diretta o indiretta nella gestione delle società in cui si è realizzata l’acquisizione di partecipazioni, o quando costituiscono comunque il prolungamento diretto, permanente e necessario dell’attività imponibile (sentenza del 29 ottobre 2009, SKF, C-29/08, punto 31 e giurisprudenza ivi citata).
Solo entro certi limiti l’attività di acquisizione di partecipazioni azionarie può dunque costituire un’attività economica rilevante ai fini Iva.
Applicando tali principi alla controversia in esame, la Corte di Cassazione evidenzia allora che la CTR aveva errato a valutare l’attività della società unicamente sulla base dell’esame dell’oggetto sociale, senza verificare, in concreto, indicando gli elementi specifici di valutazione da cui trarre le ragioni di convincimento, se l’operazione di acquisizione della partecipazione azionaria fosse stata effettuata al fine di realizzare un’interferenza diretta o indiretta nella gestione delle società di cui si era realizzata l’acquisizione di partecipazioni, o se costituiva comunque il prolungamento diretto, permanente e necessario, dell’attività imponibile.
Cessione di azioni o partecipazioni e la rilevanza ai fini del pro rata Iva: osservazioni
In conclusione e a prescindere dallo specifico caso processuale, giova evidenziare quanto segue.
In materia di detrazione dell’Iva, vige la regola generale per cui i soggetti passivi hanno la possibilità di detrarre l’imposta che ha gravato l’acquisto o la fornitura dei soli beni o di servizi destinati ad essere utilizzati in via esclusiva per la realizzazione delle operazioni soggette ad imposta (art. 17, secondo paragrafo, della sesta direttiva).
E, sempre sul piano generale, in caso di compimento sia di operazioni che conferiscono il diritto di detrazione, sia di operazioni che non lo conferiscono, il calcolo del pro rata di detraibilità, che individua la percentuale di detraibilità dell’Iva sugli acquisti e che risulta dalla frazione avente al numeratore l’ammontare delle operazioni che conferiscono il diritto di detrazione ed al denominatore il medesimo ammontare aumentato di quello corrispondente a quelle che tale diritto non conferiscono, si riferisce soltanto ai beni ed ai servizi utilizzati da un soggetto passivo per eseguire nel contempo operazioni che danno diritto a detrazione e operazioni che non conferiscono tale diritto.
Ciò in quanto se tutti i risultati delle operazioni del soggetto passivo aventi un nesso con un’attività imponibile dovessero essere comunque inclusi nel denominatore della frazione che serve a calcolare il pro rata della detrazione, anche qualora l’ottenimento di tali risultati non implichi l’impiego di beni o di servizi soggetti all’Iva o, almeno, ne implichi solo un impiego limitatissimo, il calcolo della detraibilità sarebbe inevitabilmente falsato.
Il legislatore italiano ha del resto anche fruito della facoltà, riconosciuta agli Stati membri dall’art. 17, paragrafo quinto, 3° co., della sesta direttiva, di ricorrere a metodi di determinazione del diritto di detrazione specifici, di carattere derogatorio e, in particolare, ha adottato quello enunciatovi al punto d), in virtù del quale uno Stato membro può autorizzare od obbligare un soggetto passivo ad operare la detrazione relativamente a tutti i beni e i servizi utilizzati per tutte le operazioni ivi contemplate, ossia in base ad un metodo fondato sulla cifra di affari.
E difatti i commi 4° e 5° dell’art. 19 del Dpr. n. 633/72, nel testo applicabile all’epoca dei fatti, stabilivano che
“se il contribuente ha effettuato anche operazioni esenti ai sensi dell’articolo 10 la detrazione è ridotta della percentuale corrispondente al rapporto tra l’ammontare delle operazioni esenti effettuate nell’anno e il volume di affari dell’anno stesso, arrotondata all’unità superiore o inferiore a seconda che la parte decimale superi o meno i cinque decimi” (4° comma)
e che
“per il calcolo della percentuale di riduzione l’ammontare delle operazioni esenti è determinato senza tenere conto di quelle indicate ai numeri 6), 10) e 11) dell’art. 10 e non si tiene conto nemmeno nel volume di affari, quando non formano oggetto dell’attività propria dell’impresa o sono accessorie ad operazioni imponibili, delle altre operazioni esenti indicate ai numeri da 1) a 9) del detto articolo” (5° comma)
In sostanza, l’esercizio del diritto di detrazione costituisce l’elemento attraverso il quale si concretizza il principio di neutralità dell’Iva.
Il diritto di detrazione è disciplinato poi dall’art. 19 del Dpr. 633/72, in base al quale, ai fini della detrazione, l’acquisto deve essere non solo inerente all’esercizio dell’impresa, arte o professione, ma anche collegato a determinate operazioni (imponibili o assimilate).
Nel caso in cui tuttavia il contribuente svolga sia attività che danno luogo ad operazioni soggette ad imposta, sia attività che danno luogo ad operazioni esenti, l’imposta detraibile va calcolata in base ad una percentuale (pro rata), determinata con i criteri di cui all’art. 19 bis del Dpr. 633/72.
L’IVA è infatti un’imposta che deve conservare il suo carattere di neutralità. Neutralità che trova limiti nel meccanismo del “pro rata”, per il quale i soggetti che svolgono anche operazioni esenti da IVA non possono fruire della totale detraibilità dell’IVA sugli acquisti di beni e servizi dall’IVA applicata sulle vendite, ma devono determinare la quota di imposta detraibile, ex art. 19 bis, co. l, Dpr. 633/72, “in base al rapporto tra le operazioni che danno il diritto a detrazione, effettuate nell’anno, e lo stesso ammontare aumentato delle operazioni esenti effettuate nell”anno medesimo”.
E, per verificare se una determinata operazione attiva rientri o meno nell’attività propria di una società, ai fini dell’inclusione nel calcolo della percentuale detraibile in relazione al compimento di operazioni esenti, come visto, occorre avere riguardo non già all’attività previamente definita dall’atto costitutivo come oggetto sociale, ma a quella effettivamente svolta dall’impresa.