“Mio nonno non forzava, ci ha dato libertà di scelta. La possibilità che ci è stata data è stata quella di impegnarci quando la Fiat si è trovata in enorme difficoltà all’inizio degli anni Duemila. Mio nonno ci dava grande libertà, proprio per tirare fuori da ognuno quello che veramente volevamo essere”, ha detto Elkann a “Porta a Porta”.
Tornando a quel sabato in corso Oporto, attorno a lui ci sono il padre Edoardo, che morirà nel 1935, la madre Virginia Bourbon Dal Monte, che morirà nel 1945 e la sorella maggiore Clara.
Dopo Gianni, arriveranno altri cinque tra fratelli e sorelle: Susanna, Maria Sole e Cristiana che sono le uniche ancora in vita, Giorgio e Umberto.
Quel bambino, per tutto il mondo sarà presto l’Avvocato, che avvocato mai diventò non avendo sostenuto l’esame di Stato. Si era però laureato in piena guerra, dopo essere stato inviato prima sul fronte russo, e poi in Tunisia, dove in modo totalmente inaspettato incrociò la sorella Susanna, con cui condividerà altri momenti difficili prima della pace nel 1945. Un sodalizio, il loro, indistruttibile, tanto che condivideranno a Palazzo Mengarini Albertini Carandini al Quirinale i loro soggiorni romani: Susanna vivendo all’ultimo piano in affitto, Gianni al piano inferiore in una delle sue tante case.
‘Vestivamo alla marinara’ è il libro che Susanna Agnelli scrisse su quell’infanzia condivisa, uno squarcio che raccontò una formazione dura, quasi militare, per tutti e sette i fratelli, con le “miss” che presero il posto di genitori assenti e lontani, e poi troppo presto scomparsi, in un incidente aereo il padre, e in un’incidente automobilistico la madre.
Sugli anni giovanili dell’Avvocato c’è un’intera letteratura cui attingere, Costa Azzurra ma anche Versilia e Svizzera, le sue mete preferite per divertirsi, gli Stati Uniti eletti a luogo di apprendimento culturale e industriale. A 24 anni, finita la Guerra, muoiono a distanza di appena 17 giorni, come detto, la madre il 30 novembre, e il nonno, il ‘senatore’ Giovanni Agnelli fondatore della Fiat, il 16 dicembre.
L’avvocato è il nuovo capofamiglia, e il padrone della Fiat. La seconda qualifica è però solo sulla carta, poiché alla guida dell’azienda è tornato Vittorio Valletta, escluso per volere del Cln dopo la liberazione e rimesso al vertice proprio su indicazione di Gianni Agnelli. Gli incarichi per il giovane rampollo comunque non mancano, è presidente della Juventus e sindaco di Villar Perosa. Si moltiplicano anche i racconti leggendari sulle sue conquiste, tra le tante l’ex moglie del figlio di Winston Churchill, Pamela Digby, che lo introdusse nel jet-set mondiale. Sembrava che lei potesse impalmare uno degli scapoli più ambiti al mondo, ma nel novembre 1953 molto inaspettatamente, l’Avvocato si sposò in Francia, a Strasburgo nel castello di Osthoffen, con Marella Caracciolo dei Principi di Castagneto.
Le nozze nascondono un segreto, Marella è infatti incinta di Edoardo che nascerà il 9 giugno del 1954. Un anno dopo è la volta di Margherita, che gli darà molto presto ben 8 nipoti, i primi tre dal matrimonio con Alain Elkann sono i più noti: John nato nel 1976, Lapo un anno più tardi e Ginevra nel 1979.
Il matrimonio riparatore è un argine debole alla ‘dolce vita’ di Gianni Agnelli. Non si contano i flirt veri e presunti, le amicizie più o meno intime e le simpatie curiose. A villa Frescot, sulla collina torinese, passa il mondo. Agnelli è un catalizzatore di attività e iniziative anche lontano da Torino, e lo resterà sempre attraverso la sua passione per l’arte, la vela (sua l’idea di dar vita al consorzio Azzurra che nel 1983 parteciperà alla Coppa America), il calcio e tanto altro. Tornando alla carriera, nel 1959 entra in Ifil, la cassaforte di famiglia e nel 1963 diventa uno dei due a.d. di Fiat. Nel 1966 Vittorio Valletta gli cede la presidenza del gruppo, morirà un anno più tardi, e insieme al fratello Umberto, danno il via a una rivoluzione.
Vengono cedute varie attività secondarie, motori marini e degli aerei, e al contempo nel 1969 si acquisisce la Ferrari, strappandola in extremis alla Ford, lasciando a Enzo Ferrari la gestione della squadra corse. Dentro e fuori gli stabilimenti, intanto la situazione si scalda, è l’autunno caldo, con operai e studenti universitari che si uniscono nel contestare la Fiat, una tensione che si risolverà definitivamente solo nel 1980 con la marcia dei quarantamila, che porrà fine all’occupazione di Mirafiori. Nel 1970 entra nel gruppo la Lancia, acquistata per un milione dalla famiglia Pesenti, e viene siglato un accordo con Citroen che però naufraga dopo quattro anni. L’avvocato intanto coordina aperture di impianti in Turchia, Sudamerica e Polonia, e finanche in Egitto.
La crisi petrolifera frena queste ambizioni internazionali, tanto che nel 1974 Agnelli deve assumere Cesare Romiti, caldamente indicato da Mediobanca.
Il manager romano, scomparso l’anno scorso, resterà e guiderà come a.d. il gruppo dal 1976 al 2008. All’inizio insieme con Carlo De Benedetti, che lasciò dopo appena 100 giorni, e Umberto Agnelli, che invece lascerà l’incarico per una breve avventura in politica. Dal 1980 Romiti è un uomo solo al comando, cui l’Avvocato lascia carta bianca, o quasi, senza mai metterne in discussione ruolo e competenze.
La stella di Romiti oscura tutti gli altri, compreso Vittorio Ghidella, artefice della rinascita del settore auto in quel decennio con modelli di successo come Uno, Tipo, Croma e Lancia Thema tra le altre. Gianni Agnelli, nel frattempo, è stato presidente di Confindustria dal 1974 al 1976, e sempre quell’anno ha fatto entrare nell’azionariato di Fiat la Lafico, società di investimento del regime libico di Muammar Gheddafi che acquisisce il 16%. Un accordo che durerà in una prima fase 10 anni, Lafico però sarà capace di rientrare con il 2% del capitale di Fiat nel 2002, e poi essere a lungo azionista rilevante della Juventus, e solo la morte del rais interromperà un rapporto molto solido tra Torino e Tripoli.
Gli anni Novanta si aprono con una nuova crisi economica successiva alla guerra in Kuwait, sono anni di perdite sempre più forti, il costo del rilancio di Alfa Romeo, acquisita nel 1986, è superiore alle attese.
Vengono aperti impianti di successo come Melfi, anche grazie a fondi pubblici. Vanno bene i veicoli industriali ma la concorrenza delle case europee e giapponesi è implacabile, Fiat entra in una crisi di prodotto che durerà un decennio.
L’ultimo della vita dell’Avvocato, che nel 1998 si separa da Cesare Romiti affidando la guida del gruppo a Paolo Cantarella fino al 2002, cui tocca gestire i festeggiamenti per i 100 anni del gruppo nel 1999 e poi l’accordo con General Motors, che acquisisce il 20% di Fiat in cambio del 5,1% del gruppo di Detroit. Artefice dell’accordo il nuovo presidente di Fiat, Paolo Fresco. Dopo Cantarella arrivano Gabriele Galateri di Genola e Alessandro Barberis a fine 2002. Sono mesi convulsi, Fiat ha ceduto alle banche una quota rilevante in cambio di una disponibilità di cassa che il mercato non vuole concedere. L’Avvocato è malato, e il drammatico suicidio del figlio Edoardo nel 2000 lo segna come nulla prima.
Muore il 24 gennaio 2003 a 81 anni nella sua Villa Frescot, per un carcinoma della prostata. Nella camera ardente sul tetto del Lingotto nella Pinacoteca avveniristica intitolata a lui e alla moglie, sfilano decine di migliaia di persone, e la città si ferma il giorno del funerale. Sembra la fine della Fiat degli Agnelli, anche perché pochi mesi dopo muore anche Umberto Agnelli, che era subentrato a Paolo Fresco alla presidenza. Da qualche mese però in cda siede un giovane italocanadese, è Sergio Marchionne che rilancerà la Fiat insieme a John Elkann, che oggi ha realizzato la fusione con Psa, Stellantis è anche la rivincita per quel matrimonio naufragato con Citroen negli anni ’70.
(ITALPRESS).