L’arte contro il femminicidio: s’intitola “Frammenti – Ni una más” il recital firmato Teatro del Segno e Teatro Impossibile, tratto da “Ferite a morte” di Serena Dandini (Rizzoli editore), che sarà proposto in streaming sul canale You Tube Teatro del Segno – Web domenica 7 marzo alle 19 e resterà online fino alla mezzanotte di lunedì 8 marzo come “promemoria” alla vigilia della della Giornata Internazionale della Donna.
«Un racconto corale per combattere gli stereotipi e arginare il fenomeno della violenza di genere, quel crescendo di abusi fisici e psicologici che troppo spesso sfocia in tragedia» – sottolinea il regista Stefano Ledda: «è fondamentale cambiare la cultura, disinnescare quei meccanismi che inducono a scambiare l’amore con il possesso e inventare un nuovo alfabeto sentimentale fondato sulla parità e sul rispetto.
“Ferite a morte” di Serena Dandini è un colpo al cuore e non avremmo potuto trovare parole più adatte per ricordare le vittime di una strage annunciata, che non si è fermata neppure durante la pandemia, anzi spesso il lockdown ha esasperato le tensioni e “imprigionato” le donne insieme con i loro carnefici.
“Frammenti – Ni una más” non è uno spettacolo, ma una mise en éspace che restituisce la parola alle vittime, con la consapevolezza che quello che è accaduto si sarebbe potuto e dovuto evitare: l’8 marzo si celebra la “Festa della Donna”, una data simbolica che richiama i diritti faticosamente conquistati ma anche il lungo cammino che resta da fare per realizzare le pari opportunità. Le vittime di femminicidio in Italia nei primi mesi del 2021 sono già dodici – Sharon Barni, Victoria Osagie, Roberta Siragusa, Teodora Casasanta, Sonia Di Maggio, Ilenia Fabbri, Piera Napoli, Luljeta Heshta, Lidia Peschechera, Clara Ceccarelli, Deborah Saltori, Rossella Placati – una donna uccisa ogni tre giorni, un massacro che deve finire: il messaggio che affidiamo alla rete è ancora una volta “Ni una más” – “Non una di più”».
“Frammenti – Ni una más” ha debuttato in streaming lo scorso 25 novembre in occasione della Giornata Internazionale per l’eliminazione della Violenza sulle Donne – nel calendario di “Feminas. Cagliari contro la violenza” 2020 a cura del Comune di Cagliari – in una versione pensata e realizzata per il web – per gentile concessione delle autrici Serena Dandini e Maura Misiti, con un ringraziamento a Mismaonda – e sarà di nuovo online per due giorni il 7 e l’8 marzo 2021 per ribadire il no alla violenza e alle discriminazioni di genere e sottolineare il significato originario della Giornata Internazionale della Donna, che sposa i diritti umani e l’emancipazione femminile all’idea della pace.
Sotto i riflettori Rossella Faa, Marta Proietti Orzella, Monica Zuncheddu, Anna Brotzu, Emanuela Lai e Anna Paola Marturano – al TsE di Is Mirrionis a Cagliari (rigorosamente “a porte chiuse” e nel rispetto delle norme anti-Covid) – danno voce alle protagoniste dell’amara cronaca di una “morte annunciata”, creature diversissime per carattere, età e censo, provenienza geografica, ma accomunate dallo stesso triste destino.
“Frammenti – Ni una más” è un viaggio tra le emozioni e i ricordi, istanti di felicità e abissi di disperazione, la tenerezza per un bambino mai nato – «sono morta prima» – e la snobistica ostentazione di (presunta) superiorità di colei che sostiene di non avere «niente a che vedere con questo esercito di poveracce», perché «c’è morta e morta» e conterà pure qualcosa esser stata eliminata da ben due killer professionisti in doppiopetto blu, assoldati dal marito, «un manager, mica un poveraccio da Cavalleria rusticana».
Serena Dandini inventa per le vittime di femminicidio un paesaggio surreale, una sorta (forse) di limbo dove tutte riacquistano intatta la loro bellezza, non più sfregiata dalle mani dei loro carnefici: qui le donne si confidano, rievocano dettagli preziosi delle loro esistenze, il rimpianto per l’amore dolcissimo e quasi adolescenziale, con un futuro denso di promesse, sacrificato all'”onore” della famiglia ma anche la persecuzione da parte di un corteggiatore troppo assillante, maniaco del controllo e incapace di rinunciare a una donna a cui continua a ripetere, instancabilmente: «sei solo mia», alternando lusinghe e minacce fino all’ultimo, fatale appuntamento d’addio.
La vicenda della moglie uccisa in «un raptus improvviso di follia», in realtà con cupa premeditazione da un uomo che non aveva mai fatto mistero delle sue intenzioni, anzi «erano anni che lo diceva ai quattro venti», tanto che quando alla fine ha compiuto quel gesto irreparabile nessuno ne è stato sorpreso né ha avuto dubbi sul colpevole, salvo chiedersi come mai nessuno avesse cercato di fermarlo, ricostruita in un monologo lucido e ironico, pone il problema dell’indifferenza o forse dell’incapacità di cogliere gli indizi e riconoscere la sofferenza altrui, quella tendenza a guardare da un’altra parte, per scarsa sensibilità, distrazione o mancanza di empatia.
Tra le righe risuona la voce di Susana Chávez – poetessa e attivista messicana, creatrice dello slogan “Ni una muerta más” che ha lottato contro violenze e assassini, denunciando la carneficina in atto contro le donne nel suo Paese e in particolare a Ciudad Juarez, la sua città, prima di essere brutalmente uccisa e mutilata nel 2011.
«L’arte è lo strumento che permette di dar corpo ai sogni e agli incubi e di “mettere in scena” l’indicibile: per parlare di un tema come il femminicidio, una tragedia contemporanea, una strage insensata e feroce di cui non si vede la fine abbiamo preso in prestito le parole di Serena Dandini» – spiega Stefano Ledda.
«“Ferite a morte” è un libro particolare, avvincente e pure sconvolgente, da cui affiorano tanti ritratti di donne, diversissime, accomunate da un unico “destino” – una fine violenta per mano di un uomo (ma è anche uno spettacolo – che vi invito a vedere se ne avrete l’occasione – rappresentato in Italia e nel mondo): abbiamo scelto sei monologhi, sei storie emblematiche in cui le protagoniste ricostruiscono il crescendo di violenza e abusi fisici e psicologici da loro subiti e culminati in un delitto».
«”Frammenti” – come i pezzi di quelle vite infrante – in cui le vittime si interrogano (e ci interrogano) su un fenomeno inquietante e diffuso come la violenza di genere: un recital dove le testimonianze si susseguono, inframmezzate dalla musica, a ricordarci di come spesso non ci si accorga di avere “un mostro in casa” – o nel quartiere, tra i vicini e i colleghi di lavoro, perfino tra i parenti e gli amici – fino a quando non è troppo tardi. E’ fondamentale e urgente un cambiamento culturale, affinché questi episodi terribili non accadano più – e non soffra, né sia umiliata e torturata, e neppure muoia “Ni una màs”».
«Una scenografia essenziale, con sei leggii disposti a scacchiera, per una lettura senza enfasi o sottolineature, perché il pathos è racchiuso nelle immagini evocate dalle parole, con la dolorosa consapevolezza che si tratta di storie con un finale già scritto: l’autrice ha sapientemente mescolato realtà e finzione, alternando diversi registri, l’ironia e il dramma, la rabbia e perfino lo stupore, l’ingenuità e la lucida coscienza di sé, quasi a voler sottolineare come la violenza di genere e il femminicidio siano trasversali, presenti a tutte le latitudini e in tutte le classi sociali. E a ricordarci che anche se non siamo direttamente coinvolti – come carnefici o vittime – ci riguardano molto da vicino – in quanto esseri umani».