Inoltre, la graduale riduzione delle attività, la comparsa di disturbi tipici dell’età e la perdita dell’autosufficienza, quindi dell’utilità sociale, portano gradualmente ad un senso di impotenza tale, da sfociare in un vero e proprio disagio da perdita di identità. Tutto questo, dati alla mano, aumenta di gran lunga la possibilità di ammalarsi e morire.
La telefonata di qualche tempo fa, giunta alla Polizia da parte di una signora di novantatre anni del sud Italia, dovrebbe farci riflettere in modo particolare.
“Sono stata rapinata, venite ho bisogno di aiuto”
Gli agenti arrivano in fretta, ma non esiste nessuna rapina, “semplicemente” la signora si sentiva sola.
Ci muoviamo veloci all’interno di una Società, che va avanti come un treno, e si muove su un binario parallelo rispetto a quello degli anziani. Li osserviamo al di là del finestrino, senza fermarci a tendere loro una mano. Non dobbiamo lasciarli soli, ma la famiglia molto spesso non riesce a dar loro il giusto sostegno.
Eppure ci sono tanti modi per aiutarli. Possiamo coinvolgerli nei progetti famigliari, agevolare la loro indipendenza coinvolgendoli in nuove amicizie e nuovi interessi, condividere con loro il tempo libero trasmettendogli calore umano e stima.
Un signore inglese di novant’anni, Derek Taylor, ha perfino scritto una lista di cose da fare per sentirsi meno soli. Il successo è stato immediato e l’opuscolo con i consigli del signor Taylor, che segue i suoi stessi suggerimenti, spopola ancora sul web e sui social.
Tra i tanti utili consigli di questo arzillo novantenne ci sono per esempio: chiamare gli amici di vecchia data; iscriversi ai centri ricreativi, fare volontariato; prendere in considerazione l’università della terza età; imparare ad usare il computer. Insomma esistono tante possibilità per lenire gli effetti negativi della solitudine, bisogna solo saperle sfruttare al meglio con l’aiuto di ognuno di noi.
Un anziano rispettato e amato è motivo d’orgoglio per ogni paese.
Sabrina Cau