L’indagine di Legambiente “Ecosistema Scuola” sulla qualità dell’edilizia scolastica e dei servizi compie 20 anni.
I dati presentati oggi in diretta Facebook ci dicono che dal 2014 al 2020, su 6.547 progetti previsti, 4.601 sono stati finanziati e solo 2.121 portati a termine.
Il 29% degli edifici necessita di interventi urgenti, una scuola su due non ha impianti per lo sport, il tempo pieno predominante al centro nord.In Sardegna rimane l’urgenza di interventi di ristrutturazione edilizia e adeguamento strutturale in tanti plessi scolastici.
“Non ripariamo soltanto le scuole, ma rendiamole protagoniste della transizione ecologica, superando gli ostacoli che fanno permanere emergenze strutturali e divari territoriali”
Legambiente al ministro dell’Istruzione: “Inauguriamo 100 scuole sostenibili nelle ‘periferie’ del Paese e diamo il via alla riqualificazione energetica partecipata degli edifici”.
In sette anni meno della metà dei progetti finanziati per l’edilizia scolastica è stato concluso.
Numeri che testimoniano le difficoltà incontrate dagli enti locali, e che possiamo tradurre anche con la differenza che intercorre tra l’importo stanziato per la realizzazione delle opere e la spesa effettiva. Per un importo totale stanziato di 3.359.614.000 euro, l’importo totale finanziato è di 2.416.370.000 euro e l’importo finanziato dei progetti avviati di 1.415.747.000 euro: passaggi in cui viene “perso” ogni volta circa un miliardo di euro.
Legambiente presenta Ecosistema Scuola 2021 nel momento in cui si sta ripensando l’Italia e pianificando gli investimenti delle risorse del Recovery Plan, di cui l’ultima versione prevede per l’edilizia scolastica 6,8 miliardi di euro. Risorse importanti che rischiano, tuttavia, di non portare ai risultati auspicati, e necessari, se non verranno affrontate alcune criticità, ormai croniche. La pandemia ha portato, infatti, spazi e servizi scolastici al centro della cronaca dell’ultimo anno, mettendo in luce quanto questo aspetto infrastrutturale del Paese, strategico, sia in sofferenza; in linea, purtroppo, con quanto fotografa e denuncia da anni l’indagine dell’associazione ambientalista.
Per questo, Legambiente ha colto l’occasione odierna per lanciare al nuovo ministro dell’istruzione Patrizio Bianchi, intervenuto alla presentazione online, un appello affinché le scuole diventino protagoniste della transizione ecologica: realizzare processi di riqualificazione energetica partecipata degli edifici con la comunità scolastica che diviene comunità energetica, e inaugurare una generazione di 100 scuole sostenibili e innovative costruite secondo i criteri della bioedilizia, aperte anche in orario extrascolastico e dotate di un’integrazione di servizi sia in orario scolastico che extrascolastico, da realizzarsi nelle “periferie sociali” del Paese, caratterizzate da alto tasso di dispersione scolastica e povertà educativa.
“La consapevolezza dell’importanza di investire in giovani, istruzione ed educazione è ormai condivisa da tutti; stanno arrivando risorse, ma prima di tutto serve un nuovo piano di governance per superare le emergenze e i divari – dichiara Vanessa Pallucchi, vice presidente di Legambiente -. I 6,8 miliardi previsti per l’edilizia scolastica nell’ultima stesura del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza vanno letti in un’ottica di priorità di interventi, con la forte attenzione all’individuazione degli ostacoli da rimuovere perché le risorse disponibili diventino miglioramenti effettivi delle nostre scuole e non si perdano nelle inefficienze di percorso. L’edilizia scolastica e i servizi che girano intorno all’ecosistema scuola devono essere ripensati e rilanciati in una dimensione di sostenibilità ambientale e sociale: sono le gambe su cui poggerà la possibilità di successo ed efficacia della transizione ecologica, che ha fra i suoi obiettivi principali il superamento della povertà educativa”.
Da Ecosistema Scuola 2021 (dati 2019) su un campione di 6.156 edifici in 87 comuni capoluogo di provincia, frequentati da circa 1,2 milioni di studenti, risulta che circa il 58% delle scuole non ha certificazioni base come l’agibilità; ricade in area sismica 1 e 2 il 43% delle scuole, di cui solo poco più del 30% è costruito con la tecnica antisismica; più dell’87% degli edifici è sotto la classe energetica C. Non è stato ancora bonificato l’amianto in 145 edifici (in gran parte al nord) di quelli oggetto d’indagine, frequentati ogni giorno da 28.500 studenti. La metà delle scuole non ha impianti per lo sport e solo il 55% circa ha la mensa scolastica. Dati medi nazionali che, lungo i vent’anni di indagine, mostrano la permanenza di un costante divario tra nord, centro, sud e isole.
In Sardegna la percentuale di edifici messi in sicurezza è veramente bassa:
a Cagliari su 83 edifici scolastici solo 5 hanno effettuato la messa in sicurezza dei solai, solo 10 hanno certificato di agibilità, collaudo statico e prevenzione incendi, 20 edifici hanno usufruito di interventi di efficientamento energetico, 50 edifici necessitano di interventi di manutenzione straordinaria per adeguamento alle norme e per eliminazione rischi. Bene lo sport invece, con la quasi totalità degli edifici che dispongono di impianti sportivi, anche se 20 necessiterebbero di manutenzione urgente. Un buon dato arriva dalle mense: ben 59 servono pasti biologici, nella maggioranza dei casi certificati IGP, DOP, STG, PAT e a km 0 e servono acqua del rubinetto. Per Oristano abbiamo 12 edifici su 17 che hanno le dotazioni di sicurezza, ma solo metà ha impianti sportivi e un’area verde fruibile. Per quanto riguarda Sassari su 64 edifici solo 10 hanno certificato di agibilità, prevenzione incendi e collaudo statico e solo un terzo degli edifici è dotato di impianti sportivi. Anche qui bene con la mensa, anche se solo in 9 scuole viene servita l’acqua del rubinetto.
“È il momento di rimettere la scuola al centro delle comunità e dei territori come leva di emancipazione sociale e crescita collettiva e, per questo, di fare in modo che ogni investimento sia parte di questa visione complessiva e non solo una spesa per ‘riparare’ quello che non va – sottolinea Claudia Cappelletti, responsabile scuola Legambiente -. La Fondazione Agnelli, sulla base dei dati dell’anagrafe dell’edilizia scolastica, ha quantificato in circa 200 miliardi i fondi necessari per ristrutturare e rinnovare le scuole italiane: una cifra importante che ci può fare da punto di riferimento per andare a comporre un quadro di risorse che saranno sempre parzialmente sufficienti se non gestite con un cambio di passo della governance dell’edilizia scolastica”.
Per garantire una gestione virtuosa dei fondi per una migliore qualità degli edifici scolastici occorre, secondo Legambiente, innanzitutto mappare i bisogni attraverso lo strumento dell’anagrafe dell’edilizia scolastica, programmare gli interventi secondo una scala di priorità a partire dall’efficientamento energetico e dalla messa in sicurezza, sostenere le strutture tecniche delle amministrazioni che sono più indietro nel reperimento dei fondi e nella capacità progettuale, semplificare le linee di finanziamento, il loro accesso e la loro gestione per ridurre il divario esistente tra i progetti finanziati e quelli conclusi e conseguentemente, tra gli importi stanziati e quelli rimborsati agli enti locali. Solo così i fondi a disposizione potranno incidere in maniera efficace su un patrimonio edilizio vetusto e poco curato nel tempo, sperequazioni territoriali importanti fra la qualità degli edifici e dei servizi scolastici tra nord, centro, sud e isole, l’eccessiva concentrazione di studenti in spazi non adeguati al benessere e alla didattica, la necessità di interventi strutturali urgenti, la progressiva perdita dei servizi pubblici collettivi rivolti alle scuole, a cominciare dai trasporti.
Oggi, per una media nazionale di interventi di manutenzione urgente delle scuole del 29,2% e una spesa media nazionale per la manutenzione straordinaria per edificio di quasi 71mila euro, questa urgenza viene dichiarata dai capoluoghi del sud per il 31,5% degli edifici, con una spesa media per edificio di circa 41mila euro. Nelle isole, il 63% degli edifici necessitano di interventi urgenti e la spesa media per edificio per la manutenzione urgente si attesta sui 5.500 euro. La principale emergenza rimane per questi territori la messa in sicurezza degli edifici, che raggiunge un livello di allarme nelle isole, dove, nonostante oltre il 63% delle scuole sia in area sismica 1 e 2 (a fronte di una media nazionale del 41%), solo il 6,3% degli edifici risponde ai criteri della normativa antisismica (per una media nazionale ricordiamo essere del 30,8%). Anche rispetto agli spazi scolastici, così determinanti per la qualità della didattica e la possibilità di una maggiore apertura della scuola al territorio, sono molte le differenze rilevate tra le diverse aree del Paese. Le strutture per lo sport, ad esempio, sono presenti al nord in più di una scuola su due, mentre mancano in oltre il 60% delle scuole del centro, nel 55% circa di quelle del Sud e quasi nel 64% di quelle delle isole. Giardini e aree verdi fruibili sono una realtà presente in più dell’80% delle scuole del centro-nord, ma mediamente solo in una scuola su quattro del sud e delle isole. Molte amministrazioni meridionali stanno cercando di colmare questo divario, ma l’accumularsi di problematiche trascurate nel tempo come la manutenzione ordinaria e straordinaria, rende necessari oggi interventi più radicali e fondi più cospicui.
È urgente, inoltre, rivedere i servizi pubblici a disposizione delle scuole, per riequilibrarne le opportunità di accesso nelle diverse aree del Paese e garantirli a tutti i cittadini. Sono elementi strutturali fondamentali per affrontare sperequazioni e povertà educative, così come la gestione del tempo scuola. Convivono, infatti, nelle classi, fra famiglie e fra territori, tante forme di disuguaglianza e povertà educativa che la pandemia ha messo in luce: evidenze che erano lì da tempo, ma che non sono state affrontate. Anzi, investimenti su servizi essenziali sono stati ridotti, come quelli per il trasporto pubblico scolastico. Gli anni di indagine di Ecosistema Scuola mostrano come il servizio di scuolabus sia passato, dal 2010 al 2018, dall’interessare quasi il 33% degli edifici al 23%, senza lo sviluppo di una mobilità alternativa casa-scuola, le cui pratiche ecocompatibili rimangono al palo come il pedibus (6% delle scuole) e il servizio di bicibus (0,1% e solo al nord). Differenze territoriali enormi anche rispetto alle classi a tempo pieno, praticato quasi in una scuola su due secondo la media nazionale, ma con il 67,8% di scuole con classi a tempo pieno nel centro Italia, quasi il 40% nel nord, il 9,5% nel sud e il 18,4% nelle isole.