Senz’altro Draghi ha stravolto la comunicazione, qualcuno ha persino definito il suo stile “non comunicativo”. Il presidente, anzitutto, non ha profili social, né Twitter, né Facebook. Non esiste un intervento sui media di Draghi, neppure per il G7 o per il Consiglio europeo, che ha svolto da solo con una penna biro ed un foglio in videoconferenza.
Qualcuno afferma che questa mancanza di comunicazione del presidente del consiglio sia dovuta al fatto che non si tratta di un politico, che non vuole candidarsi e quindi non ha bisogno del consenso popolare. Io mi trovo in disaccordo per più di una ragione. La comunicazione, infatti, non serve solo a fare propaganda così come il consenso non serve esclusivamente a prendere voti.
L’Italia è formata da un popolo, da persone che sono mosse dai sentimenti. Se non riesce a suscitare i giusti sentimenti nella popolazione, grazie alla comunicazione, il presidente del consiglio non verrà seguito, ma quello che è ancora peggio non verrà compreso. Si creerà un distacco ancora più marcato di quello esistente tra i cittadini e chi governa. Quella del leader deve essere per definizione una comunicazione efficace e costante, anche se istituzionale e rigorosa perché una non esclude l’altra.
Questa comunicazione istituzionale pragmatica ed essenziale adottata da Draghi, poi, è in assoluta controtendenza con la rivoluzione digitale che vive il Paese ormai da anni, con le logiche dei social network che sono ormai fra i primi strumenti di comunicazione dei cittadini di ogni target.
Draghi ha tutti gli strumenti per segnare una svolta per l’Italia, un salto di qualità in questo tragico momento che persiste da più di un anno ormai a causa della pandemia. Ma si apra al popolo, gli parli perché tanto spera in lui, in lui ha riposto più che una speranza. E usi i mezzi di comunicazione a cui tutti possono accedere grazie al digitale.