Zelido Pucci. Passo davanti alla sua abitazione in una mattina di sole che è a preannunciare una primavera precoce dopo un lungo inverno piovoso come non mai, Lui, Zelindo e li fuori al giardino a curare le sue piante, ad aiutarle a uscire dal lungo letargo.
Sicuramente gli parla, lo arguisco da alcuni suoi versi che avevo letto. L’immagine che ne traggo è di un uomo che esprime serenità, una gioia interiore, la parola ‘pace’ è quella che più si addice alla circostanza: una espressione che non si tratta di ciò che si ottiene dopo una guerra, bensì quel sentimento che è difficile trovare le parole per esprimerlo, talmente profondo che diventa gioia.
Mi fermo per salutarlo, scambiamo qualche parola, accenno alla poesia che avevo avuto modo di leggere e subito, con voce pacata, mi dice che quello che ho letto è solo una piccola parte di quella poesia, uno stralcio, manca la conclusione che dice tutto.
Conosco Zelindo da qualche anno, persona di grande intelletto, non sapevo di lui, la vena poetica che possiede, finché non mi è capitato di leggere quei pochi versi pubblicati sui social scritto nella dolce lingua gallurese. La dolcezza, la musicalità che ne deriva quando è usata in versi e, nel caso specifico, quando esprime quel purpuri di sentimenti che entrano dentro di te dopo aver esplorato l’animo umano.
Questo è lo Zelindo che ho trovato leggendo le poesie pubblicate nel suo volume “L’Anima canta Licèri”.
La dolcezza che trovi nella prima poesia che trovi in apertura della sezione “Puisii d’affettu” ‘Poesie d’affetto’ : Caminu d’amori, -Cammino d’amore-, dove narra ‘la dolorosa separazione dalla moglie’, si, il suo Amore non lo ha lasciato, un allontanamento solo apparente che gli ha dato quella grande sofferenza del distacco, il vuoto sembra incolmabile, una perdita che sembra non poter trovare rassegnazione, per rendersi conto che quell’amore continua a essere dentro di lui e conclude con gli ultimi versi che raccolgono lo stato di serenità che ha raggiunto.
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Ditimi ‘oi undi mi socu paldutu,
(ditemi voi dove mi sono perso)
Pa fammi agattà lu c’aggiu gudutu
(per farmi trovare quel che ho goduto)
In calche agnata ci sei di siguru,
(in qualche cantuccio sei di sicuro)
Chela cunfini, làccani, ne muro.
(Senza confini, ne muro.)
Ma d’impruisu un coru s’intendi
(Ma d’improvviso un coro si sente,)
ciòia e dulori abbracciati cantendi.
(gioia e dolore abbracciati cantando.)
Lu celi e la tarra cialdinu di fiòri,
(Il cielo e la terra giardino di fiori,)
la ‘ita e la molti paradiso d’amori.
(La vita e la morte paradiso d’amore.)
Malcata è la stritta chi c(i)’à fattu incuntrà
(Segnato è il vicolo che ci ha fatto incontrare)
Dui animi in una, cuntintesa d’amà!
(Due anime in una, contentezza d’amare!)
“NO TI POLTU PIU’ IN CORI
(“NON TI PORTO PIU’ NEL CUORE)
PALCHI’ SEI LU ME CORI”
(PERCHE’ SEI IL MIO CUORE”)
Quello che Zelindo Pucci ha pubblicato posso definirlo un compendio di sentimenti che maturano durante una piacevole lettura che ti porta ad immergerti in essi cercando di scoprirli dentro di te, tanto aderenti sono alla realtà della vita.
LUI porta a conoscenza se stesso, immergendosi nella lettura del suo libro, ognuno si trova alla ricerca di scoprire dentro di se quello che prova l’autore.
Grazie Zelindo per i tuoi versi che mi hanno aperto un nuovo modo di pensare, un nuovo modo di vedere la vita sapendo che se la si saprà apprezzare per quello che è, non avrà fine, ma solo traguardi da raggiungere.
Beppe Tusacciu