In diretta dal Teatro Comunale di Sassari (dove si svolgono le prove in vista delle riprese per la messa in onda dello spettacolo, in differita lunedì 19 aprile alle 21 su Videolina e in streaming su www.unionesarda.it e www.videolina.it) Fabio Troiano e Irene Ferri, Giulia Maulucci e Mattia Fabris racconteranno i rispettivi personaggi, ma anche i dettagli delle loro esperienze e le contraddizioni di una vita da artista in tempo di pandemia.
Viaggio dietro le quinte de “La camera azzurra” di Georges Simenon, in una conversazione informale e necessariamente “virtuale”, per approfondire i differenti aspetti di una mise en scène, i segreti dell’interpretazione e le riflessioni sul fascino e le difficoltà del mestiere dell’attore come sul rapporto fra teatro e società alle soglie del terzo millennio. Focus sulla pièce, tratta dall’omonimo romanzo dei uno dei maestri del giallo e del noir, nell’adattamento di Letizia Russo: un dramma moderno su una passione che sfocia nella tragedia e (forse) nel delitto, dove l’abbandono al piacere dei sensi prelude ad un amaro risveglio, in una rete di sospetti e insinuazioni, pettegolezzi, pregiudizi e paure sullo sfondo della placida (in apparenza) provincia francese.
I due protagonisti, un uomo e una donna, antichi compagni di scuola, si ritrovano, come per caso,o per fatalità, molti anni dopo, ormai sposati, e diventano amanti, infrangendo regole e convenzioni sociali: il duplice adulterio, consumato fra numerose ma probabilmente inutili precauzioni in una stanza d’albergo, emerge sull’onda dello scandalo, quando il gusto piccante del tradimento è ormai avvelenato dalle accuse, vere o infondate, che danno il via a un’inchiesta.
Un’indagine sugli ipotetici moventi, fa riaffiorare impulsi e desideri inconfessabili, responsabilità e sensi di colpa, in un raffinato gioco di specchi: “La camera azzurra” – produzione Nidodiragno/Coop CMC, per la regia di Serena Sinigaglia, con scenografia di Maria Spazzi e costumi di Erika Carretta, disegno luci di Alessandro Verazzi e scelte musicali di Sandra Zoccolan (anche assistente alla regia insieme con Giulia Dietrich) – ricostruisce la vicenda a ritroso, sul filo della memoria, finché la reiterazione delle domande e dei racconti confonde la mente, rende incerto il confine tra fantasia e realtà.
La stanza dai colori tenui, quasi un rimando all’infanzia, si trasforma nel simbolico tribunale in cui la liaison dangereuse viene analizzata nei dettagli, per ritrovare il filo di una vicenda per certi versi “banale”, come una qualsiasi avventura extraconiugale, che inaspettatamente si tinge di crudeltà e follia.
Nell’incontro con gli artisti Giorgio Testa – psicologo dell’età evolutiva e operatore teatrale, tra i massimi esperti nella formazione del pubblico e dei “mediatori” – metterà in evidenza i momenti più significativi e svelanti della costruzione drammaturgica, il rapporto fra il testo e la scrittura scenica, oltre ad analogie e differenza anche rispetto alla versione cinematografica del romanzo di Georges Simenon diretta e interpretata da Mathieu Amalric (presentata al Festival di Cannes nella sezione Un Certain Regard, ha ottenuto una candidatura al Premio César oltre a vari premi e nominations).
Nel segno del giallo e del noir – per questo nuovo appuntamento de “Il Fogarone”, il percorso di “educazione alla visione” a cura del CeDAC/ in collaborazione con la Casa dello Spettatore – nell’ambito di Legger_ezza 2021 – dove «come nell’antico rito di “su Comariu”, il teatro e la scuola saltano idealmente il fuoco tenendosi per mano con la promessa di sostenersi e rispettarsi reciprocamente».
Una serie di incontri – per il momento su Zoom, in attesa di poter riprendere le attività in presenza – per approfondire il rapporto fra teatro e scuola e il “mistero” della comicità.
La magia del teatro – un’arte antica alle origini della cultura occidentale – si confronta con la complessità dell’adolescenza e con lo sguardo puro dell’infanzia attraverso gli strumenti della didattica: la scuola è spesso il primo intermediario, accanto alla famiglia, dell’incontro dei giovani e giovanissimi con lo stupore e la meraviglia davanti al gioco della finzione che mette a nudo la verità.
L’incanto delle parole, dei suoni e delle immagini, il fascino della visione conducono i piccoli ma anche i ragazzi (così come gli adulti) nel regno del fantastico e del simbolico.
L’iniziazione al “rito” del teatro è un momento prezioso e delicato, può diventare la scintilla per un innamoramento, quasi un rito di passaggio verso la consapevolezza e la capacità di distinguere ciò che è reale da ciò che non lo è. La fruizione di uno spettacolo e ancor più l’interpretazione di un personaggio, in un diretto “corpo a corpo” con un testo che si materializza sulla scena, appartengono a una dimensione esperienziale, in cui sono coinvolti i sensi e la ragione.
La potenza espressiva delle arti della scena amplifica il messaggio e il linguaggio simbolico del teatro permette di rappresentare e dunque affrontare l’indicibile: il teatro nella polis come nella società contemporanea è il luogo del confronto e del dibattito sui temi scottanti e cruciali per la comunità.
«Un aspetto di grandissima importanza dell’attività di spettacolo dal vivo, e in particolare del teatro, è rappresentato dal rapporto che con esso hanno gli studenti a volte come spettatori, grazie alla mediazione dell’insegnante, e a volte come attori, nell’esperienza del fare teatro che la scuola offre loro» sottolinea nella presentazione Giorgio Testa, psicologo dell’età evolutiva e operatore teatrale, tra i massimi esperti sul rapporto fra educazione e teatro, che oggi attraverso la Casa dello Spettatore di Roma promuove percorsi di formazione del pubblico di ogni età.
«Come percepisce, oggi, il “rito” del teatro, un adolescente? Quali suggestioni possono nascere in una bimba di otto anni quando viene a trovarsi a tu per tu con una storia che si anima e respira accanto a lei, si consuma e si conclude in un tempo breve ma che al contempo è capace di farla viaggiare lontano?»: la “reazione” del pubblico è tra gli aspetti fondamentali di una mise en scène, specialmente se dedicata a fasce di età più vulnerabili e fragili, quando l’immaginario è ancora in formazione, nelle prime fasi della crescita e quando mente e corpo sono nel pieno della metamorfosi.
La responsabilità degli artisti nel proporre forme e contenuti adeguati, senza forzature e senza rinunciare alla ricerca estetica, al contrario elaborando una cifra espressiva e una grammatica della scena spesso raffinatissime e peculiari, anche in una chiave di ricercata “semplicità, è pari a quella degli insegnanti, mediatori e guide per i loro allievi nell’affascinante viaggio davanti e dietro le quinte.
In un’epoca tragicamente segnata dalla pandemia e dalla chiusura dei teatri, l’arte diventa quanto mai necessaria insieme all’esercizio del pensiero critico per rapportarsi con un presente e un futuro densi di incognite, dopo l’esperienza difficile e sofferta del lockdown.
Il ciclo di appuntamenti primaverili de “Il Fogarone” a cura del CeDAC in collaborazione con la Casa dello Spettatore, con il coordinamento e i preziosi insegnamenti di Giorgio Testa, punta a «tenere accesa la passione per il teatro» offrendo a docenti e operatori gli strumenti e le competenze per l’analisi di un’opera teatrale – da un punto di vista critico, sul piano estetico oltre che squisitamente “tematico” – ma anche gli elementi necessari per accompagnare i più giovani nella visione.
“Il Fogarone” comprende la visione di quattro spettacoli emblematici, inseriti nella programmazione del CeDAC Sardegna: “La Classe”, l’originale docupuppets per marionette e uomini di Fabiana Iacozzilli e CrAnPi e “Hashtag#15_18 – Azione: la corsa” (vincitore del T-Challenge 2019) a cura di Riverrun sul rapporto fra teatro e scuola e “Le allegre comari di Windsor” di William Shakespeare con la regia di Serena Sinigaglia e “Lucido” di Rafael Spregelburd, diretto da Jurij Ferrini, per indagare il “mistero” della comicità.
Una riflessione sulla drammaturgia contemporanea e sulla messa in scena di un testo teatrale, classico o moderno, ma comunque capace di parlare alle giovani generazioni, di offrire loro interessanti spunti di riflessione sulla realtà che li circonda come sul mondo interiore, attraverso tecniche differenti – dalla recitazione al teatro di figura, fino all’esperienza diretta degli allievi-attori sul palco: quattro pièces per raccontare “dall’interno” e con le parole dei protagonisti il mondo della scuola, in un curioso gioco metateatrale e esplorare i meccanismi del comico e il potere catartico della risata.
“Il Fogarone” fa parte di un pluriennale percorso di diffusione della cultura teatrale e formazione degli operatori e del pubblico promosso dal CeDAC/ Circuito Multidisciplinare dello Spettacolo dal Vivo in Sardegna nell’ambito del progetto Legger_ezza 2021, con il patrocinio e il sostegno del MiC/ Ministero della Cultura e dell’Assessorato della Pubblica Istruzione, Beni Culturali, Informazione, Spettacolo e Sport della Regione Autonoma della Sardegna e con il contributo della Fondazione di Sardegna.
I PROTAGONISTI
Fabio Troiano, attore di teatro e cinema, sceneggiatore e pure conduttore televisivo, formatosi alla Scuola di Recitazione dello Stabile di Torino diretta da Luca Ronconi, diretto da registi come Mauro Avogadro, Marco Plini, Giancarlo Cobelli e Dominique Pitoiset, volto noto del piccolo schermo dalla Melevisione a fiction e serie tv, da La squadra e Centoverine a RIS e Squadra Antimafia (vincitore del Premio Salvo Randone come migliore attore nel 2003). Al cinema dopo “L’uomo della fortuna” di Silvia Saraceno, “Santa Maradona” e “A/R Andata + Ritorno” di Marco Ponti, “Dopo mezzanotte” e “Tutta colpa di Giuda” di Davide Ferrario, interpreta l’anarchico “Passannante” nell’omonimo film di Sergio Colabona, poi nel cast di “Giorni e nuvole” e “Cosa voglio di più” di Silvio Soldini, fino ai recenti “Stato di ebbrezza” di Luca Biglione e “Nati 2 volte” di Pierluigi Di Lallo, ritorna nell’Isola dopo la tournée con “Lampedusa” di Anders Lustgarten (produzione BAM Teatro) che l’ha visto co-protagonista in scena insieme con Donatella Finocchiaro.
Irene Ferri – attrice e conduttrice televisiva (miglior interprete femminile al Roma Fiction Fest 2011 per La Nuova Squadra – Spaccanapoli), formatasi al Centro Sperimentale di Cinematografia, dopo il cortometraggio “Assunta” di Eros Puglielli, prosegue la sua carriera tra cinema e televisione, dove aveva esordito in programmi come A Tutto Disney e Solletico. Nel cast di “Marianna Ucrìa” di Roberto Faenza e “Milonga” di Emidio Greco, spazia tra commedie leggere e opere più impegnate, da “Cronaca di un amore violato” di Giacomo Battiato a “Giorni Dispari” di Dominick Tambasco; capo amazzone in “Fascisti su Marte” di Corrado Guzzanti e Igor Skofic, è Alice in “Il giorno in più” di Massimo Venier. Sul piccolo schermo ne “La strada segreta” e “Questa casa non è un albergo”, “Le ragioni del cuore”, “Sospetti 2” e “Grandi domani”; è Rosa Salerno in “Tutti pazzi per amore”, e ancora nel cast di “Sorelle” e “Pezzi unici” con la regia di Cinzia TH Torrini.
Gulia Maulucci – attrice di teatro e cinema, diplomata alla Scuola d’Arte Drammatica “Paolo Grassi” di Milano, diretta da Dacia Maraini in “Per proteggerti meglio figlia mia” e “Per Giulia”, ha interpretato “Dignità autonome di prostituzione” con la regia di Luciano Melchionna, “Idoli” e “Robe dell’altro mondo” di Carrozzeria Orfeo, “The Dubliners”, da James Joyce, con la regia di Giancarlo Sepe e “ Yerma” di Federico Garcia Lorca, con adattamento e regia di Gianluca Merolli. A seguire “Metropolis” a cura di Giampiero Solari, “Comizi d’amore” e “ La grande età” di Kepler-452, “Una classica storia d’amore eterosessuale” di Domesticalchimia e Campoteatrale e “Modern Family 1.0” de Le Brugole e ATIR, e ora la tournée con la storia in noir di Simenon. Sul grande schermo, nel cast di “Bella Addormentata” di Marco Bellocchio e “La grande bellezza” di Paolo Sorrentino e in tv tra “Squadra Mobile” e “Il paradiso delle Signore”, fino a “Oltre la soglia” di Riccardo Mosca, oltre a diversi videoclip – “ Per tutta la vita” di Noemi, “Undici” di Shel Shapiro e “Terra degli uomini”, cantata da Jovanotti
Mattia Fabris – diplomato all’Accademia d’Arte Drammatica “Paolo Grassi” (1996), in teatro è stato diretto da Gigi Dall’Aglio (“terrore e miseria del terzo reich” – 1996), Gabriele Vacis (“La rosa tatuata” – 1997 e “Vocazione” – 2004), Bob Wilson – 1997, Cristina Pezzoli (La fine di Shawuot 2008-2009) Nel 1997 entra a far parte come socio fondatore della compagnia teatrale ATIR, con la quale partecipa a diversi spettacoli, da “Romeo e Giulietta” di William Shakespeare alle “Baccanti” da Euripide, “come un Cammello in una grondaia” tratto da “lettere di condannati a morte della Resistenza Europea” di Malvezzi e Pirelli, “where is the wonderfull life” di Renata Ciaravino, “Lear- ovvero tutto su mio padre”, da William Shakespeare, “Troiane” di Euripide e “1989”, sempre per la regia di Serena Sinigaglia.