Ferentino: il 30 maggio, visita alla Domus Romana
“Ritorna a Ferentino la copia dell’Epigrafe del Senato di Ferentino del 101 d.C. dedicata al Magistrato Romano Tito Pomponio Basso. Il Senato di Ferentino inviò, nel 101 d.C., al Magistrato Tito Pomponio Basso, il “Bronzo” per essere custodito nella sua abitazione romana sul colle Quirinale. Nell’anno 1558 venne rinvenuto il “bronzo” ancora fissato su un pilastro.
L’iscrizione ha fatto parte successivamente della collezione dei Capranica e quindi acquistata dalla famiglia dei Medici di Firenze.
Acquisita dallo Stato Italiano, l’originale e significativa epigrafe si trova al Museo Archeologico di Firenze. La copia di questa importante testimonianza ora ritorna a Ferentino”. Lo ha annunciato Antonio Ribezzo, Presidente di Archeoclub d’Italia sede di Ferentino.
“L’incisione epigrafica reca il decreto di nomina di Tito Pomponio Basso a patrono della città di Ferentino ha una storia significativa e importante. Nella tarda età repubblicana si formò il patronato dei municipi. Intere regioni e provincie si procurarono un Patrono al fine di appoggiare e difendere nel Senato di Roma e nei comizi, gli interessi futuri e le cause dei cittadini. Anche Ferentino ebbe il suo patrono in Tito Pomponio Basso.
Vigeva il sistema dei “Clienti e Patroni” ove i primi si mettevano al servizio di persone ricche ed autorevoli (i Patroni, appunto) – ha proseguito Ribezzo – per avere assistenza in denaro e protezione in cambio di servizi e appoggi nelle campagne elettorali.
L’epigrafe testimonia anche che già nel I sec. d.C. era già in funzione una Curia Senatoriale a Ferentino”.
La ricerca di Archeoclub d’Italia di Ferentino e il programma alimentare di Traiano
“Archeoclub Ferentino ha voluto effettuare un’ampia ricerca sull’epigrafe al fine di approfondirne i contenuti.
Essa è infatti portatrice di un più ampio significato a testimonianza di un evento che è alla base di una delle attività che l’Imperatore Traiano pose in essere subito dopo il suo insediamento: l’aeternitas italie e i pueri alimentari.
Traiano portò avanti un complesso programma alimentare a favore delle città dell’Italia con il preciso fine di incentivare l’attenzione su due aspetti: coinvolgere i proprietari dei fondi, intervenire in modo assistenziale verso i “fanciulli” dei municipi italici. L’ambizioso programma – ha proseguito Ribezzo – aveva anche lo scopo di mettere a fuoco altre questioni connesse, come: i meccanismi di funzionamento dell’erogazione dei fondi ai proprietari terrieri, l’organizzazione burocratica degli “alimenta”, l’estensione del programma alimentare, la sorte dello stesso sotto gli imperatori successivi.
Uno dei documenti più importanti a questo riguardo, e da sempre al centro dell’attenzione degli studiosi, è il decreto con il quale il Senato di Ferentino ha voluto onorare nel corso della seduta tenutasi il 19 ottobre del 101 d.C. Tito Pomponio Basso: uno, se non il primo con tutta probabilità, dei committenti preposti da Traiano all’organizzazione degli “alimenta” (ciò è anche menzionato nella Tabula di Veleia”).
Tito Pomponio Basso ha dato attuazione in modo brillante al provvedimento di Traiano relativo agli alimenta e il testo dell’epigrafe indica il motivo di tanto onore espresso al magistrato sottolineando che l’imperatore indulgentissimo “ha provveduto (a salvaguardare o a garantire) l’eternità dell’Italia sua”.
Siamo dinanzi a un documento unico, importante. Confrontando il testo dell’epigrafe, della quale oggi celebriamo il “ritorno a casa”, con il documento numismatico, appare con evidenza come il decreto ferentinate è stato attento a riprendere, per questo particolare, i termini della propaganda ufficiale.
Vi sono due temi importanti da rilevare, “aeternitas” e l’appellativo di “sua”, di cui è correlata l’Italia nel decreto di Ferentino, che ci fa capire come il tema dell’italianità dell’imperatore abbia fatto la sua comparsa molto presto, e cioè proprio agli inizi del regno. Infatti Traiano mise piede a Roma non prima della primavera o dell’estate del 99 d.C. e il decreto del Senato Ferentinate è dell’ottobre del 101 d.C”.
Dunque con questo programma alimentare l’Imperatore diede futuro alle nuove generazioni.
“Con il programma alimentare, l’imperatore ha provveduto a dare un futuro ai bambini, che saranno gli uomini di domani, ha voluto garantire il continuo succedersi delle generazioni – ha continuato Ribezzo – ha dato stabilità demografica e, in definitiva, ha fornito “aeternitas” all’Italia.
Gli “alimenta” di Traiano, è questo il messaggio finale, intervengono quindi a ripristinare un circuito virtuoso che garantisce la stabiltà demografica dell’Italia assicurando alla stessa il regolare cammino verso il futuro. A Ferentino vedremo anche l’epoca imperiale di Traiano ma in un unico Press Tour saranno concentrate più epoche storiche”.
La visita alla Domus Romana
E il 30 maggio, con un meraviglioso Press Tour, la stampa entrerà nella Domus Romana di Ferentino, la città-laboratorio della rinascenza alla quale è stata riconosciuta l’approvazione di uno dei più importanti e imponenti progetti di restauro post-covid: il Teatro Romano che la stampa vedrà durante l’Educational. Il progetto di restauro del Teatro Romano di Ferentino è tra i 5 progetti approvati a livello nazionale.
“Il 30 Maggio entreremo nella Domus Romana – ha continuato Ribezzo – e si tratterà di un’esperienza unica. Rinvenuta tra il piano terra e le fondamenta del medioevale Palazzo Comunale; con la sua struttura rimaneggiata nel corso dei secoli, la Domus Romana si affaccia oggi sulla Via Consolare di fronte la vasta e panoramica Piazza Mazzini. Alla luce pavimenti musivi bianco-neri, resti di muri divisori degli ambienti domestici, l’impluvium di un atrio, lacerti di intonaci affrescati. È dunque una Domus Romana di epoca repubblicana. Resti di pavimento in mosaico bianco con tessere minute sono visibili a circa un metro di profondità rispetto al livello del pavimento attuale.
In questa Domus privata, datata II sec. d.C., sono state individuate anche fasi edilizie più antiche di epoca sia repubblicana che arcaica (VI sec. a.C.). Così il Palazzo Consolare si presenta come esempio unitario di continuità insediativa nell’ambito del tessuto storico e urbanistico della città. Ammieremo l’Atrio con tracce di mosaico pavimentale – tessere bianche e nere; due vasche per l’impluvium.
A Ferentino, con la stampa, entreremo in un vero laboratorio della rinascenza post covid, in grado di trasformare in realtà quanto stabilito dal Recovery plann per i Beni Culturali. Un luogo periferico che ridiventa rinascenza”.
Dunque un Museo diffuso, un ecomuseo da vedere, filmare, amare. Un punto di ripartenza per l’Italia: ben 26 siti archeologici di epoche diverse!
E ci sono le Mura Poligonali da vedere, risalenti a 1000 anni prima di Roma
“Tra le più importanti testimonianze archeologiche di Ferentino è da notare il possente circuito murario che si snoda lungo un percorso di circa 2,4 km ed è da sempre legato alla terminologia dei mitici Pelasgi (civiltà fiorita quasi 1000 anni prima di Roma) o Ciclopi per le enormi dimensioni dei massi.
Imponenti nel loro avvincente aspetto, le mura ciclopiche o pelasgiche destano meraviglia e perplessità riguardo alla loro origine. Costruite con una pietra chiamata calcare dell’Appennino, biancastra, scabrosa, poco duttile allo scalpello, nota agli antichi con il nome di silex – ha affermato Antonio Ribezzo – le mura sono addossate al taglio del colle e presentano massi squadrati poco rifiniti in superficie e legati tra loro mediante tasselli di schegge usati per riempire gli interstizi. Nella suddetta cinta muraria si possono distinguere tecniche varie: poligonale di differenti maniere e opera pseudo-isodoma (impiego di blocchi parallelepipedi di dimensioni non costanti, cosicché il loro assestamento avviene sempre per linee orizzontali, ma secondo piani spezzati); nella parte inferiore i massi sono incastrati tra loro senza malta (IV sec. a.C); nella fascia mediana i massi sono più regolari (opera quadrata del II sec. a.C); la terza fascia, invece, risale al periodo medievale.
È noto fin dall’antichità che, sia in Grecia sia in Italia, si preferiva di solito fondare la città sulla sommità di una collina rocciosa che da tutti i lati scendesse a picco fuorché da uno; tracciata, dunque, la linea delle mura tanto al di sotto della cima, si tagliava nella roccia il piano di fondazione sul quale si disponevano i primi grossi blocchi che venivano tagliati in modo che i vari lati del poligono combaciassero tanto perfettamente da non lasciare interstizi. Livellata la prima fila di blocchi, si formava allo stesso modo la seconda e via via le altre fino a raggiungere l’altezza voluta.
La collina terminava, talvolta, come ad Alatri, in una seconda vetta centrale più piccola ma più alta di quella, su cui veniva fondata la città, quindi la rocca o cittadella: tutto questo a scopo di difesa, come d’altronde anche la maggior parte delle porte che si aprono sullo stesso tracciato murario.
A partire dal Medioevo si è provveduto a un restauro con sopraelevazione delle mura stesse e integrazione di tratti andati in rovina con l’aggiunta anche di torri per migliori scopi difensivi. Infatti, in un muro di fortificazione, il paramento esterno deve essere più liscio e curato di quello interno per impedire un’eventuale arrampicata nemica e perché una superficie priva di appigli è anche meno lesionabile”.
Ma Ferentino sarà un viaggio continuo in più epoche. Ad esempio, durante il Press Tour del 30 maggio, si ammirerà il Ponte Sereno. Il ponte è datato 260 d.C o forse di origine ancora più antica. È costituito da otto archi a tutto sesto con raggio di curvatura molto ampio. Le basi dei pilastri sono in opera poligonale. Probabile ponte di collegamento tra Ferentino, Fumone e Alatri.
C’ è a Ferentino un raro e significativo esempio di grangia urbana cistercense
La struttura architettonica di questa Grangia di Ferentino, unita alle testimonianze documentarie precedentemente citate, relative alla presenza di una grangia di Casamari a Ferentino, ci porta a indicare nella costruzione fin qui esaminata un raro e significativo esempio di grangia urbana cistercense.
Assai calzante sembra, infatti, il parallelo con la grangia cistercense di Jouy. Tutte le caratteristiche architettoniche analizzate e che illustreremo ci portano a un risultato sorprendente: quella di Ferentino è una rara e significativa testimonianza, esempio unico di grangia urbana cirstercense.
Entreremo in questi ambienti unici risalenti al XII sec. e sulla Grangia Urbana, Archeoclub d’Italia ha avviato un’accurata ricerca.
“L’analisi storico-artistica che abbiamo fatto della chiesa di Santa Maria Maggiore, a Ferentino, ha messo in rilievo alcuni episodi che costituiscono il punto d’avvio di questa parte della ricerca.
Lo stanziamento dell’ordine cistercense in Ferentino è strettamente collegato alla storia dell’Abbazia di Casamari – ha dichiarato Antonio Ribezzo – che, secondo alcuni documenti, vi possedeva una grangia.
Il carattere dell’edilizia pubblica e privata ferentinate, nel corso del Duecento, appare infatti profondamente improntato da quello straordinario fenomeno culturale che segnò tutta l’Europa tra XII e XIII secolo ramificandosi velocemente, ma con singolare unità stilistica, dai centri della Borgogna, dove, alle soglie del XII secolo, aveva avuto origine,
Proprio la presenza in città di una Struttura come una grangia offre un interessante fondamento alla lettura in chiave strettamente cistercense dell’architettura duecentesca ferentinate. La grangia è infatti uno dei punti più interessanti dell’attività dell’ordine cistercense; con questo nome vengono designate le strutture che si disponevano intorno a un’abbazia per lo sfruttamento del territorio.
Abbastanza note per la Francia da un punto di vista storico, esse costituiscono un tema pressoché sconosciuto per la storia e per l’arte italiana,
La grangia propriamente detta era costituita in genere da un edificio a pianta rettangolare o suddiviso in vari ambienti quadrangolari, spesso coperti da volte a crociera su pilastri, come avviene a Fontenay, Jouy e Preuillyt, oppure scandito in tre navate da pilastri come è il caso, ad esempio, della grangia di Vaulerent dipendente dall’abbazia di Châalis.
La notizia delle cronache di Casamari sull’esistenza in Ferentino di una grangia apparsa fin dall’inizio estremamente importante, soprattutto in relazione a quella serie di costruzioni, disposte lungo la via dello Ierone, i cui caratteri e le cui tracce interne apparivano molto significative. Scopo di questa ricerca è stato quello di dare, se possibile, corpo a un’ipotesi o meglio di riunire, sempre se possibile, i vari elementi in una struttura unitaria. Su questo monumento stiamo conducendo studi molto particolareggiati. Infatti è esattamente ricostruibile il tracciato di un vasto edificio rettangolare a due piani e la cui forma è perfettamente coincidente con quanto a noi noto sulla struttura delle grange francesi, inglesi, belghe e tedesche”.
Esempio unico in Europa!
“Per la prima volta in Italia si è tentato lo studio di una struttura di questo tipo, il cui recupero, al di sotto delle costruzioni successive, costituisce il punto di partenza per un’analisi più vasta sugli edifici collegati allo sfruttamento agricolo – ha concluso Ribezzo – e industriale dei Cistercensi. E Archeoclub d’Italia sta approfondendo gli studi.
La zona a Nordovest della chiesa, compresa fra le vie Cavour, Torri di Porta Sanguinaria e Sabina, presenta un singolare impianto quadrangolare e numerosi inserti di strutture medioevali. Si è ritenuto, quindi, utile procedere al rilievo e alla schedatura di tutti quegli elementi che nell’area considerata presentassero caratteristiche tipologiche riferibili a quel periodo, tra la fine del dodicesimo e il tredicesimo secolo, che segnò una grande crescita urbana dei centri laziali e nella quale, soprattutto in un primo momento e specie nel caso di Ferentino, l’attività dell’ordine cistercense fu determinante.
In effetti il lavoro di schedatura ha rivelato non solo la presenza di una fitta trama di testimonianze dell’assetto medioevale della zona ma anche gli elementi necessari per la ricostruzione di un edificio monastico dalla tipologia fortemente analoga a quella delle cosiddette grange.
La zona che ci ha interessato particolarmente comprende quel gruppo di edifici che affacciano da un lato su Via Cavour e dall’altro su quell’area quadrangolare, abbastanza vasta e sistemata a orti, che rappresenta il nucleo centrale della zona da noi considerata. Prendendo le mosse da Piazza dell’Ospizio e imboccata Via Cavour in direzione dell’incrocio con Via di Torri di Porta Sanguinaria, è possibile notare su entrambi i lati della strada, le condizioni estremamente rimaneggiate degli edifici che specie per quanto riguarda le strutture esterne sono assai difficilmente leggibili.
Dunque tanti luoghi che fanno di Ferentino un ecomuseo a cielo aperto da visitare con un buon turismo all’aria aperta e le condizioni ci sono tutte”.