Il Recovery Plan di Draghi ha un “gusto di futuro” per gli italiani
È stato finalmente presentato anche alle Camere il nuovo PNRR del governo Draghi e entro il prossimo 30 aprile sarà inviato formalmente a Bruxelles. Dopo un duro lavoro, in tempi peraltro strettissimi, c’è stata la quadra anche attorno alla strategia, alla nuova narrativa ed alle modalità di implementazione (Obiettivi, milestone, target, etc.). È un piano di investimenti ambizioso quello che l’Italia si appresta ad inviare in Europa. Ma non solo. Parallele viaggiano numerose riforme, senza le quali, gli investimenti rischiano di non portare frutti nel medio lungo periodo. Si tratta di uno strumento che mette in campo risorse finanziarie ingenti finalizzate ad accelerare la ripresa economica, rispondendo in modo, speriamo efficace, alla crisi pandemica provocata dal Covid-19.
Il PNRR italiano si inserisce all’interno del programma Next Generation EU (NGEU), che prevede per tutti i Paesi un totale di 750 miliardi di euro.
All’Italia spettano 191,5 miliardi di euro, finanziati attraverso lo strumento chiave del NGEU: il Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza.
A questi si aggiungono ulteriori 30,6 miliardi che sono parte di un Fondo complementare, finanziato attraverso lo scostamento pluriennale di bilancio che è stato approvato nel Consiglio dei ministri del 15 aprile scorso. Pertanto, abbiamo a disposizione una disponibilità totale di 222,1 miliardi di euro.
Mai abbiamo avuto a disposizione così tante risorse finanziarie da spendere in un tempo così ristretto (2021-2026) e con modalità di “messa a terra” (attuazione) che devono seguire precise indicazioni che noi stessi, come Paese, abbiamo scritto “nero su bianco” e consegnato all’Europa nella fase di progettazione e interlocuzione. Infatti, se da un lato il piano complessivo offre una visione di sintesi, strategica e narrativa del cosa si vuole fare, del “come” e dal “quando” (i tempi di massima di realizzazione degli interventi), occorre considerare che il “back office del piano” prevede azioni di dettaglio di ogni singola fase e per ogni singolo progetto, sia esso di investimento o di riforma, con una scansione davvero rigorosa dei tempi e molto severa relativamente ai “deliverable” (prodotti) che devono essere raggiunti.
Quindi, non si può non concordare con Draghi quando dice che bisogna avere “il gusto del futuro” parlando del PNRR. Sono parole queste che hanno un significato intenso, che mirano a scuotere l’intero Paese: da un lato le pubbliche amministrazioni e i dipendenti pubblici che dovranno “abilitare” e mettere in campo le azioni previste dal Piano, dall’altro il tessuto imprenditoriale, che in molti casi e su diverse linee di azione, dovrà assicurare la realizzazione di progetti, molti dei quali ad elevata complessità. In questo senso, “il gusto di futuro” è quasi un voler far riflettere ciascuno di noi a riscoprire quel senso di appartenenza al nostro Paese, che va ben oltre le ideologie politiche e che mira a unire, più che dividere, rafforzando quel concetto di coesione sociale e favorendo quei progetti con impatto a carattere “strutturale”, che possano essere moltiplicatori di valore economico nel tempo, anche adottando paradigmi diversi di partnership rafforzate pubblico-privato, riducendo, al contempo, la corruzione e tutti i suoi effetti negativi su crescita, innovazione, qualità e competenze.
Proprio perché il piano vuole avere un “carattere strutturale”, esso include un numero consistente di riforme, certamente quasi scontate per gli addetti ai lavori, ma che rappresentano invece il bisogno di realizzare solide fondamenta su cui far poggiare tutti gli investimenti.
Si tratta di riforme da adottare negli ambiti della:
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pubblica amministrazione (favorire il ricambio generazionale, valorizzare il capitale umano e professionale, attuare la digitalizzazione, realizzare la piattaforma unica di reclutamento, erogare corsi di formazione per il personale e rafforzare e monitorare la capacità amministrativa);
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giustizia (ridurre la durata dei processi ed il peso degli arretrati giudiziari, rivedere il quadro normativo e procedurale aumentando il ricorso a procedure di mediazione e interventi di semplificazione sui diversi gradi del processo);
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semplificazione normativa (semplificare la concessione di permessi e autorizzazioni, garantire attuazione e massimo impatto degli investimenti attraverso interventi sul codice degli appalti);
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concorrenza (rafforzare la coesione sociale e sviluppare la crescita economica).
È un Piano che ha come principali beneficiari le donne, i giovani e il SUD e vuole contribuire a favorire l’inclusione sociale e a ridurre i divari tra i territori.
Il digitale assorbe il 27% delle risorse mentre il 40 % è dedicato agli investimenti per il contrasto al cambiamento climatico e dunque a favore della transizione ecologica, più del 10% sono indirizzati verso un tema estremamente importante in questo momento di crisi economica: la coesione sociale.
Il estrema sintesi, il Piano è articolato lungo le seguenti sei missioni:
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“Digitalizzazione, Innovazione, Competitività, Cultura” (49,2 miliardi – di cui 40,7 miliardi dal Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza e 8,5 miliardi dal Fondo). I suoi obiettivi sono promuovere la trasformazione digitale del Paese, sostenere l’innovazione del sistema produttivo, e investire in due settori chiave per l’Italia, turismo e cultura.
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“Rivoluzione Verde e Transizione Ecologica”, (68,6 miliardi – di cui 59,3 miliardi dal Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza e 9,3 miliardi dal Fondo). I suoi obiettivi sono migliorare la sostenibilità e la resilienza del sistema economico e assicurare una transizione ambientale equa e inclusiva.
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“Infrastrutture per una Mobilità Sostenibile”(31,4 miliardi – di cui 25,1 miliardi dal Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza e 6,3 miliardi dal Fondo). Il suo obiettivo principale è lo sviluppo razionale di un’infrastruttura di trasporto moderna, sostenibile e estesa a tutte le aree del Paese (Alta velocità, potenziamento linee ferroviarie regionali, sistema portuale e digitalizzazione catena logistica.
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“Istruzione e Ricerca”(31,9 miliardi di euro – di cui 30,9 miliardi dal Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza e 1 miliardo dal Fondo). Il suo obiettivo è rafforzare il sistema educativo (Asili nido, scuole materne, servizi di educazione e cura per l’infanzia, edilizia scolastica), le competenze digitali STEM, la ricerca e il trasferimento tecnologico. Inoltre, è prevista una riforma dell’orientamento, dei programmi di dottorato e dei corsi di laurea. Si punta sui percorsi professionalizzanti post diploma degli Istituti tecnici superiori (da non confondere con gli istituti tecnici e professionali) e si rafforza la filiera della ricerca e del trasferimento tecnologico.
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“Inclusione e Coesione”(22,4 miliardi – di cui 19,8 miliardi dal Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza e 2,6 miliardi dal Fondo). Il suo obiettivo è facilitare la partecipazione al mercato del lavoro, anche attraverso la formazione, rafforzare le politiche attive del lavoro e favorire l’inclusione sociale (centri per l’impiego, imprenditorialità femminile, servizi sociali ed ed interventi per le vulnerabilità, etc.).
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Salute”( 18,5 miliardi, di cui 15,6 miliardi dal Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza e 2,9 miliardi dal Fondo). Il suo obiettivo è rafforzare la prevenzione e i servizi sanitari sul territorio, modernizzare e digitalizzare il sistema sanitario e garantire equità di accesso alle cure (assistenza di prossimità diffusa sul territorio, case e ospedali di comunità, incremento assistenza domiciliare, telemedicina e assistenza remota, attrezzature nuove per diagnosi e cura, etc). Il Piano rafforza l’infrastruttura tecnologica per la raccolta, l’elaborazione e l’analisi dei dati, inclusa la diffusione del Fascicolo Sanitario Elettronico.
Per ciò che concerne la governance è prevista una responsabilità diretta dei ministeri e delle amministrazioni territoriali per la realizzazione degli investimenti e delle riforme secondo le scadenze previste mentre il Ministero dell’economia e delle finanze, attraverso un apposito sistema, avrà il compito di monitorare e controllare costantemente l’attuazione delle riforme e degli investimenti e funge da unico punto di contatto con la Commissione Europea.
Le premesse per fare bene ci sono tutte, occorre a questo punto augurarci buona fortuna e che “il gusto di futuro” abiliti entusiasmo e intelligenza collettiva tali da assicurare una piena attuazione ai tanti e importanti progetti che non senza fatica e ricercato consenso sono stati programmati.