Lavoro, come funziona la mobilità nel pubblico impiego
I dipendenti che lavorano presso una pubblica amministrazione e intendono cambiare sede di lavoro possono usufruire di un meccanismo denominato “mobilità”.
Esso consiste, sostanzialmente, nella possibilità di trasferire un lavoratore, sia all’interno della stessa amministrazione oppure presso un altro ente. La procedura viene implementata in diversi modi e può concretizzarsi solo al verificarsi di determinate condizioni: in questo articolo, vedremo quali sono le diverse modalità disponibili per usufruire della mobilità nel pubblico impiego.Cos’è la mobilità
In linea di massima, si definisce mobilità quel meccanismo utilizzato dagli enti della pubblica amministrazione per trasferire i propri dipendenti da e verso altre sedi o altri enti pubblici. Questo tipo di procedura viene attivata quando, ad esempio, è necessario ricollocare il personale, per motivi di natura economica o di gestione dell’organico interno.
In altre parole, se – ad esempio – un ente pubblico registra un sovrannumero di personale, e non può pensionare anticipatamente i dipendenti in sovrannumero, attiva il meccanismo di mobilità, dopo aver valutato l’eventuale capacità assuntiva dell’ente di destinazione. La ricollocazione del lavoratore dipendente avviene solo a determinate condizioni, ovvero se l’impiego di destinazione implica la stessa retribuzione, le stesse mansioni o gli stessi requisiti professionali.
In aggiunta, possono essere gli stessi dipendenti a sondare la possibilità di colleghi o figure affini all’interno dell’ente pubblico presso il quale vogliono trasferirsi. In tal caso, è necessario trovare una perfetta corrispondenza tra le reciproche destinazioni desiderate.
Molto spesso, chi è alla ricerca di posizioni aperte per questo tipo di mobilità – nota anche come ‘cambio compensativo’ – pubblica un annuncio specifico, indicando il proprio inquadramento professionale, su di un portale specializzato.
I diversi tipi di mobilità pubblica
Come già accennato, esistono diverse tipologie di mobilità. A determinare la differenza tra le varie forme del meccanismo è il tipo di trasferimento e le modalità di implementazione dello stesso. In base a quanto evidenziato anche dalla guida specializzata consultabile su concorsipubblici.com, esistono le seguenti opzioni per la mobilità nel pubblico impiego:
- pubblica
- volontaria.
Nel primo caso, è l’ente pubblico ad attivare il meccanismo per il trasferimento o la ricollocazione di personale interno al proprio organico. Ciò avviene secondo quanto stabilito dal Decreto Legislativo 30 marzo 2001, n. 165, che costituisce il principale riferimento normativo in materia.
In sostanza, la pubblica amministrazione che ha bisogno di integrare o snellire il proprio personale dipendente, ricorre alla mobilità per trasferire (in entrata o in uscita) un certo numero di lavoratori, in base alle proprie esigenze ed alla capacità di assunzione di un eventuale ente di destinazione.
Qualora la mobilità serva a ricoprire posizioni lavorative vacanti, la pubblica amministrazione indice un bando di concorso per selezionare i candidati da inserire in organico; la procedura di selezione, in genere, è per titoli e colloquio, ed è propedeutica alla formazione di una graduatoria di merito per mezzo della quale vengono individuati i candidati idonei.
La mobilità pubblica può essere temporanea o permanente, a seconda della durata del periodo di trasferimento; in aggiunta, può essere interna o esterna alla medesima amministrazione: in altre parole, un dipendente può essere ricollocato sia nell’ambito di uno stesso ente (magari presso una divisione o un dipartimento con sede differente) oppure presso una differente amministrazione pubblica, in un ruolo e in una posizione analoga.
La mobilità volontaria, invece, funziona in modo differente; questa procedura, nota anche come “cambio compensativo” è realizzabile solo quando due richieste di trasferimento coincidono. In sintesi, è necessario che presso due enti differenti vi siano due lavoratori (inquadrati in maniera analoga o compatibile) i quali manifestano l’intenzione di effettuare uno scambio.
Esempio: presso l’ospedale A c’è un dipendente che vuole trasferirsi presso l’ospedale B (di un’altra provincia o regione); ciò è possibile solo se presso l’ospedale B c’è un altro lavoratore che faccia richiesta di mobilità presso l’ospedale A.