PSR e fondi della transizione: sulla ripartizione deciderà Patuanelli
Per i finanziamenti dei bandi del PSR Sardegna bisognerà aspettare la decisione del ministro delle Politiche Agricole – Stefano Patuanelli – sulla ripartizione dei fondi Feasr per il biennio di transizione 2020-2021; com’è noto, ad oggi è rimasto tutto congelato.
Per dare attuazione a quanto già previsto e concordato con il tavolo della governance, si attende l’atto definitivo con cui verranno assegnate le risorse aggiuntive del Feasr 2020-21 e quelle del Recovery Fund ai piani di sviluppo regionali, che sono stati prorogati dalla UE di due anni con il regolamento sul periodo transitorio.
La discussione sulle quote di ripartizione dei fondi Feasr destinati al secondo pilastro, fatta martedi 23 marzo in Commissione Stato-Regioni, non ha portato a nulla: impossibile trovare una soluzione che mettesse tutti d’accordo.
Troppo ampia la distanza di posizione tra la coalizione del Nord-Centro (a cui ha aderito la Sardegna) e quella del Mezzogiorno a cui si era aggregata anche l’Umbria. Troppo differenti le impostazioni per potere trovare un terreno comune di confronto.
Da una parte lo ricordiamo, le regioni del Nord, secondo cui i fondi del biennio di transizione dovrebbero essere distribuiti non più sulla base dei parametri utilizzati per la programmazione 2014-2020 ma adottando un nuovo indice alla cui formazione dovrebbero contribuire 5 parametri con ponderazione diversa:
- il valore della Plv, secondo i dati Istat del triennio 2015-2017 (ponderazione del 15%);
- il valore della Sau, secondo i dati Istat 2016 inciderebbe per 25%;
- il numero delle aziende agricole, sempre secondo il rapporto Istat 2016, con ponderazione pari al 25%;
- la superficie forestale, secondo Ifn 2016 con ponderazione al 25%;
- la popolazione nelle aree rurali C e D che peserebbe sulla formazione dell’indice di riparto per il 10%.
In netta contrapposizione le regioni del Sud – Sicilia, Calabria, Basilicata, Campania, Puglia e Umbria – che sostengono invece il mantenimento dei criteri storici. Posizione che viene motivata così: si tratta di una prosecuzione di programmi già avviati e poi i criteri storici tengono conto del divario di sviluppo tra le regioni.
Deciderà dunque Patuanelli, che probabilmente userà qualche merce di scambio che non è ancora sul tavolo della Commissione Stato-Regioni. Non è escluso, infatti, che possa cedere sulle rese massime dei vigneti non a Doc o Igt – la cui recente riduzione da 5 a 3 tonnellate per ettaro ha scontentato parecchio gli emiliani, che chiedono di tornare alle vecchie regole.
Una cosa è certa: l’impasse in cui è rimasta bloccata in questa occasione la Commissione ne ha messo in dubbio l’efficacia nella conciliazione degli interessi – a volte contrastanti – delle regioni.
Ma c’è di più: chi si aspettava di ottenere la revisione dei criteri di ripartizione non solo dovrà aspettare ancora, ma vedrà scemare la probabilità di successo. Perché? Per il semplice motivo che a Bruxelles è stato ribadito che le somme del Feasr del secondo pilastro sono esclusivamente destinate a colmare il divario tra le aree più ricche ed evolute e le aree più povere e marginali. Una indicazione che peraltro dovrebbe valere sia per il biennio di transizione che per la nuova programmazione.
Ciò spazzerebbe via l’ipotesi di potere utilizzare nel calcolo della redistribuzione dei fondi della transizione un parametro come la Plv che com’è noto è un indicatore di sviluppo e che, invece, era stato tanto sostenuto dallo schieramento delle regioni del Nord-Centro Italia.
Inoltre, dalla raccomandazione di Bruxelles, discenderebbe perfino che la Sardegna, invece sulla programmazione 2021-27, potrebbe addirittura guadagnare oltre 300 milioni. È colpa (o effetto) del Covid. La pandemia, infatti, ha ampliato il divario tra Nord e Sud e di conseguenza la ripartizione dei fondi destinati alla nuova programmazione potrà privilegiare ancora – e addirittura in misura maggiore – le regioni del Mezzogiorno d’Italia, dove le conseguenze del Covid-19 sono state devastanti: il reddito pro-capite è ulteriormente diminuito e il ritardo di sviluppo è sempre più marcato.
La Sardegna, purtroppo, visto il prezzo elevatissimo pagato in termini di occupazione di Pil durante il 2020, certamente si distinguerà. E dopo avere beneficiato della cifra record di 1,3 miliardi di euro nella scorsa programmazione, potrebbe ripetere il primato e aumentarlo di oltre 300 milioni per essere ora nell’obiettivo 1 e se riconosciuta l’insularità.
A Patuanelli, i sostenitori dei criteri storici hanno fatto anche notare che il Ministero delle Politiche Agricole ha già preso decisioni in merito ai fondi europei della transizione in attesa della nuova Pac e in questi casi non sono stati modificati i criteri di assegnazione.
Perché dovrebbero cambiare, dunque, solo quelli destinati a finanziare i Psr? È dello scorso 26 febbraio, infatti, la circolare a firma di Giuseppe Blasi, capo del dipartimento delle politiche europee e internazionali e dello sviluppo rurale, dove si afferma che:
“Per gli anni di domanda 2020 e 2021, sono state confermate le attuali regole nazionali della politica agricola comune”.
Il riferimento è alle misure del primo pilastro per le quali, analogamente all’Ocm Vino (la circolare per la nuova annualità è del 10 marzo), sono rimaste inalterate le regole di accesso, il livello dei premi e i criteri di ripartizione. Non è escluso che sul primo pilastro possano essere prese nuove decisioni che potranno essere adottate per l’annualità 2022, ma – si dice chiaramente nella circolare – dovranno essere comunicate a Bruxelles entro il 1° agosto di quest’anno.
“Riguardo al secondo pilastro”, sosteniene Tore Piana del Centro Studi Agricoli, “i tempi per la decisione si fanno sempre più stretti. Per la pubblicazione di nuovi bandi e per lo scorrimento di alcune importanti graduatorie deve essere data certezza della disponibilità finanziaria. Cosa che finora non c’è, ma che tutti in Sardegna aspettano con ansia.
Il blitz del Ministro era nell’aria. Ma per il momento è rimasto congelato. Troppo arrogante per essere accettata è stata considerata la proposta di “mediazione” sulla ripartizione dei fondi Feasr e del Recovery Fund destinati allo sviluppo rurale, che ieri pomeriggio Patuanelli ha portato in Commissione Politiche Agricole della Conferenza Stato-Regioni.
La proposta elaborata dall’ufficio di gabinetto del Ministro, che avrebbe dovuto avvicinare le posizioni tra le regioni del Centro-Nord e le regioni del Sud, ha invece sortito l’effetto opposto, tanto da essere stata sonoramente bocciata dal blocco composto da Sicilia, Calabria, Campania, Puglia, Basilicata e Umbria. Una mazzata che Patuanelli, evidentemente, non aveva messo nel conto.
Ma in che cosa consisteva la mediazione auspicata da Patuanelli? La proposta del ministro, almeno nei suoi intendimenti, cercava di dare un colpo al cerchio e uno alla botte, distinguendo in due anni un differente scenario transitorio: per il 2021, l’adozione di una ripartizione tra le regioni dello stanziamento annuale con l’adozione per il 70% del criterio storico e per il 30% dei nuovi criteri oggettivi. Per il 2022, invece, l’adozione dello stesso meccanismo ma a proporzioni invertite. Dall’importo totale assegnato all’Italia, inoltre, la proposta Patuanelli prevedeva lo scorporo dei circa 450 milioni riservati agli interventi nazionali: 349 milioni per la gestione del rischio, 91 milioni per una nuova misura ambientale e 8 milioni per la Rete Rurale Nazionale.
I conti sono presto fatti. Il via libera a questa proposta si sarebbe tradotto per le regione del Sud di un taglio di centinaia di milioni. Un vero furto con destrezza da parte delle regioni del Nord, insomma.
Per il ministero e per Patuanelli in primis, l’incontro di ieri s’è quindi tradotto in un clamoroso flop. La spaccatura tra Centro-Nord e Sud è rimasta tutta. Anzi, se è possibile, i contrasti si sono acuiti ancor di più, anche perché questa dei fondi europei viene ormai ritenuta dagli agricoltori del Sud la “madre di tutte le battaglie”.
In Commissione Politiche Agricole è stato ricordato che i fondi Feasr del secondo pilastro – così è scritto nei regolamenti comunitari – sono finalizzati a colmare il ritardo di sviluppo. E analoga è la destinazione del Recovery Fund. Tant’è che nella ripartizione del fondo per l’emergenza, l’Italia ha beneficiato di uno stanziamento consistente, proprio per via del diffuso sottosviluppo delle regioni meridionali.
Dal Sud, la risposta a Patuanelli e al suo staff è arrivata chiara: al di là dei risvolti economici, la proposta è irricevibile dato che non rispetta le norme europee. Portare avanti idee che, oltre a spaccare il Paese, verrebbero poi contestate in sede comunitaria, lascia davvero perplessi. Intanto, come si direbbe in gergo calcistico, la partita è bloccata. E Patuanelli sembra un arbitro a cui la gara è sfuggita di mano dopo appena dieci minuti di gioco”.
Tore Piana, a nome del Centro Studi Agricoli, chiede alla Regione Sardegna:
“Una forte azione politica perché alla Sardegna venga riconosciuto la status di inularità che assieme all’obiettivo 1 farebbe arrivare alla Sardegna, da un calcolo fatto dai tecnici del Centro studi Agricoli, oltre 300 milioni in più”.