Focus sui dilemmi esistenziali e sulla solitudine nei giorni della pandemia con “Fashion Victims” di Giovanni Follesa, ironica pièce teatrale tratta dall’omonimo “pamphlet” scritto dall’autore insieme a Fabrizio Demaria, nella mise en scène del Teatro d’Inverno per la regia di Sonia Borsato, in cartellone domenica 25 aprile alle 19.30 per la Stagione “Rosa dei Venti” 2021 organizzata da Abaco Teatro al Teatro di Sanluri.
Nell’Isola ancora in zona rossa, lo spettacolo sarà trasmesso in streaming su Facebook (https://www.facebook.com/Teatro-di-Sanluri-Abaco-160891620915941) secondo una formula già collaudata nei mesi scorsi «per non tradire le aspettative e non interrompere il dialogo con il pubblico» – spiega Rosalba Piras, che firma la direzione artistica insieme a Tiziano Polese – «con l’auspicio di poter di nuovo accogliere al più presto gli spettatori in sala».
La cultura non si ferma e le nuove tecnologie diventano strumento prezioso per restituire, sia pure in modo parziale, l’emozione di una mise en scène “dal vivo”: sul palco del Teatro di Sanluri Giuseppe Ligios presterà volto e voce a quattro personaggi diversissimi, nei loro differenti e quasi opposti tentativi di sopravvivere tra mascherine e distanze di sicurezza, lockdown e limitazioni della libertà personale, paura e incertezza sul futuro. “Fashion Victims” è una commedia dolceamara sulla vita al tempo del Covid-19 attraverso le testimonianze di un raffinato dandy come Foffo, che non rinuncia all’eleganza neppure davanti all’idea della fine e di una rigorosa impiegata dell’Agenzia delle Entrate come Marina, ancora prigioniera della severa educazione ricevuta, accanto all’estrosa Samantah, “parrucchiera dei Vips” e a Gabriele che ha scelto di isolarsi per sfuggire al contagio e ora si interroga sul prezzo di quel rifiuto di ogni forma di relazione e contatto con i suoi simili.
La pièce affronta il tema attuale e scottante degli effetti collaterali dell’emergenza sanitaria, con tutte le conseguenze fisiche e psicologiche della clausura e del “distanziamento”, esasperate dal costante flusso di informazioni, spesso allarmanti e contraddittorie, che hanno accompagnato la diffusione dei virus sui vari continenti: la gravità della situazione, di volta in volta amplificata o smentita dai media, acuisce il senso di precarietà di fronte alla tragedia delle vittime e al dolore per la perdita dei propri cari.
Il dramma della malattia, con il manifestarsi e l’aggravarsi dei sintomi e l’obbligo della quarantena assumono il significato simbolico e inquietante di una catastrofe annunciata in cui è in pericolo perfino l’esistenza della specie umana: ciascuno reagisce come può cercando di sconfiggere l’ansia e preservare il proprio equilibrio, ritagliandosi uno spazio di tranquillità.
Il pensiero dell’ineluttabile impone dei bilanci e degli esami di coscienza, diventa quasi inevitabile domandarsi quali siano gli obiettivi raggiunti e quali le occasioni mancate, fare i conti tra rimorsi e rimpianti sullo scarto tra le proprie aspirazioni e aspettative e i risultati nella dura ascesa verso il successo.
Le “Fashion Victims” pagano un tributo alla necessità dell’apparire al meglio, coerentemente con i propri valori e le proprie idiosincrasie, secondo i canoni della civiltà dell’immagine: per ciascuno il dilemma tra il proprio stato d’animo e l’obbligo di mostrarsi agli occhi del mondo assume delle sfumature particolari. Se per Foffo è soprattutto una questione di stile, fino alla cura dei dettagli dell’abbigliamento in vista dell’ultimo viaggio, Marina finirà con il chiedersi quanto siano giustificati il suo sacrificio e la sua obbedienza che l’hanno confinata in un universo di numeri, mentre Samantah ripercorre la sua carriera, un destino apparentemente già scritto per la bambina che mangiava i capelli delle Barbie e Gabriele dà voce ai dubbi sull’importanza della sicurezza rispetto all’esigenza di condividere sentimenti e emozioni e salvaguardare affetti e legami.
«”Fashion Victims è una riflessione sul tempo sospeso che la nostra società si trova a vivere a causa del Covid-19» – si legge nelle note -. «Va infatti in scena la fragilità umana di quattro personaggi, alle prese sia con nuove abitudini sia con l’incombenza della morte, per la quale siamo sempre impreparati, anche negli aspetti apparentemente più banali.
Ad esempio: quali abiti indossare per affrontare l’estremo viaggio nell’aldilà?».
Quattro storie, quattro monologhi approfondiscono i diversi aspetti della difficile convivenza con la pandemia e con le sue ricadute economiche e sociali, con i cambiamenti e le reazioni individuali e collettive a ciò che accade nel mondo, tra i due estremi di una visione egoistica e di una nuova sensibilità e attenzione verso gli altri nel segno della solidarietà.
Per saperne di più: www.abacoteatro.it .