Verso una “Chiesa-Casa” dove abitano “discepoli missionari”
La data scelta, il 25 ottobre, ha una valenza simbolica molto chiara. È il giorno del martirio di Gavino, Proto e Gianuario che, con il loro sangue versato durante la persecuzione di Diocleziano, sono stati i primi testimoni del messaggio evangelico nel territorio. Con questa data verrà pubblicato il decreto che darà inizio della prima visita pastorale dell’arcivescovo Gian Franco Saba. Un percorso che lo porterà ad incontrare le 60 parrocchie presenti nella Chiesa turritana per rilanciare l’annuncio del Vangelo in un contesto eterogeneo, di circa 230 mila anime, dall’isola dell’Asinara a Bonorva, dalle grandi parrocchie di Sassari alle piccole comunità dell’entroterra. L’annuncio è stato dato dallo stesso arcivescovo, davanti a tutti i sacerdoti radunati nella cattedrale di San Nicola per la messa crismale del giovedì santo.
«La visita pastorale – ha sottolineato monsignor Saba – si inserisce nella vita ordinaria della nostra comunità, per favorire quello stato permanente di missione al quale siamo stati invitati». Parole che indicano l’idea di non considerarla come un evento straordinario che risolverà improvvisamente tutti i problemi, quanto piuttosto come un percorso di affiancamento. Fin dal suo insediamento a Sassari, monsignor Saba ha invitato più volte a tradurre nelle realtà locale quello stesso appello consegnato alla Chiesa universale mediante l’esortazione “Evangelii Gaudium” di Papa Francesco. In un passaggio di questa documento, Francesco invita ad “avviare processi” piuttosto che “occupare spazi”.
Ed è con questo spirito che l’Arcivescovo Gian Franco si è rivolto alla città di Sassari e al suo territorio per chiedere di superare l’indifferenza, coltivare il dialogo e l’amicizia sociale, promuovere occasioni di incontro in ambito formativo e culturale, senza dimenticare la sfera politica e l’attenzione ai poveri. Appelli che in termini ecclesiali si sono tradotti grazie al ruolo della Fondazione Accademia “Casa di Popoli, Culture e Religioni” e ad una maggiore attenzione alla territorialità degli uffici pastorali e di curia.
«In questi anni – ha detto ancora l’arcivescovo durante la messa crismale, rivolgendosi ai sacerdoti – ho incontrato e visitato le parrocchie, gli organismi diocesani, tante e preziose realtà ecclesiali e abbiamo condiviso il percorso espresso nei testi delle Lettere Pastorali e nei lavori di rilettura promossi da voi presbiteri, dai diaconi, da tante religiose e religiosi e dai laici». La visita avrà quindi una sua funzione giuridica, ma non sarà certamente un evento burocratico o clericale. Si sceglierà, piuttosto, uno stile dialogico, con l’intento di recuperare la dinamica di una Chiesa-casa dove abitano discepoli missionari. Lo stesso stile che troviamo negli Atti degli Apostoli e che coinvolge direttamente ogni cristiano e ogni parrocchia nell’annuncio del Vangelo.
L’arcidiocesi di Sassari è suddivisa in sei zone pastorali: tre urbane e tre extraurbani. Nelle parrocchie e nelle diverse realtà che compongono questo tessuto – tutte già visitate dall’arcivescovo in questi anni – sono diverse le voci dei sacerdoti, dei religiosi e delle religiose, dei tanti laici che vivono ogni giorno la Chiesa intesa come casa. Suor Maria Carmela Tornatore contestualizza questa occasione di incontro in un periodo di grandi difficoltà.
«È come ricevere una luce in mezzo a tanta oscurità in un periodo difficile come quello che stiamo vivendo. La catechesi – afferma – ha subito un forte impatto negativo durante la pandemia e con tanta fatica si sta cercando di riprendere. Certo, abbiamo bisogno di ricevere incoraggiamento e fiducia in un futuro molto prossimo, in cui tutto o quasi va incontro ad una trasformazione condizionata dalla situazione attuale. Come responsabile dell’ufficio catechistico diocesano mi faccio portavoce di un desiderio e di un bisogno concreto della nostra realtà catechistica: ricominciare nella novità del Vangelo».
Anche don Massimiliano Salis, parroco di Mater Ecclesiae a Sassari e vicario per la zona di Cappuccini e Monserrato, riconosce le difficoltà presenti in questo periodo. «Le comunità sono provate, in particolare in questo periodo di pandemia. La visita è sentita come occasione di consolazione e di slancio, una possibilità per vivere il cammino sinodale che la nostra diocesi sta vivendo. Credo che le comunità sentano più che mai l’esigenza di incontrare il vescovo dentro la viva realtà del suo essere».
Don Pietro Faedda, parroco a Giave e Bonorva e vicario della forania di Sorres, esprime il suo stato d’animo con grande franchezza. «Quando abbiamo avuto notizia dell’indizione della prima visita pastorale di monsignor Saba – afferma – per un attimo siamo stati sorpresi. Subito dopo però abbiamo realizzato che all’interno del processo diocesano, avviato da un triennio, poteva e doveva collocarsi questo servizio per verificare l’andamento del progetto comune. Più volte, negli incontri di forania, abbiamo sentito il desiderio di condividere direttamente con l’arcivescovo per motivarci nella pratica e corretta attuazione del piano pastorale diocesano».
«La speranza – aggiunge don don Luca Collu, parroco di San Pantaleo a Sorso e vicario per la forania del Golfo – è quella di riuscire ad incrementare la vita cristiana, attraverso l’incoraggiamento per le cose buone esistenti, la correzione per quelle bisognose di essere rimesse nel binario del bene e la promozione di una rinnovata prassi pastorale che ridica oggi la gioia del Vangelo».
Antonello Canu, direttore dell’area operativa della Fondazione Accademia, ne sottolinea l’opportunità per fare il punto della strada percorsa, per delineare la realtà di ogni parrocchia e per confrontarsi e rilanciare le scelte pastorali che stanno maturando nel cammino comunitario della diocesi.
«La visita – spiega – darà anche una visione della dimensione territoriale e, ancor più, della multiforme realtà pastorale, associativa, culturale, storica e artistica, socio-politica e imprenditoriale presenti sul territorio che saranno ricchezza e stimolo anche per la missione socio-culturale per un nuovo umanesimo dell’incontro della Fondazione Accademia». Mirko Casu, direttore del centro pastorale diocesano, dice che potrà essere un momento per coniugare fede e vita. Un modo per «saldare ancor di più la dimensione affettiva, del lavoro e della festa, delle fragilità e della cittadinanza con l’evangelizzazione oggi in un territorio specifico. Ritengo porterà anche un ulteriore slancio nel cammino diocesano per lo sviluppo armonico di nuove ministerialità e la cura di quelle già istituite».
Don Tonino Canu, parroco di San Giuseppe e vicario per la zona pastorale del centro storico, attende dalla visita pastorale un forte incoraggiamento alla comunione. «Penso che sia un’occasione per alimentare e rafforzare la collaborazione tra una parrocchia e un’altra. Viviamo in un mondo – conclude – in cui non ci si può isolare, non ci si può chiudere e non si può pensare di bastare a se stessi. Questo vale anche per le nostre comunità cristiane».