“Il morbo – Una cronaca del 1770” di Stefano Valente
Tratto da “Il Morbo” di Stefano Valente:Lille Havn – mi sono detta allora – è stato inferno due volte. La prima volta per l’epidemia che l’ha infestato, per i suoi ammalati ed i suoi defunti. La seconda per il terrore – invisibile, occulto – che ha proiettato all’esterno. Un terrore sempre sul punto di traboccare fin oltre l’oscura, approssimativa cornice della bolgia bianca di neve da guardare a vista. Un terrore che, forse, i cuori palpitanti sotto le divise immaginavano simile a un vento improvviso, a un soffio divino o diabolico pronto ad alzarsi da un momento all’altro, e a spazzarli via tutti in un colpo solo (…)
Uno di quei momenti della vita, credo, in cui ci rendiamo conto che non conosciamo e non conosceremo mai veramente chi ci è vicino, neanche quelli con cui dividiamo il nostro respiro, o il sapore delle nostre labbra. L’amara, invincibile consapevolezza che tutto ci sfugge, e che del Caos astruso da cui siamo avvolti non possiamo afferrare che sprazzi incoerenti di luce e di ombra; o, più spesso, soltanto frammenti – il ricordo d’una carezza, della quiete cristallizzata d’un lago, dell’odore vertiginoso dell’aria che vibra per una spirale di falchi...
Sinossi
A Lille Havn, una cittadina costiera in un minuscolo regno del Nord, da qualche parte fra Prussia e Danimarca, in uno strano inverno ogni cosa appare estranea e remota. Impercettibile e muto l’avanzare della morsa di ghiaccio si accompagna alle nebbie della baia. All’improvviso, indistinto e irraggiungibile, il profilo inclinato di un veliero all’ancora in alto mare, immobile sul filo dell’orizzonte. La sua comparsa coincide con l’erompere inspiegabile e spaventoso di un’epidemia che farà piombare malattia e morte su Lille Havn. Il villaggio viene dunque isolato, segregato in quarantena forzata sotto vigilanza militare, e gli abitanti abbandonati al proprio destino.
Scritto in tempi non sospetti, nel romanzo di Valente si riscontrano parallelismi con la situazione attuale. La descrizione della vicenda resa da più voci dà vita a molteplici prospettive come in un gioco di specchi che riflette il racconto di rovine e di trionfi, che moltiplica l’avventura di piccole e grandi figure umane. Un anonimo cronista del tempo ricostruisce, con rigore settecentesco, fatti – e/o apparizioni – attraverso le memorie dei testimoni e dei documenti .
La narrazione “gioca” a incrociare i più diversi generi letterari, con una scrittura colta, attenta ai vari livelli di linguaggio.
Stefano Valente: note biografiche
Stefano Valente glottologo e lusitanista, è studioso delle lingue e letterature ibero-romanze. Per lui scrivere è «la fatica di addomesticare un animale indomabile: la meraviglia».
Tra i suoi titoli: il thriller esoterico Lo Specchio di Orfeo (Barbera, 2008), tradotto anche in Portogallo (O Espelho de Orfeu – Ésquilo Edições), La Serpe e il Mirto (1978), edito da Parallelo45, il giallo fantascientifico Il Delegato Poznan è stanco (DeAgostini/Libromania) e la space opera Sensei delle Stelle. Per Graphofeel ha pubblicato Il Barone dell’Alba (2016), Sei Giorni (2018) e Breve storia dell’alchimia (2019). Nel 2013 ha vinto il premio Linguaggi Neokulturali (www.kultural.eu) con l’inedito Di altre Metamorfosi, primo su 2046 romanzi, nel quale affronta da nuovi punti di vista la tematica della “pericolosità” e del rifiuto della diversità; nel 2017 si è classificato al terzo posto nel Premio Costadamalfi con Il Barone dell’Alba.