Liberi Professionisti, importanti investimenti dalla Regione Emilia Romagna
“No ai sussidi, ma sì a importanti investimenti per formazione e digitalizzazione. Puntare sui liberi professionisti per un’Emilia Romagna più europea e competitiva”.
Con queste parole Vincenzo Colla, assessore regionale alle Attività Produttive, riassume la sua visione sul presente e futuro dei liberi professionisti. Un ruolo centrale nello sviluppo della Regione, che l’assessore ha ribadito una volta di più nel corso della presentazione del secondo Rapporto sulle libere professioni in Emilia Romagna promosso da Confprofessioni.
L’evento online ha permesso alle istituzioni, al mondo accademico e ai rappresentanti dei professionisti di confrontarsi sulla base di informazioni concrete da cui trarre spunto per le contromisure da attuare nel breve termine e soprattutto per individuare gli elementi su cui progettare il futuro.
“Il percorso portato avanti in collaborazione con la Regione ci ha permesso di raggiungere ottimi traguardi – ha affermato la presidente di Confprofessioni E.R. Maria Pungetti. – Come categoria siamo riconosciuti parte sociale e partecipiamo sempre più al processo decisionale, come dimostra la nostra presenza nel Patto per il Lavoro e il Clima appena varato. Adesso è importante dare seguito al lavoro fatto. Dalle istituzioni ci aspettiamo politiche attive: investimenti mirati e bandi specifici, incentivi all’aggregazione e tutele come l’equo compenso. Solo così i liberi professionisti possono continuare a crescere e a contribuire allo sviluppo del territorio”.
Il rapporto
Il Rapporto stilato dall’Osservatorio Nazionale di Confprofessioni evidenzia come la categoria, nonostante le difficoltà della crisi scaturita dall’emergenza covid, abbia risposto molto bene, confermando in buona parte i propri numeri, mantenendo il proprio reddito leggermente sopra la soglia della media nazionale, in netta controtendenza rispetto ad altri comparti chiave, e addirittura migliorando la propria capacità di produrre ricchezza in maniera indiretta, grazie all’aumento di professionisti datori di lavoro.
“La correlazione positiva tra ricchezza generale e attività dei professionisti e già nota – ha spiegato il professor Alessandro De Nicola, avvocato e docente di Diritto commerciale comparato alla Bocconi. – Non è casuale che ricorra frequentemente nelle economie più avanzate. Basti pensare agli Stati Uniti, in cui dai liberi professionisti proviene circa il 12% del Pil, ovvero quasi il doppio di quanto non avvenga in Italia. Migliorare questa stima dipende dalla capacità che avranno i professionisti di aggregarsi in strutture articolate, di specializzarsi sempre di più, di appropriarsi delle opportunità offerte dalla digitalizzazione e di entrare in una mentalità di tipo aziendale. Ai loro sforzi dovranno necessariamente aggiungersi gli interventi delle istituzioni per facilitarli in questo percorso evolutivo, e premiare il merito di chi continua a formarsi”.
Ma se nel complesso la categoria sembra essere riuscita ad arginare l’ondata della crisi covid, qualche preoccupazione sorge guardando meglio ai dati del Rapporto che si riferiscono agli aspetti socio demografici.
Il sorpasso
Se infatti qui è possibile registrare lo storico sorpasso numerico delle donne sugli uomini tra i giovani professionisti, con il tanto simbolico quanto significativo 51% delle presenze, non altrettanto positivi sono i dati anagrafici nel loro insieme.
Sempre più vecchi
Le stime parlano di un progressivo invecchiamento. Nel 2011, infatti, i professionisti attivi in regione all’interno della fascia d’età più giovane erano 18.031, e rappresentavano circa il 17% del totale, mentre nel 2019 il loro numero, sensibilmente cresciuto (18.976), ad oggi costituisce il 16%. Un dato rimarcato e reso ancor più significativo se andiamo a confrontarlo con quello riguardante la fascia d’età over 55. Nel 2011 i professionisti attivi in regione per questa fascia d’età erano 19.576 unità, e rappresentavano il 18% del totale. Dal 2019 i loro numero è considerevolmente aumentato fino a 43.711, e rappresenta ad oggi ben il 32% del totale.
Il progressivo aumento dell’età comporta due riflessioni altrettanto delicate per il futuro della categoria. In primo luogo perché un’età media più alta molto spesso coincide con una maggiore resistenza al cambiamento, fin qui considerato cruciale per lo sviluppo futuro del lavoro autonomo. In secondo luogo perché rappresenta un campanello d’allarme rispetto alla minore attrattiva dell’attività libero professionale tra i giovani.
Intervenire sulla formazione universitaria e puntare sulle lauree abilitanti, nota posizione sostenuta dall’assessore Colla, sembra essere la base di partenza anche per le considerazioni della presidente di Confprofessioni E.R. Pungetti, la quale però aggiunge che:
“Sarà essenziale ripensare i corsi di laurea per fornire ai giovani le competenze reali di cui ha bisogno il libero professionista, e non soltanto il sapere teorico. Indicare loro le prospettive e le dinamiche del lavoro autonomo e far sì che possano sviluppare sin da subito le competenze richieste dal mercato di oggi e, soprattutto, da quello di domani”.