Nursing Up sul protocollo per consentire agli infermieri di vaccinare a domicilio i soggetti fragili
«Avevamo chiesto da tempo che nel piano vaccini fosse inclusa la possibilità, da parte dei nostri infermieri, di effettuare somministrazioni a domicilio per i soggetti più fragili: siamo scesi in piazza, a novembre e dicembre, interloquendo con le Regioni, con il Ministro della Salute ed ottenuto un sostanzioso traguardo: 50 euro orari per svolgere attività vaccinale, da corrispondere attraverso l’istituto delle prestazioni aggiuntive, norma che poi è stata regolarmente inserita nella legge di bilancio.
Perciò in prima battuta, non potevamo che essere ben disposti verso un accordo tra Ministero, Regioni, Province Autonome e la nostra Federazione Nazionale, annunciato come il documento che prevede la possibilità che infermieri e infermieri pediatrici effettuino le vaccinazioni direttamente nelle case dei cittadini.
Ciò nonostante, una volta letto il protocollo abbiamo dovuto ricrederci: luci e ombre, per la verità molte più ombre che luci.
Così Antonio De Palma, Presidente Nazionale del Nursing Up.
Apprendiamo con soddisfazione che nel documento finalmente si stigmatizzi “l’autonomia dell’infermiere in ambito vaccinale”. L’infermiere che somministra a domicilio, come si evince dal protocollo, può anche vaccinare senza quel rigido controllo del medico, lo avevamo chiesto da tempo, liberare finalmente i nostri infermieri da una zavorra. D’altronde, già in un nostro comunicato del 5 gennaio scorso evidenziammo come gli infermieri hanno titolo e competenza per agire in piena autonomia e senza alcuna supervisione, non hanno bisogno di tutoraggi di alcun genere.
Eppure le condizioni di questo accordo, i punti nodali su cui è stato costruito, non ci soddisfano in alcun modo, e vi spieghiamo “alcuni” perchè.
Nel protocollo si fa riferimento, per gli infermieri che dovranno effettuare le vaccinazioni, alle previsioni della legge del 30 dicembre 2020, n. 178, art.1, comma 465. Da qui cominciano le ombre e le (non poche) note dolenti perchè, in pratica, la normativa citata è quella che prevede per il personale sanitario la necessità di sottoporsi a un corso on line prima di effettuare tale attività. Noi lo avevamo ribadito a gran voce e lo ripetiamo: siamo indignati che gli infermieri, con tanto di laurea triennale alle spalle, e con tanto di tirocinio, siano considerati alla stregua di farmacisti ed altri sanitari che non hanno mai preso in mano una siringa.
Ci meravigliamo che la nostra Federazione sottoscriva documenti che contengono certe previsioni. Gli infermieri, così come i medici d’altronde, hanno bisogno, sì, di conoscere le peculiarità del prodotto che si accingeranno a somministrare, ancor più se si parla di vaccini peculiari ed innovativi come quelli contro il SARS Cov 2, ma non necessitano certamente di un corso on line uguale a quelli previsti per chi non ha mai conseguito alcuna abilitazione professionale per svolgere tali funzioni, e ancor meno corsi che spiegano da zero come effettuare un vaccino o come diluire un farmaco, cosa invece doverosa e necessaria per chi non ha mai conseguito alcuna abilitazione professionale per svolgere tali funzioni.
Ed ancora, nel documento viene specificato chiaramente che gli infermieri e gli infermieri pediatrici possono vaccinare senza la supervisione del medico nei loro interventi a domicilio, e questo ci conforta, eppure l’anamnesi, e conseguentemente l’idoneità vaccinale spettano sempre al medico.
Ma come? Nell’accordo quadro tra Federfarma e Regioni, i farmacisti sono totalmente autonomi, sia nell’anamnesi che nel conferire l’idoneità vaccinale, tranne in casi estremi in cui occorre la supervisione del medico, ma all’infermiere tutto questo viene di fatto ancora impedito? Stiamo scherzando vero?
Anche in questo caso la nostra Federazione parrebbe aver avvallato, senza batter ciglio, un accordo che ci mette in secondo piano rispetto alla posizione dei farmacisti, che con un mero corso on line sono diventati autonomi a 360 gradi sotto il profilo vaccinale, possono assumersi la responsabilità finanche di iniettare l’adrenalina in caso di necessità. Chiediamo che la Federazione ci spieghi.
Alla FNOPI, che ci rappresenta in quanto Ente sussidiario dello Stato, sia in Parlamento che di fronte alle Regioni, chiediamo ora di conoscere, anche noi, quali sono le motivazioni in base alle quali gli infermieri non possono procedere ad attuare protocolli preordinati in tema di anamnesi e idoneità vaccinale, mentre i farmacisti, abilitati a somministrare i vaccini “ope legis”, possono fare “anche tutto questo “.
Proviamo ora ad approfondire la complessa e ben grave questione del compenso.
Intanto, e questo risulta anche dal comunicato stampa post accordo redatto dalla FNOPI, a vaccinare direttamente nelle case dei soggetti fragili dovrebbero essere gli infermieri dipendenti, cioè quelli liberati pro tempore dal vincolo di esclusività, come stabilito dal Decreto Sostegni.
Dal protocollo appena sottoscritto emerge che per ogni somministrazione “a domicilio” è previsto un compenso all’infermiere di 6,16 euro. Per come la vediamo noi, si tratta di un compenso assolutamente fuori da qualsiasi ipotesi di ricevibilità. E sulla materia il nostro disappunto cresce, perchè in tema di retribuzioni dovrebbero essere i sindacati i soggetti competenti a trattare con le istituzioni rappresentative, soprattutto perchè qui si parla, nella stragrande maggioranza dei casi, di compensi erogati dalle amministrazioni pubbliche a loro dipendenti, che per la specifica circostanza vaccinale vengono esonerati dal vincolo di esclusività.
Ma allora perché in questo accordo non è stato coinvolto nessun sindacato?
Perchè le istituzioni si sono confrontate “con un loro ente sussidiario” (cioè la FNOPI) e non con chi, per legge, è titolato a rappresentare gli interessi degli infermieri in veste contrattuale e ad agire in ambito negoziale?
Eppure è proprio la legge che vieta esplicitamente alla FNOPI di svolgere attività di rappresentanza sindacale.
Certo è che il protocollo appena sottoscritto include delle clausole che intervengono direttamente sul profilo retributivo degli infermieri interessati.
E poi, per gli infermieri vaccinatori viene prevista la stessa retribuzione dei farmacisti: 6,16 euro a somministrazione. Ma i medici non ne percepiscono 25?
Cosa significa tutto ciò? A meno che non esistano vaccini che prevedono metodiche particolari riservate alla esclusiva competenza medica, ma a noi non risulta, i medici hanno forse le mani d’oro mentre noi infermieri veniamo considerati ancora una volta alla stregua di altre professioni sanitarie che prima non erano nemmeno abilitate alla mera somministrazione?
Peccato che un farmacista percepisce questo stesso compenso vaccinando direttamente a casa propria (nella sua farmacia), con la concreta possibilità di effettuare centinaia di somministrazioni, essendo la farmacia da sempre un punto di riferimento per ogni comunità. A noi infermieri, invece, ci sarà chiesto di spostarci anche nel raggio di numerosi chilometri per raggiungere il domicilio di un potenziale vaccinando. Noi sappiamo bene che esistono numerose aziende sanitarie che coprono vasti territori.
E tutto questo dovremmo farlo per 6 euro a vaccinazione?
Insomma, quanto ore di lavoro un infermiere dovrà mettere a disposizione per raggiungere uno sperduto paesino di montagna al fine di somministrare una dose di vaccino e guadagnare il lauto compenso di 6 euro?
Con quale automobile lo farà, e quanti soldi dovrà spendere di tasca sua il nostro infermiere per il carburante necessario a raggiungere il paesello, oppure, nella migliore delle circostanze, un popoloso quartiere nel traffico caotico di Roma o Milano?
Non ci meraviglia di certo che un protocollo di questo tipo le regioni si siano guardate bene dal condividerlo con la Federazione degli Ordini dei Medici. Qualcuno crede davvero che avrebbero mai accettato un simile trattamento?
Proseguendo con la lettura notiamo che l’applicazione delle clausole relative ai compensi previsti per gli infermieri è legata, addirittura, a finanziamenti che il Governo si è impegnato ad erogare al più presto (per ora pare siano solo buoni propositi). Quindi i soldi ancora non ci sono. Al riguardo vorremmo vederci chiaro.
E poi, noi abbiamo lottato per ottenere una norma che prevedesse, per gli infermieri dipendenti che operano in favore delle Aziende sanitarie, un compenso “di 50 euro l’ora” per le vaccinazioni, e questo acclamato nuovo protocollo, annunciato con squilli di tromba e rulli di tamburi, ci riconoscerebbe invece 6,16 euro per una prestazione che, essendo a domicilio, tra viaggio, inoculazione ed annessi e connessi, nella maggior parte dei casi ci richiederà certamente più di un’ora.
Vi sembra davvero equo il protocollo appena sottoscritto?
Chi ci guadagna davvero alla fine, le Regioni (che dovrebbero pagare 50 euro per 1 ora di prestazioni aggiuntive), o gli infermieri con i loro 6,16 euro per ogni somministrazione?
Che fine hanno fatto le famose prestazioni aggiuntive?
Ma quello che comincia seriamente a preoccuparci è come sia stato possibile che la nostra Federazione, quella che ci rappresenta ai massimi livelli istituzionali nella sua qualità di Ente sussidiario dello Stato, abbia accettato di sottoscrivere questo documento senza nemmeno aprire un canale di interlocuzione “preventiva” con i sindacati. Ricordiamo che stiamo parlando di quella stessa FNOPI che ha redarguito gli Ordini Provinciali che avevano deciso, ad ottobre, di sostenere gli infermieri in lotta a Roma, scesi in piazza Circo Massimo, perchè la legge non consente loro di effettuare attività sindacale. Strana maniera davvero di interpretare la legge, non si fornisce sostegno ad una rivendicazione in piazza, sostenuta da richieste di valorizzazione economica da parte degli infermieri (perchè, appunto, la legge vieta agli Ordini di svolgere attività sindacale), ma si procede senza indugio a stipulare protocolli con le istituzioni, individuando addirittura forme di remunerazione degli infermieri per le attività vaccinali a domicilio…
Insomma, questo modo di fare a noi non piace!
Prima di essere sindacalisti siamo infermieri regolarmente iscritti ai nostri Ordini Professionali, e poichè il rispetto “reciproco” delle prerogative istituzionali di ognuno dei soggetti dei quali parliamo (Ordini / Sindacati) è di fondamentale importanza, qualcuno ora ci fornisca i chiarimenti che pubblicamente stiamo chiedendo, e ci aspettiamo che ciò accada nel più breve tempo possibile», chiosa De Palma