Il gruppo di lavoro istituito dall’ex ministro Paola De Micheli, presso il ministero delle Infrastrutture, sostiene che esistono importanti motivazioni per realizzare il Ponte all’interno del corridoio europeo che va da Berlino a Palermo. Tuttavia il progetto a campata unica viene abbandonato per un altro a tre luci su un tracciato differente rispetto a quello che ha attraversato un percorso autorizzativo durato 20 anni. Una maniera pilatesca per dare astrattamente il via libera, ma di fatto bloccando tutto.
La realizzazione del nuovo progetto di due antenne basate sui fondali profondi dello Stretto, riprende gli studi di una soluzione lungamente dibattuta a livello di fattibilità. Era stata scartata ad inizio degli anni ’90 per inefficienze economiche e problematiche tecniche ed ambientali. Viene riproposta oggi senza elementi innovativi.
Un progetto differente rispetto a quello del consorzio Eurolink basato su studi specifici del ponte a campata unica, che poi ha portato al progetto preliminare, ad una gara internazionale per la costruzione, allo sviluppo di un progetto definitivo, che è stato rivisto, validato e approvato da vari enti ed Istituzioni internazionali. Prevede un ponte sospeso, a campata unica, lungo 3.666 metri, con luce centrale di 3.300 metri. Tale lunghezza eccede di oltre il 60% l’ampiezza del ponte sospeso più lungo del mondo, il Ponte di Akashi-Kaikyo in Giappone. Dovrebbe essere sostenuto da due torri di 382 metri. Anche in altezza, il Ponte sullo Stretto supererebbe il record mondiale attuale, detenuto dal Viadotto di Millau in Francia (341 metri).
Le torri serviranno da ancoraggio per cavi d’acciaio del diametro di 1.24 metri e lunghezza 5300 metri. Il ponte dovrà resistere a sollecitazioni sismiche fino al settimo grado della scala Richter. Una magnitudo, tanto per capire, paragonabile a quella del terremoto del 1908 aveva distrutto Messina. Avrebbero sede tre corsie viarie, più una di emergenza, per ogni senso di marcia; due linee ferroviarie e due corsie pedonali. La capacità di smaltimento del traffico sarebbe di circa 6000-9000 automezzi all’ora e 200 treni al giorno. I lavori per la costruzione del ponte includono la realizzazione di collegamenti con le esistenti strutture viarie e ferroviarie, ovvero l’Autostrada Salerno-Reggio Calabria, la Messina-Catania, la Messina-Palermo e la ferrovia ad alta velocità che dovrebbe collegare in futuro Napoli e Reggio con un prolungamento ad Alta capacità fino a Palermo.
Questo piano e già costato 350 milioni e non ha bisogno di essere rivisitato. L’analisi di fattibilità tecnico-economica è stata fatta, la valutazione di impatto ambientale anche, la conferenza dei servizi conclusa, l’ok del Cipe ottenuto nel lontano 2003. Servirebbe soltanto un Decreto legge per rianimare la società Stretto di Messina.
Tanto più che i fondi non mancano. Senza voler scomodare i finanziamenti del Pnrr che vanno spesi entro il 2026 ci sono i 30 miliardi del Fondo di Coesione stanziati dal governo. Il 56% va impiegato al Sud. Il costo per Ponte, attualmente, è stimato in quattro miliardi. Anche ipotizzando il prevedibile aumento della spesa si deve tenere conto dei centomila posti di lavoro che verrebbero creati in otto anni e agli incassi successivi legati ai pedaggi. Per capire basterà ricordare che l’Eurotunnel partito con un budget di tre miliardi è arrivato a 10. Il successo è stato tale che, dopo qualche incertezza iniziale si pensa al possibile raddoppio.
Sulla tenuta anti-sismica il progetto era stato elaborato in sintonia con l’Ingv, ha avuto il via libera del Consiglio Superiore dei lavori pubblici, l’ok dei massimi esperti del Politecnico di Milano, approvata dall’americana Parson Transportation. Sono stati fatti studi ampiamente conservativi in grado di rassicurare su oscillazioni determinate da un evento sismico paragonabile a quello che devastò Messina nel 1908 considerato dopo anni di studi il massimo possibile nell’area, anche tutte le simulazioni della galleria del vento hanno avuto esito positivo.
Lo stesso gruppo di lavoro del Ministero delle Infrastrutture esprime le difficoltà tecniche per una soluzione alternativa al progetto definitivo in essere. Il terzo pilone, infatti, dovrebbe poggiare sul fondale dello Stretto che tutte le indagini hanno mostrato essere molto fragile: “Per ponti a più campate con pile in alveo, dovranno essere condotte indagini geofisiche, geologiche, geotecniche, fluidodinamiche – scrivono i supertecnici -. Si dovranno analizzare le azioni e gli effetti delle correnti marine, la presenza di faglie, frane sottomarine e di tutti i tipi di accumuli di sedimenti sommersi che possono subire deformazioni, spostamenti, rottura, liquefazione dinamica. Le indagini dovranno permettere di valutare il comportamento meccanico dei volumi di terreno che influenzano e sono influenzati dalle opere a terra e in alveo”.
Significa che, in ogni caso, anche la soluzione a tre archi avrà bisogno di nuove indagini. Ripartiremo daccapo per arrivare, con tutta probabilità alle conclusioni attuali. Nel frattempo saranno stati buttati via tempo e alto denaro pubblico in consulenze, piani, nuovi progetti che alla fine non saranno dissimili da quelli di oggi.
(ITALPRESS).