Roma, 7 maggio 2021 – Una caccia al tesoro digitale che metterà influencer e utenti sulle tracce di tre rare malattie da accumulo lisosomiale.
Perché la rarità può diventare un punto di forza, la maggiore conoscenza può aiutare la diagnosi e la cura e la carenza di informazioni è una sfida da vincere insieme.
Fa leva su questa idea la campagna RARO CHI TROVA – Insieme sulle tracce delle malattie di Fabry, Gaucher e sindrome di Hunter promossa da Takeda Italia con il patrocinio di Società Italiana di Pediatria (SIP), Associazione Italiana Anderson Fabry Onlus (AIAF), Associazione Italiana Gaucher Onlus (AIG) e Associazione Italiana Mucopolisaccaridosi e Malattie Affini Onlus (AIMPS), che viene presentata in coincidenza con la MPS Awareness Day sulla consapevolezza della Mucopolisaccaridosi, che si celebra il 15 maggio in tutto il mondo.Da oggi e nei prossimi 45 giorni nove influencer della rete inviteranno i loro follower a reperire informazioni e indizi su queste malattie disseminati e nascosti in post e storie pubblicati sui loro profili social. Gli indizi saranno svelati alla fine di ogni tappa della Caccia dagli stessi influencer sui loro profili Instagram e sul sito di campagna Rarochitrova.it, che ospiterà la Mappa della competizione. A vincere sarà l’utente più rapido a caricare sul sito, al termine della Caccia al Tesoro, tutti gli indizi raccolti.
Obiettivo della campagna è diffondere la conoscenza sulla Malattia di Gaucher, la Malattia di Fabry e la Sindrome di Hunter, o Mucopolisaccaridosi tipo II:
le tre più importanti delle oltre 50 Malattie da Accumulo Lisosomiale1, patologie croniche di origine genetica che si manifestano nei primissimi anni di vita. All’origine vi è un difetto o assenza di uno degli enzimi contenuti nei lisosomi2, vescicole presenti all’interno della cellula e considerati come “centri di riciclo” delle sostanze di rifiuto (macromolecole).
Sono considerate malattie rare: i numeri parlano di un nuovo caso su 7.700 nascite ogni anno3. Secondo gli specialisti si tratta solo della punta dell’iceberg, perché in realtà queste gravi patologie genetiche ereditarie sono molto più diffuse di quanto dicano le cifre delle diagnosi cliniche, anche a causa di un ritardo nella diagnosi che mediamente può arrivare fino a 10-14 anni4.
«Le Malattie da Accumulo Lisosomiale sono patologie metaboliche dovute ad un difetto di proteine con attività enzimatica che degradano grandi molecole di mucopolisaccaridi e che non funzionando determinano l’accumulo nella cellula di queste sostanze che diventano tossiche e portano a morte la cellula – afferma Maurizio Scarpa, Direttore Centro di Coordinamento per le Malattie Rare, Azienda Sanitaria Friuli Centrale – Queste macromolecole si accumulano nei lisosomi, organelli intracellulari che hanno la funzione di riciclare materiali di rifiuto intracellulari e di partecipare ai processi metabolici. Le Malattie da Accumulo Lisosomiale sono genetiche, ereditate come autosomiche recessive da due genitori portatori sani, ad esclusione della Malattia di Fabry e della Sindrome di Hunter che vengono ereditate per via materna (X-linked). Non è semplice conoscere l’effettiva prevalenza di queste malattie, a causa della mancanza di Registri specifici e dei ritardi nella diagnosi ancora molto frequenti».
Il ritardo diagnostico compromette l’intervento terapeutico che, oggi, grazie alla ricerca scientifica, ha a disposizione numerose ed efficaci opzioni che possono mitigare la sintomatologia e migliorare la prognosi. Architrave dell’approccio terapeutico è la terapia enzimatica sostitutiva, che consiste nell’inserire l’enzima mancante o carente che arriva nei lisosomi e smaltisce l’accumulo di macromolecole. Altri approcci terapeutici sono per la malattia di Gaucher gli inibitori del substrato5 che agiscono a monte dell’accumulo e per la malattia di Fabry la terapia cosiddetta ‘chaperonica’ con piccole molecole che fanno funzionare meglio l’enzima difettoso. Per la sindrome di Hunter, nella quale la terapia enzimatica sostitutiva non supera la barriera emato-encefalica e non raggiunge il sistema nervoso centrale, la ricerca sta sperimentando altre modalità di somministrazione.
Le terapie sono disponibili su tutto il territorio nazionale e non richiedono ricovero ma possono essere eseguite in regime ambulatoriale o di day hospital. In alcune Regioni italiane è attivo il servizio di cure domiciliari riservate ai pazienti stabili. L’obiettivo è permettere a tutti i pazienti l’accesso alle cure a domicilio e su questo fronte, oltre che sulla ricerca e sull’innovazione terapeutica, è attivamente impegnata Takeda.
«Il nostro impegno al fianco delle persone con malattie rare da accumulo lisosomiale e delle loro famiglie si dispiega su due strade distinte ma parallele – dichiara Alfonso Gentile, Medical & Regulatory Director Takeda Italia – Takeda ha nel proprio portfolio più di 40 prodotti che rappresentano approcci terapeutici efficaci in diverse Aree Terapeutiche. Due terzi della pipeline sono rappresentati da farmaci per il trattamento di patologie rare o rarissime. Nell’ambito delle malattie da accumulo lisosomiale Takeda, presente da molti anni con la Terapia Enzimatica Sostitutiva, per la Sindrome di Hunter sta sperimentando una nuova formulazione per la somministrazione intratecale in età pediatrica di una terapia che potrebbe rappresentare un’ottima alternativa per questi pazienti. Supportiamo, inoltre, programmi indipendenti per informare ed educare gli specialisti che non si occupano direttamente di queste patologie, affinché riferiscano più velocemente i pazienti ai loro colleghi specializzati allo scopo di ottenere una diagnosi più rapida ed una terapia adeguata. Takeda interviene anche attraverso programmi di supporto ai pazienti e alle loro famiglie, che hanno avuto una particolare intensità durante il periodo pandemico e soprattutto durante il lockdown della scorsa primavera, ma che erano in buona parte già attivi prima della pandemia. Si tratta di programmi di sostegno domiciliare, sia psicologico che operativo».
LA VOCE DEI PARTNER
Flavio Bertoglio, Presidente AIMPS – Associazione Italiana Mucopolisaccaridosi e Malattie Affini Onlus
«Il principale problema per le persone con Sindrome di Hunter, o Mucopolisaccaridosi di tipo II (MPS II), è la diagnosi precoce. La nostra Associazione è impegnata a sensibilizzare i decisori politici affinché venga ampliato lo screening neonatale delle malattie rare, in particolare in riferimento alla MPS II. Questo consentirebbe di salvare molti neonati intervenendo precocemente con le terapie, intervento che può cambiare la storia della malattia e la qualità di vita dei pazienti. Un altro punto che ci sta molto a cuore è la home therapy, la terapia a domicilio. Le difficoltà che i nostri pazienti devono affrontare sono davvero tante e si sono aggravate con la pandemia Covid-19. Questi pazienti sono immunodepressi a causa della malattia e gravati da una importante insufficienza respiratoria, recarsi in ospedale per l’infusione settimanale è un rischio altissimo. La soluzione per loro è la terapia domiciliare che purtroppo però non si fa in alcune Regioni italiane. Non meno importante è la necessità di creare una cabina di regia nazionale, con un fondo dedicato per queste patologie rare. Purtroppo invece assistiamo ad una polverizzazione dei malati rari nel nostro Paese contrariamente a quanto sta facendo l’Europa che cerca invece di coagulare i pazienti con patologia rara. Confidiamo, come sempre, che in occasione del 15 maggio, giornata mondiale delle Mucopolisaccaridosi, qualcosa di positivo per noi possa succedere».
Stefania Tobaldini, Presidente AIAF – Associazione Italiana Anderson Fabry Onlus
«I pazienti con Malattia di Anderson-Fabry devono sottoporsi periodicamente a numerose visite ed esami di monitoraggio per verificare nel tempo la stabilità della malattia ed anche per stabilire il momento idoneo per accedere alle terapie. Molto spesso le visite di controllo e gli esami coinvolgono diversi specialisti (come ad esempio il nefrologo, il cardiologo, il neurologo, l’internista, il gastroenterologo, etc…) in quanto si tratta di una malattia multisistemica, ma spesso le visite di controllo e gli esami interferiscono con la frequenza scolastica per i pazienti pediatrici e con l’attività lavorativa dei pazienti adulti o dei caregiver perché sono frammentarie e organizzate in più giornate separate e, talvolta, addirittura in ospedali diversi. Questo rappresenta un problema soprattutto perché si traduce nella necessità di usufruire di giornate di ferie o permessi lavorativi, dal momento che i pazienti Fabry spesso non ottengono il riconoscimento di invalidità o dello stato di handicap e quindi non hanno accesso ai permessi speciali previsti dalla legge 104/92. Inoltre, queste giornate di ferie o permessi si aggiungono spesso ad altre giornate di assenza dovute alla gestione delle terapie, che in molti casi vengono effettuate in ospedale. Con l’emergenza Covid-19 purtroppo molte visite sono state annullate o hanno subìto notevoli ritardi. Anche le nuove diagnosi, che spesso arrivano quando si sono già manifestati pesanti danni d’organo, hanno subito un brusco rallentamento. Tutto questo lascia i pazienti in uno stato di incertezza e abbandono. È quindi fondamentale ed urgente ripristinare sia i percorsi diagnostici sia la presa in carico, facendo in modo di accorpare più visite in un’unica giornata per ottimizzare gli accessi in ospedale e, soprattutto, per semplificare il percorso del paziente e della sua famiglia».
Fernanda Torquati, Presidente AIG – Associazione Italiana Gaucher Onlus
«Molti sono i bisogni clinici e le esigenze delle persone affette da malattia di Gaucher. Tuttavia, in questo momento la maggiore criticità riguarda l’accesso alle terapie domiciliari. I pazienti affetti da malattie rare, tra questi i Gaucher, dovrebbero poter seguire dei percorsi terapeutici e assistenziali decisi centralmente dallo Stato così da avere omogeneità di trattamento su tutto il territorio nazionale. In particolare, l’AIG da anni si batte affinché la terapia enzimatica sostitutiva (TES) possa essere somministrata a domicilio in tutto il territorio nazionale perché crediamo che questo possa migliorare di gran lunga la vita dei pazienti. Le persone a cui viene diagnosticata una malattia con cui dovranno convivere sempre non dovrebbero subire ulteriori disagi, hanno diritto a vivere appieno la loro vita. Entrare in ospedale ogni due settimane li costringe ad adattare la loro vita alle stesse terapie che gliela salvano. Tuttavia, la home therapy non è garantita in tutte le Regioni italiane. Solo due, il Veneto e il Lazio, hanno deliberato per la terapia domiciliare. Diverse Regioni consentono la terapia domiciliare ma senza aver deliberato niente in proposito. Oggi c’è e del domani non c’è certezza. Ci sono anche Regioni che assolutamente non consentono la terapia domiciliare sotto qualsiasi forma. Ma quali sono concretamente i principali problemi e svantaggi dell’ERT in regime ospedaliero?
- gli orari per le terapie sono poco flessibili e limitati;
- perdere intere giornate di lavoro o di scuola, anche solo per 3 ore di terapie;
- difficoltà a entrare nel mondo del lavoro;
- molte volte i pazienti saltano le infusioni in ospedale per paura di perdere il posto di lavoro;
- per lo stesso Sistema Sanitario Nazionale può risultare sconveniente predisporre per tutti la terapia in regime ospedaliero poiché al costo del personale infermieristico si deve aggiungere quello del Day Hospital-Day Service;
- il ripetuto accesso in ospedale comporta anche un costo notevole per il paziente;
- aumenta anche il rischio di infezioni per i pazienti immunosoppressi;
- I numerosi accessi in ospedale aumentano la percezione della malattia da parte del paziente con un conseguenze manifestarsi di disagio psicologico.
Accedere alla terapia domiciliare significa ridurre gli accessi in ospedale con minor perdita di giornate di lavoro e di coinvolgimento del caregiver. Ma ancora più importante è la possibilità per il paziente trattato a domicilio, di rispettare le tempistiche della terapia enzimatica sostitutiva e avere la sicurezza di trovare il farmaco, cosa che non sempre avviene in ospedale. Per un paziente con malattia di Gaucher aderire con regolarità alla TES significa guadagnare in salute e ritardare la progressione della malattia. Oltre a proseguire nella nostra battaglia, auspichiamo che i decisori nazionali e regionali diventino più sensibili verso questa categoria di pazienti che se non seguiti in maniera appropriata impattano sui costi del sistema».
Carlo Dionisi Vici, Responsabile Unità Operativa di Malattie Metaboliche, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù IRCCS Roma – membro del comitato tecnico SIP – Società Italiana Pediatria
«Nelle tre malattie in oggetto, Gaucher, Fabry e Sindrome di Hunter è evidente che le loro differenze fanno sì che esistano approcci alla diagnosi e allo screening diversi: per Gaucher e Fabry sono già attivi progetti di screening neonatali pilota in due Regioni italiane mentre per la Sindrome di Hunter, al momento, non esistono esperienze di questo genere. Lo screening neonatale consiste in un test che analizza l’attività enzimatica specifica di ciascuna malattia seguito, nei casi positivi, da un secondo esame di conferma (second tier test) effettuato sullo stesso cartoncino ematico che ricerca i metaboliti caratteristici, senza necessità di richiamare il bambino. È importante che vi sia una maggiore conoscenza di queste malattie tra gli stessi medici (pediatri, internisti, medici di medicina generale) perché, al di fuori dello screening neonatale, esiste lo screening “orientato” che viene effettuato in presenza di sintomi “di allarme” caratteristici di ciascuna delle tre patologie da accumulo lisosomiale».