Sofferenza e mortalità elevate, le drammatiche condizioni dei pesci negli allevamenti in Grecia
Le nuove scioccanti immagini dell’inchiesta rilasciata dall’organizzazione Essere Animali mostrano condizioni di sovraffollamento, alti tassi di mortalità e pesci uccisi brutalmente con metodi di macellazione che violano gli standard internazionali di benessere animale. L’investigazione, realizzata in collaborazione con We Animals Media in diversi allevamenti ittici della Grecia, svela ancora una volta il lato oscuro dell’acquacoltura e la terribile sofferenza dei pesci allevati a scopo alimentare.
La Grecia è il principale produttore di branzini e orate nell’UE. In Italia, solo nel 2019 sono state importate circa 67.000 tonnellate di queste due specie, di cui quasi 36.000 dalla penisola ellenica. Branzini e orate sono le principali specie consumate nel nostro Paese, sia in termini di volume che di valore. La produzione in acque nostrane riesce a coprire solo il 15% della domanda nazionale, motivo per cui l’Italia è il primo mercato di destinazione delle esportazioni greche in Europa.
Gli investigatori di Essere Animali hanno ampiamente documentato la fase di uccisione degli animali, che avviene in maniera violenta e dolorosa. Le immagini mostrano branzini e orate ammucchiati gli uni su gli altri all’interno di reti, dove sono schiacciati dal peso degli altri pesci intrappolati. Una volta estratti dall’acqua, vengono letteralmente scaricati, ancora vivi, in contenitori riempiti di acqua e ghiaccio, in cui si contorcono e feriscono nel tentativo di fuggire, come dimostra il sangue nelle vasche. La perdita di coscienza non è immediata: branzini e orate possono soffrire per decine di minuti prima di morire di congelamento e asfissia.
Il Regolamento (CE) n. 1099/2009 relativo alla protezione degli animali durante l’abbattimento indica che, al momento dell’uccisione, ai pesci devono essere risparmiati ‘dolori, ansia o sofferenze evitabili’. L’immersione in acqua e ghiaccio senza stordimento preventivo è una procedura che causa stress ed enorme sofferenza per i pesci; Organizzazione mondiale della sanità animale (OIE) e Commissione Europea ritengono che sia lesiva del benessere animale.
Nonostante sia una chiara violazione delle norme internazionali dell’OIE, l’asfissia in acqua e ghiaccio è il metodo più comune utilizzato per abbattere branzini e orate non solo in Grecia, ma anche negli altri stati dell’UE – Italia compresa, come documentato in una precedente investigazione di Essere Animali svolta all’interno dei principali allevamenti ittici nazionali.
Le dichiarazioni
“Dalle nostre immagini è evidente che l’assenza di stordimento in fase di uccisione continui a provocare sofferenza ingiustificata ai pesci, esseri senzienti in grado di provare dolore e paura. É da anni che la nostra organizzazione documenta pratiche di macellazione crudeli come l’asfissia in acqua e ghiaccio, anche in allevamenti italiani”, commenta il presidente Simone Montuschi.
Nel video si vedono decine di gabbie collocate a ridosso della costa, ciascuna con centinaia di migliaia di pesci stipati al loro interno. Branzini e orate possono trascorrere fino a 2 anni in queste strutture spoglie e sovraffollate, dove nuotano in cerchio senza meta. Privati di stimoli e dello spazio necessario per muoversi liberamente, sono impossibilitati a manifestare i propri comportamenti naturali.
Il sovraffollamento è fonte di stress cronico per i pesci e ha conseguenze nocive per la loro salute, oltre a deteriorare la qualità dell’acqua e a favorire la trasmissione di malattie. Le immagini rilasciate dall’organizzazione mostrano pesci morti che galleggiano in superficie: in fase di accrescimento il tasso di mortalità per branzini e orate allevati nel Mediterraneo può raggiungere il 15-20% – come affermato anche dagli operatori degli allevamenti investigati. Metà delle morti è causata dalla diffusione di malattie.
L’acquacoltura ha conseguenze negative non solo per il benessere degli animali, ma anche per l’ambiente. Le gabbie marine sono sistemi di produzione aperti che rilasciano nell’acqua rifiuti organici, residui di medicinali e sostanze chimiche, danneggiando l’ecosistema circostante. Inoltre, branzini e orate sono specie carnivore: per produrre un chilo di pesce allevato sono necessari fino a 2 kg di mangime, composto per quasi un terzo da farina e olio di pesce provenienti dalla pesca industriale di milioni e milioni di animali acquatici selvaggi. Questo significa che gli allevamenti ittici, che producono più della metà del pesce destinato al consumo umano diretto, contribuiscono allo sfruttamento degli stock ittici selvatici.
“Inquinamento ambientale e gravissimi problemi di benessere animale: è giunto il momento di cambiare la percezione che abbiamo dei pesci e del modo in cui vengono allevati. Un cambiamento che deve investire tutta la società, dai consumatori fino alla grande distribuzione organizzata. Per questo con la diffusione di questa nuova indagine rilanciamo la nostra campagna #AncheiPesci, con la quale ci rivolgiamo anche ai supermercati italiani affinché adottino una policy aziendale volta a tutelare il benessere di questi animali nelle proprie filiere”, conclude Simone Montuschi.