Balestra (Riparte l’Italia): “L’indignazione della società civile unico antidoto alla criminalità”
L’enorme quantitativo di denaro che affluirà nei prossimi anni potrà servire certamente a innescare dinamiche nuove, a coltivare progetti ambiziosi e a dare l’immagine di un Paese che ha svoltato, colmando molteplici e inaccettabili divari. Affinché quell’immagine non risulti, al termine dell’itinerario tracciato dal PNRR, di mera facciata, occorre però darsi carico di porre in primo piano, tra i temi della riflessione, quello della criminalità organizzata, con tutte le sue ramificazioni e gli addentellati nella vita pubblica e nel sistema economico del Paese.
L’osservatore estero che indugi sul tema resta colpito, per certi versi persino affascinato, da come sia possibile che un Paese moderno, con dimensioni territoriali peraltro limitate, possa convivere con alcune delle più pericolose associazioni mafiose esistenti al mondo. Fenomeni che contribuiscono a promuovere una «cultura» dilagante della prevaricazione e della violazione delle regole, la quale finisce, in termini di mentalità, per contagiare anche chi risulti totalmente estraneo alle organizzazioni criminali.
L’ osservatore interno, che abbia a cuore un effettivo rilancio del Paese, registra, dal canto suo, una desolante assuefazione. I fenomeni di criminalità e, più in generale, di malcostume sono a tal punto e da così tanto tempo radicati che si convive con essi come se si trattasse del naturale defluire delle cose.
I problemi derivanti da una situazione siffatta, la quale rinviene le proprie radici in un passato lontano, risultano amplificati al sud ma, come ben sanno gli addetti ai lavori, concernono l’intero territorio ed hanno raggiunto un grado di pervasività che, solo ad indossare le lenti di un’etica neppure troppo sofisticata, lasciano sgomenti.
Una riflessione, per certi versi paradigmatica, può essere fatta sul «caso Foggia».
La città, così come la provincia che ad essa si lega, merita sicuramente l’accensione dei riflettori, sebbene non sia certamente la sola. Un territorio vasto che le cronache, già da alcuni anni, indicano in preda all’ascesa di una criminalità capace di offendere con irriverente sfrontatezza i fondamentali canoni su cui si fonda la convivenza sociale. Il che rende non più rinviabile un sollevamento delle coscienze; occorre darsi carico di creare argini idonei, se non a neutralizzare, quanto meno a ridimensionare – attraverso una riconduzione a un livello fisiologico – una criminalità giunta a un livello di arroganza inaccettabile.
Per innescare percorsi realmente in grado di porre rimedio a questo stato di cose, è fondamentale poter altresì contare su un’azione amministrativa efficiente, che abbia quale unico obiettivo il perseguimento degli interessi della collettività. La corretta amministrazione della cosa pubblica, vista anche sotto la fondamentale angolatura della spesa dei denari dei cittadini che affluiscono nelle casse dello Stato e delle altre amministrazioni in ragione del pagamento delle imposte, è determinante al fine di scongiurare il malaffare e, al contempo, per destare l’idea che la legalità è premiante.
Anche in ciò Foggia ha manifestato debolezze, peraltro sovente riscontrate in tante altre amministrazioni locali, posto che le cronache delle ultime settimane hanno dato conto del coinvolgimento del sindaco e di alcuni consiglieri comunali in un’indagine per reati contro la pubblica amministrazione.
Senza voler esprimere alcun giudizio, al quale si sarebbe legittimati sono all’esito di un’eventuale sentenza irrevocabile di condanna, si impone una riflessione da condurre su un piano più generale, concernente l’intera pubblica amministrazione, in merito alle doti di probità e alla capacità di interpretare le funzioni pubbliche con uno spirito di servizio che abbia, come unica bussola di riferimento, la promozione e la salvaguardia degli interessi della generalità (indipendentemente dal fatto che ad esercitare quelle funzioni siano amministratori o dipendenti pubblici). Il tutto affinché chi si rende disponibile ad amministrare lo faccia solo in quanto consapevole delle implicazioni, in termini di sacrificio ad esclusivo vantaggio della collettività, che l’assunzione di tali responsabilità comporta.
La lotta alla criminalità, affinché possa darsi effettivamente luogo a un processo virtuoso di ripresa dell’Italia tutta, richiede un’intensificazione soprattutto su piani diversi da quelli su cui si è soliti combatterla. Lo Stato apparato, al di là delle energie profuse in termini di contrasto attraverso l’impegno della magistratura e delle forze di polizia, rischia di rimanere soccombente se la paura, l’insensibilità, l’indifferenza, non sapranno trasformarsi in aperta e condivisa condanna da parte della generalità degli individui.
In un percorso di questo genere, sarà fondamentale discutere, sensibilizzare, promuovere iniziative che facciano percepire, a cominciare dai luoghi in cui si consuma il fondamentale percorso educativo e di formazione dei più giovani, quali siano i valori fondamentali e fondanti di una società che abbia quale precipua prerogativa il benessere delle persone.
Stéphane Hessel, in un volume che ha suscitato grande interesse, pubblicato alcuni anni or sono (Hessel, Indignatevi! Add editore, 2010), memore delle gesta della Resistenza e dei valori dalla medesima incarnati, esortava le nuove generazioni ad indignarsi (in questo caso contro la dittatura dei mercati finanziari). Al di là della diversità dei temi, c’è in quel volume un richiamo alla difesa dei valori.
Orbene, oggi più che mai si avverte forte il bisogno che la collettività esprima sentimenti di indignazione nei confronti di una criminalità e di un malcostume dilagante, abbandonando posizioni di supina soggezione. La riprovazione, la censura, il biasimo, la critica, la condanna, la ribellione verso tutto ciò che offende la dignità degli individui devono diventare moto dell’agire quotidiano, affinché la tracotanza inizi finalmente a vacillare. Il che potrà avvenire soltanto se la società civile sarà capace di creare un «cordone sanitario», generando la sensazione di un netto isolamento in chi mette quotidianamente in pericolo la pacifica convivenza civile.
Il prezzo pagato alla criminalità non è più sostenibile, ancor prima che sotto il profilo economico, sotto quello etico e del rispetto delle persone.