I giovani carabinieri erano di scorta per il trasferimento del boss dal carcere di Enna a quello di Trapani. La storia processuale del massacro iniziò nel 1982 e terminò con la sentenza definitiva emessa dalla Corte d’assise d’appello con la quale vennero condannati all’ergastolo Raffaele Ganci, Antonino Madonia e Giuseppe Lucchese. Il tragico evento fu trattato anche in un’udienza del Maxiprocesso di Palermo.
Alle vittime della strage venne riconosciuta una Medaglia d’oro al valor civile.
“Nel corso di un servizio di scorta, veniva raggiunto da numerosi colpi d’arma da fuoco esplosigli contro da alcuni malfattori, al fine di uccidere il detenuto tradotto. Sebbene gravemente ferito, fuoriusciva dall’auto impugnando l’arma in dotazione per affrontare gli aggressori ma, colpito a morte, si accasciava al suolo. Splendido esempio di sprezzo del pericolo ed alto senso del dovere, spinti sino all’estremo sacrificio” (Motivazione Medaglia d’oro al valor civile alla memoria attribuita a Silvano Franzolin)
“Nel corso di un servizio di scorta, veniva raggiunto da numerosi colpi d’arma da fuoco esplosigli contro da alcuni malfattori, al fine di uccidere il detenuto tradotto. Sebbene gravemente ferito, impugnava l’arma in dotazione per affrontare gli aggressori ma, colpito a morte, si accasciava sul sedile. Splendido esempio di sprezzo del pericolo ed alto senso del dovere, spinti sino all’estremo sacrificio.” (Motivazione Medaglia d’oro al valor civile alla memoria attribuita a Salvatore Raiti)
“Nel corso di un servizio di scorta, veniva raggiunto da numerosi colpi d’arma da fuoco esplosigli contro da alcuni malfattori, al fine di uccidere il detenuto tradotto. Sebbene gravemente ferito, impugnava l’arma in dotazione per affrontare gli aggressori ma, colpito a morte, si accasciava sul sedile. Splendido esempio di sprezzo del pericolo ed alto senso del dovere, spinti sino all’estremo sacrificio” (Motivazione Medaglia d’oro al valor civile alla memoria attribuita a Luigi Di Barca)
Commemorare le stragi e le vittime innocenti delle Mafie parlandone in ogni aula scolastica significa iniziare a diffondere tra gli adolescenti il valore della legalità necessario per contrastare anche in futuro la criminalità organizzata in tutti i settori economici e sociali del nostro Paese. Gli studenti di oggi saranno i cittadini di domani.
È importante quindi far conoscere ai giovani argomenti come: la lotta alla criminalità ambientale; le azioni e le norme a contrasto delle forme di sfruttamento del lavoro; l’anti-corruzione nella pubblica amministrazione; il contrasto all’evasione fiscale; la salvaguardia dei diritti dei lavoratori nel sistema degli appalti pubblici e privati, con particolare riferimento al fenomeno delle false cooperative e false srl; la salvaguardia e tutela del lavoro nelle aziende sequestrate e confiscate alle mafie; l’attività anti-usura e anti-racket; lo sviluppo di politiche e iniziative finalizzate al recupero e destinazione a fini sociali dei beni sequestrati e confiscati alle mafie.
Il CNDDU ritiene fondamentale mettere al centro dell’azione educativa la cultura della legalità e considera sempre più necessario combattere la dispersione scolastica, perché uno degli elementi di fondo per costruire una cultura che davvero faccia della legalità un elemento centrale è affermare l’istruzione come diritto fondamentale per tutti. Attraverso continue iniziative di sensibilizzazione dei diritti umani nelle scuole si può rendere sempre più funzionale ed efficace la promozione della legalità, sempre connessa alla giustizia sociale, come elemento di contrasto ai fenomeni di criminalità organizzata, in particolare di stampo mafioso.
Sottrarre anche un solo giovane a un destino contrassegnato dalla manovalanza malavitosa costituirebbe una vittoria immensa per le comunità educative e per la società intera.
IL CNDDU propone agli studenti, durante il periodo estivo, di dedicare le proprie letture anche ai grandi classici di denuncia sociale e malavitosa.
“Si può sperare / Che il mondo torni a quote più normali / Che possa contemplare il cielo e i fiori / Che non si parli più di dittature / Se avremo ancora un po’ da vivere / La primavera intanto tarda ad arrivare” (Franco Battiato, Povera Patria)