“Il sangue non è un prodotto realizzato dalle case farmaceutiche – ha detto Fulvio Vicerè, presidente dell’Avis regionale Lazio – ma un prodotto delle persone che hanno scelto di donare. Donare non è un qualcosa come dare dei soldi, significa donare una parte di se stessi, viva. Servono le istituzioni che stimolino la donazione, sarebbe una risposta alle esigenze di una comunità. La donazione del sangue è un’emergenza nel momento che manca e non serve soltanto per terremoti o incidenti ma è una necessità quotidiana”. “Dal punto di vista della regione Lazio – ha spiegato la professoressa Gina Zini, docente di Ematologia all’Università Cattolica campus di Roma e Direttrice dell’Unità Operativa Complessa di Emotrasfusione della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS – abbiamo guadagnato l’ultimo posto nella graduatoria delle regione. Non siamo autosufficienti da sempre, con 23 donatori per 1000 residenti contro il Friuli che ha 40 donatori ogni 1000 residenti”.
“Il Lazio ha un problema enorme ed è sicuramente Roma, che ha i due policlinici universitari che raccolgono pazienti complessi anche dal centrosud Italia, quindi fornisce sangue a pazienti con patologia provenienti da fuori il Lazio ed è il primo filtro per il Nord. Rispetto al calo del numero dei donatori del 2% rispetto allo scorso anno, il calo maggiore e tra i giovani tra i 18 e i 22 anni. In questa categoria abbiamo solo 200mila donatori, mentre sono aumentati i donatori tra i 45 e i 65 anni per cui bisogna riflettere sul fatto di questa enorme incongruità”. “Il sangue – ha ricordato la professoressa – è messo nel sistema sanitario nazionale come un Lea, un diritto assistenziale, a fronte di questo è necessario incrementare, a livello nazionale, la sensibilizzazione sulla donazione. Il Gemelli è un centro di secondo livello, più complessa è la patologia più è necessario sangue. Distribuiamo in media 21mila unità di globuli rossi ma ne produciamo 8mila, questo significa che dobbiamo far uso di convenzione extra regionali e i due terzi di questo sangue vanno a pazienti anemici, pazienti con anemia cronica e oncologici. Una assistenza medica non può essere dilazionata e questo è il punto cruciale”.
“Dobbiamo convincere i giovani – ha concluso – con campagne di sensibilizzazione che spieghi, ad esempio, come i gruppi dei donatori non hanno evidenziato alcuna presenza di focolai da Covid, questo per dire che il donatore associato, affiliato, è garantito anche nel controllo della sua salute. Nello screening dei nostri donatori intercettiamo in modo precoce situazioni patologiche. Sono chance salvavita, il messaggio è: aderire per gli altri ed essere tutelati e inseriti in una comunità controllata”.
(ITALPRESS).