Marco Bruno (Pres. Archeoclub d’Italia – Acquaviva delle Fonti): “Acquaviva delle Fonti è un museo a cielo aperto dedicato alla tutela dell’acqua. Nel borgo è possibile vedere l’intero sistema antico, dell’Ottocento che riforniva botteghe, case, piazze. C’è il percorso dei pozzi antichi lungo le piazze antiche. Da noi è possibile notare la ‘Ngegne, un sistema costituito da grandi ruote dentate e dotato di secchi, azionato da forza animale, solitamente un mulo, sollevava l’acqua dal fondo del pozzo per riversarla in una vicina piscina in pietra, che, alla bisogna, si apriva per far scorrere l’acqua nel campo sottostante mediante una fitta rete di canalizzazioni e squadrature del terreno, rendendo così le colture rigogliose. Il centro storico di Acquaviva poggia sulla falda acquifera”.
Davide Carlucci (Sindaco di Acquaviva delle Fonti) : “Abbiamo realizzato uno dei primi impianti di riutilizzo delle acque reflue ai fini irrigui. Stiamo istituendo la Rete Internazionale dei Borghi che nel loro nome hanno la parola acqua”.
In Puglia c’è Acquaviva delle Fonti. Restauro di tutte le piazze del centro storico che ospitano i pozzi – Nasce dunque “Le vie dell’acqua e del sacro”. Ad Acquaviva è stato creato uno dei primi impianti di riutilizzo delle acque reflue a fini irrigui.
Acquaviva delle Fonti è in Puglia, in provincia di Bari.
“Siamo a completa disposizione della stampa. Pochi Comuni al mondo hanno un nome “liquido” come il nostro. Per questo da anni stiamo sviluppando progetti e riflessioni sul nostro rapporto con l’acqua. Dopo aver creato il percorso “Luoghi dell’acqua e della terra”, ora, con il progetto “Le vie dell’acqua e del sacro”, ci accingiamo a ristrutturare tutte le piazze del centro storico che ospitano i pozzi, in un itinerario metropolitano che collegherà anche altre strutture legate all’acqua presenti ad Alberobello e Gravina. La necessità di preservare la falda acquifera – ha affermato
Davide Francesco Ruggero CARLUCCI, sindaco di Acquaviva delle Fonti – inoltre, ci ha convinti a realizzare uno dei primi impianti di affinamento e utilizzo a fini irrigui delle acque reflue, che ora sarà ampliato con un finanziamento da due milioni di euro. Questi e altri progetti in programma anche con altri Comuni, ci inducono a ritenere che siano maturi i tempi per realizzare il sogno di Cosimo Lacirignola, il compianto direttore dell’Istituto agronomico mediterraneo: creare una rete delle comunità di tutto il mondo che hanno toponimi che parlano dell’atavico rapporto fra i popoli e la risorsa idrica. Dunque stiamo lavorando alla nascita della Rete Internazionale di tutti quei Borghi che hanno la parola acqua nel loro nome. Un’alleanza internazionale per contrastare il rischio della desertificazione facendo tesoro di tutti gli sforzi fatti, in tempi recenti come in epoche passate, per convivere con la scarsità d’acqua”.
E’ possibile ammirare il patrimonio architettonico ed ingegneristico di opere per l’emungimento, la conservazione e l’utilizzo dell’acqua. Si tratta della ‘Ngegne, in italiano Noria, è un sistema costituito da grandi ruote dentate e dotato di secchi, azionato da forza animale, solitamente un mulo, sollevava l’acqua dal fondo del pozzo per riversarla in una vicina piscina in pietra, che, alla bisogna, si apriva per far scorrere l’acqua nel campo sottostante mediante una fitta rete di canalizzazioni e squadrature del terreno, rendendo così le colture rigogliose.
“Acquaviva delle Fonti, in provincia di Bari, deve il suo nome alla ricca falda acquifera sotterranea, profonda dai 5 ai 15 m., che occupa una consistente porzione del suo territorio. Questa è formata da sabbie acquifere formatesi nel pleistocene medio e superiore, con alla base torba, terre rosse ed argille, che impediscono all’acqua di penetrare in profondità, fra le spaccature caratteristiche del fenomeno carsico diffuso in tutta la regione. Infatti, l’unica acqua che si può trovare in superficie in Puglia è quella di pochi laghi e quella dell’unico fiume, l’Ofanto. La falda idrica, da tempi immemori, ha permesso di sfruttare l’abbondanza di acqua sorgiva proveniente delle piogge filtrate dalle sabbie, dapprima per l’insediamento antropico, e per tutte le opere umane poi, ricchezza ancor più preziosa nella “siticulosa Apulia” del venosino Orazio.
L’agricoltura, tra cui spicca quella orticola, anche con la famosa cipolla rossa di Acquaviva, la vita domestica, gli opifici – ha affermato Marco Bruno, Presidente di Archeoclub d’Italia, sede di Acquaviva delle Fonti – i conciatori di pelli e tante altre attività hanno beneficiato di questo vitale elemento.
Significativo è il patrimonio architettonico ed ingegneristico di opere per l’emungimento, la conservazione e l’utilizzo dell’acqua, infatti la ‘Ngegne, in italiano Noria, è un sistema costituito da grandi ruote dentate e dotato di secchi, azionato da forza animale, solitamente un mulo, sollevava l’acqua dal fondo del pozzo per riversarla in una vicina piscina in pietra, che, alla bisogna, si apriva per far scorrere l’acqua nel campo sottostante mediante una fitta rete di canalizzazioni e squadrature del terreno, rendendo così le colture rigogliose. Oggi il “progresso” ha sostituito questo sistema con un più semplice motore elettrico.
Grandi cisterne coperte e grandi cisterne scoperte, dette Laghi, insieme ad antiche Neviere, anticamente fonte di consistente reddito, costellano ancora il nostro territorio”.
Il centro storico di Acquaviva delle Fonti poggia sulla falda acquifera. Ed è possibile vedere l’intero sistema antico, dell’Ottocento che riforniva botteghe, case, piazze. C’è il percorso dei pozzi antichi lungo le piazze antiche.
“Anche il centro storico poggia per buona parte sulla falda, ed anche qui è stata sfruttata al meglio la preziosa risorsa con tantissimi pozzi di acua sorgivaquqqqqqqqqqua sorgiva, scavati dai nostri avi nelle proprie abitazioni, e con ben 21 pozzi pubblici, di cui 7 ancora esistenti ed, ad oggi, utilizzati per vari usi. I pozzi pubblici venivano usati dagli abitanti – ha concluso Bruni – che non avevano potuto scavarne uno per ristrettezze economiche. Questi, ubicati sempre in un piccolo slargo, erano anche luogo di ritrovo e di socialità, usati con cura e ben manutenuti dalle varie Amministrazioni.
L’acqua per noi è stata motivo di unione, quando questa, negli anni 1873-74, veniva inquinata dall’opificio del nobile di origine ungherese Giulio Rakosi, che dopo aver trattato il lino con grandi quantità di acqua attinta dal sottosuolo, la riversava nei pozzi, inquinando così tutta falda. Questo sollevò il popolo acquavivese, fino a convincere l’imprenditore che chiudere l’attività fosse la cosa più saggia.
Ma, non molto tempo dopo, tra fine ‘800 ed inizio ‘900, un nuovo e ben più grave problema si presentò in tutta la sua drammaticità. Le Ferrovie Meridionali avevano costruito la tratta Bari-Taranto e cercavano di migliorare il sistema di rifornimento dei treni. Fu cosi che ebbero il permesso di scavare due pozzi che servissero le varie stazioni della linea. In breve tempo questo portò a gravi conseguenze, perché, essendo la totalità della falda comunicante, tutto il livello si abbassava, lasciando ai poveri cittadini solo acqua limacciosa ed imbevibile. Questo scatenò la reazione della popolazione che minacciava di passare alle vie di fatto, calmata solo dalle energiche prese di posizione dell’Amministrazione cittadina, che non esitò ad opporsi legalmente ad un gigante con forti agganci politici. La battaglia legale continuava, dando sempre ragione agli acquavivesi, e qui la Società delle Ferrovie Meridionali tentò un accordo, che racchiudeva inganno e latrocinio; infatti proponeva, in cambio di una somma assolutamente inadeguata, che si cedessero loro i 4/5 di tutta l’acqua sorgiva. L’offerta fu rifiutata con sdegno e così la lotta si protrasse per più di un ventennio, dando alla fine ragione ai nostri coraggiosi amministratori, anche se gli abusi continuarono ancora per un po’, fino alla fine del II decennio. La costruzione dell’Acquedotto Pugliese, rese inutile l’approvvigionamento dell’acqua sorgiva, e pose fine ad ogni controversia, ma lasciò il ricordo ed un forte senso di unità nella nostra comunità.
Oggi l’Archeoclub Sante Zirioni di Acquaviva delle Fonti cerca di ravvivare questa pagina di storia, illustrando, con visite guidate, conferenze e mostre, le tradizioni, i luoghi e i fatti legati all’acqua, perché questa indispensabile risorsa questa possa essere conosciuta, rispettata e protetta, ed anche nuovamente usata, con il rispetto dell’ambiente circostante, questo eliminando i fertilizzanti chimici e passando all’agricoltura biologica. Se avremo successo in questo, ritroveremo ancor più forte il nostro senso identitario, che da sempre si lega alla nostra Acqua.
Direi che nelle nostre vene scorre sangue ed acqua sorgiva”.