“In mancanza di testimonianze dirette, si legge nell’annuncio del regista – si ricercano figlie delle cosiddette cernitrici che possano raccontare la vita e la dura realtà del lavoro femminile nelle miniere”.
Chi volesse dare un contributo e partecipare col proprio racconto al documentario è invitato a contattare il regista all’indirizzo email [email protected] o sul suo profilo facebook.
Roberto Carta, nato a Carbonia nel 1976, si è laureato con 110 e lode al Dams di Bologna.
Dal 2004 collabora con Arancia Film come aiuto regista per “Il vento fa il suo giro” (2004) e “L’uomo che verrà” (2009), vincitore del Festival Internazionale del Film di Roma 2009 e miglior film ai David di Donatello 2010. Ẻ stato redattore per la trasmissione televisiva “Milonga Station” condotta da Carlo Lucarelli. 10 Puntate per Raitre prodotte dalla Ruvido Produzioni di Bologna.
Nel 2014 vince il bando AVISA promosso dall’Istituto Etnografico Sardo di Nuoro (ISRE) con la sceneggiatura di “Sinuaria”, cortometraggio ambientato nell’isola dell’Asinara. Il cortometraggio è stato selezionato in 55 festival nazionali e internazionali, ha vinto 18 premi ed ha ricevuto la nomination nella cinquina per i David di Donatello 2015 come miglior cortometraggio dell’anno. Nel 2016 “Sinuaria” è stato inoltre distribuito nelle sale cinematografiche italiane dalla FICE (Federazione Italiana Cinema D’Essai) per la rassegna “Cortometraggi che passione”.
Nel 2017 il regista ha diretto e montato il documentario “Custodi del proprio territorio” nato nell’ambito del bando “Nuovi fattori di successo” promosso dall’ISMEA (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare) di Roma e dal Ministero delle Politiche Agricole e il videoclip “Michimaus” della cantante e attrice Angela Baraldi, brano contenuto nell’album “Tornano sempre”.
Nel 2020, nell’ambito della settima edizione di Visioni Sarde, si aggiudica il Premio “Giovani” per cortometraggio “Lasciami andare”. La giuria competente ha così motivato il premio: “Per la disincantata visione che scardina i miti – troppo spesso romanticizzati – del banditismo sardo e della latitanza sui monti, e per la fotografia che mette in contrapposizione spazi angusti e quotidiani e la vastità dei cieli stellati ambiti dal protagonista”.
Roberto Mossa