Allai. Palcoscenici d’estate 2021: III edizione
Centro storico – 16 luglio > 22 agosto
sabato 17 luglio – ore 22 NOUVEAU CIRQUETeatro del Sottosuolo Hope! Hope! Hoplà!!!
domenica 18 luglio – ore 22 DANZA. Elegìa delle cose perdute, coreografia e regia Stefano Mazzotta (Zerogrammi)
Un intrigante racconto per quadri DOMANI (domenica 18 luglio) alle 22 in piazza Santo Isidoro ad Allai per la terza giornata del III Festival Palcoscenici d’Estate organizzato dal Teatro del Segno: in scena “Elegìa delle cose perdute” dal romanzo “Os Pobres” (I Poveri) di Raul Brandao, con regia e coreografia di Stefano Mazzotta (Zerogrammi), per una riflessione sul tema «dell’esilio, della nostalgia… della memoria come materia che determina le nostre radici e identità». In scena i danzatori e performers Alessio Rundeddu, Amina Amici, Damien Camunez, Gabriel Beddoes, Manuel Martin, Miriam Cinieri e Riccardo Micheletti danno forma ai ricordi, ai rimpianti, allo smarrimento di chi non ha patria.
La magia del nouveau cirque STASERA (sabato 17 luglio) alle 22 in piazza Santo Isidoro ad Allai tra acrobazie e gags con “Hope!Hope!Hopla” del Teatro del Sottosuolo con i clowns Pasquale Imperiale e Vincenzo De Rosa alias “I Nipoti di Bernardone”.
Il III Festival Palcoscenici d’Estate proseguirà fino al 22 agosto ad Allai con un ricco cartellone fra fra teatro, musica, cinema, letteratura per una ripartenza nel segno dell’arte e della bellezza.
Performances ad arte nel Barigadu: prosegue ad Alla la III edizione del Festival Palcoscenici d’Estate organizzato dal Teatro del Segno con la direzione artistica di Stefano Ledda: sedici titoli in cartellone dal 16 luglio fino al 22 agosto in piazza Santo Isidoro ad Allai con la kermesse, fortemente voluta e sostenuta dal sindaco Antonio Pili e dall’amministrazione comunale del paese della “casa sull’albero”, realizzata con il patrocinio e il sostegno del Comune di Allai, della Regione Autonoma della Sardegna e del MiC / Ministero della Cultura e inserita nel progetto Intersezioni / rete di festival senza rete a cura di Fed.It.Art Sardegna.
Dopo l’inaugurazione IERI, venerdì 16 luglio alle 22 con il “Circo Maldestro” del mimo e burattinaio Franco Fais, con una galleria di artisti come l’acrobata contorsionista Olga Ankalonga, la cantante lirica Zoryana Stridula e il mago Mustatz, impegnati a dar vita ad uno spettacolo capace di restituire il sorriso all’umanità dopo una catastrofe, in un iotetico futuro STASERA (sabato 17 luglio) alle 22 – sono di scena i clowns Pasquale Imperiale e Vincenzo De Rosa, alias “I Nipoti di Bernardone” tra cappelli volanti e giostre di fuoco in “Hope!Hope!Hopla” del Teatro del Sottosuolo per riscoprire il gusto della meraviglia con tutta la magia del nouveau cirque.
Un poetico ed emozionante racconto per quadri, DOMANI (domenica 18 luglio) alle 22 in piazza Santo Isidoro ad Allai per la terza giornata del III Festival Palcoscenici d’Estate organizzato dal Teatro del Segno con “Elegìa delle cose perdute”, il progetto ideato dal coreografo Stefano Mazzotta (Zerogrammi), che firma coreografia e regia di una pièce in cui si intrecciano danza contemporanea e nouveau cirque, liberamente ispirata al romanzo “Os Pobres” (I Poveri) di Raul Brandao. Sotto i riflettori Alessio Rundeddu, Amina Amici, Damien Camunez, Gabriel Beddoes, Manuel Martin, Miriam Cinieri e Riccardo Micheletti, interpreti di una partitura cangiante, ripensata di volta in volta e rimodulata in un’interazione con lo spazio e con il pubblico, “testimone” di una storia (quasi) senza parole.
“Elegìa delle cose perdute” è una creazione corale, realizzata per e insieme con gli stessi danzatori e performers per una riflessione sul tema «dell’esilio, della nostalgia, della tedesca Sehnsucht, della memoria come materia che determina la traccia delle nostre radici e identità». Una “parata” dal sapore quasi circense, in cui i personaggi si mettono a nudo, tra il ricordo del tempo passato e il rimpianto per i sogni infranti e dimenticati: “Elegìa delle cose perdute” indaga sentimenti e stati d’animo, riscopre antiche e nuove ferite, legami spezzati e discorsi interrotti, di una piccola folla di donne e uomini, naufraghi della vita.
Focus sulle caratteristiche di ognuno, quelle qualità peculiari che ne definiscono la personalità, tra luci e ombre e si fondono in un ensemble, quasi a comporre una sinfonia di voci e gesti, di canti e lamenti, per una narrazione immaginifica, densa di pathos e delicato lirismo: creature enigmatiche, avvolte nel mistero, segnate da inquietudini e motivati timori, ancorate alle proprie radici, allo struggimento per una terra lontana e ormai irraggiungibile, di cui riaffiora l’incubo di una fame antica e forse insaziabile, ma immerse nella fugacità del presente e colme di speranze per il futuro.
Viaggiatori del tempo, portatori di antiche memorie ma gravidi di sogni, i protagonisti di “Elegìa delle cose perdute” raccontano la vertigine di chi si affaccia sull’abisso, sull’estremo limite, dopo aver lasciato dietro di sé le illusioni della giovinezza, gli affetti più cari, sospinto dalla corrente inarrestabile dei giorni, in una fuga dolorosa, ma necessaria, verso la ricerca di un nuovo equilibrio, di una nuova terra, di un approdo sicuro, magari per prendere lo slancio e di nuovo ripartire verso un nuovo mondo.
«Nell’indagine intorno al topos dell’esilio, questa creazione racconta, oltre il suo significato geografico, la condizione morale che riguardi chiunque possa sentirsi estraneo al mondo in cui vive, collocandolo in uno stato di sospensione tra passato e futuro, speranza e nostalgia – scrive nelle note il coreografo Stefano Mazzotta -. «Il desiderio che questa condizione reca in sé non è tanto il desiderio di un’eternità immobile quanto di genesi sempre nuove e di un luogo che resta, un luogo dove essa si anima di una rinascita che è materia viva, e aiuta a resistere, a durare, a cambiare».
Geografie dell’anima, disegnate da corpi in movimento: «i quadri che compongono la narrazione, liquida nella sua forma site specific, costruita e pensata per spazi a cielo aperto, diventano la mappa di un viaggio nei luoghi (interiori) dei personaggi de “I Poveri”» – rivela il coreografo: «figure derelitte e però goffe al limite del clownesco, accomunate dal medesimo sentimento di malinconica nostalgia e desiderio di riscatto, 6 anime, humus del mondo (direbbe Raul Brandao), 6 personaggi di pirandelliana memoria».