Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), il più grande ente di ricerca italiano, è stato detto “No, per voi non c’è posto”. Eppure quest’anno erano state predisposte tutte le condizioni legislative e finanziarie per concludere il processo di stabilizzazione dei precari storici di tutti gli enti di ricerca italiani. Un processo iniziato nel 2018 e fortemente voluto dagli ex ministri della Funzione Pubblica Marianna Madia e dell’Istruzione, Università e Ricerca Lorenzo Fioramonti. Circa 1600 ricercatori, tecnologi, tecnici e amministrativi, tutte unità di personale che avevano alle spalle almeno dieci anni di precariato, sono state assunte dal CNR tra la fine del 2018 e la prima metà del 2020. Poi più niente.
Nella legge di bilancio approvata alla fine del 2020, grazie all’impegno e alla volontà condivisa di un gruppo di parlamentari, era stato tuttavia inserito un emendamento, a primo firmatario l’On. Alessandro Melicchio, che destinava 25 milioni di euro per il completamento delle stabilizzazioni di tutti i precari della ricerca. Volontà parlamentare che è stata clamorosamente e rovinosamente contraddetta dal decreto di riparto emanato dal Ministro Maria Cristina Messa e approvato lo scorso 22 luglio. Non solo il decreto ha dimezzato le risorse vincolate dal legislatore alle stabilizzazioni, ma dei 12,5 milioni complessivi al CNR sono stati destinati solo 3 milioni di euro, sufficienti alla
stabilizzazione di soli 51 precari, ossia appena il 13% delle 400 unità di personale – ricercatori e tecnologi – che hanno maturato il diritto all’assunzione secondo il D.Lgs 75/2017 (Legge Madia). Di questi, circa 350 persone sono idonee a concorsi riservati espletati nel dicembre 2018, le cui graduatorie scadranno il prossimo 31/12/2021, termine ultimo per l’assunzione di chi, ormai, attende da quasi tre anni. Per questo motivo la situazione in cui versa il personale precario ha carattere di urgenza.
Nel contempo l’attività di ricerca dei precari non si è mai fermata, pur con contratti spesso rinnovati di mese in mese e senza alcuna garanzia per il futuro. Basta confrontare la media degli articoli su rivista pubblicati a testa negli ultimi tre anni (2019-2021, fonte Scopus) dei ricercatori precari con quella di tutto il personale ricercatore del CNR per rendersi conto che la loro produttività è del tutto in linea con quella dell’ente. Il personale precario non solo ha il diritto a essere assunto in base alla Legge Madia ma pur con le difficoltà contrattuali e spesso economiche che deve affrontare, rappresenta parte attiva e contribuisce in modo sostanziale, significativo e sistematico alla produttività del CNR.
Diventa quindi improcrastinabile che l’ente esprima la volontà politica di utilizzare tutte le risorse disponibili nel bilancio per cambiare il destino di chi fa ricerca da anni in modo serio, coscienzioso, e a un livello che è superiore a quello della media europea. Se così non fosse la ricerca sarebbe depredata di una risorsa fondamentale, che è stata ingiustamente e ripetutamente sfruttata con contratti a termine, ma che nel momento in cui si chiede all’ente di riconoscerne il lavoro e il valore con la meritata assunzione, viene messo alla porta.