Valentina Cervi legge “La strada che va in città” di Natalia Ginzburg DOMANI (giovedì 22 luglio) alle 20 nell’area archeologica di Nora a Pula in una raffinata e intrigante mise en espace, impreziosita dalle opere di Giovanni Frangi, del romanzo d’esordio della scrittrice palermitana per la regia di Iaia Forte (produzione Pierfrancesco Pisani – Infinito Teatro e Coop. CMC Nidodiragno in collaborazione con Riccione Teatro) sotto le insegne della XXXIX edizione del Festival “La Notte dei Poeti” organizzato dal CeDAC / Circuito Multidisciplinare dello Spettacolo dal Vivo in Sardegna.
Un intenso e affascinante ritratto al femminile, ancor oggi attualissimo e di sconcertante modernità nella definizione dei tratti psicologici, gli stati d’animo, le incertezze, i dubbi della protagonista di «uno dei libri piú belli» dell’autrice di “Lessico Familiare”, secondo Cesare Garboli: un testo «aspro, pungente, pieno di sapori nuovi come un frutto appena un po’ acerbo» incentrato sulla figura di Delia, che si affaccia alla vita e assapora il gusto della libertà, come ignara delle insidie e dei pericoli, delle possibili conseguenze del suo agire, in base alle regole della morale borghese, non molto diverse da quelle dell’antica civiltà agro-pastorale.
Sul confine tra il mondo contadino, dominato dai cicli della natura, nel perenne succedersi dei giorni e delle stagioni e la vivacità cittadina, con la realtà delle fabbriche, dei negozi, portatrice di una animazione contagiosa e di una stanchezza diversa da quella dei campi, la giovane donna si lascia trasportare dal desiderio di avventura e dalla curiosità; c’è in lei una strana noncuranza perfino nell’assecondare i goffi approcci del ricco figlio del dottore, o nell’ignorare le proprie vere inclinazioni, come se a governare la sua esistenza fosse soprattutto il caso, o il caos.
La quiete della provincia sembra annoiarla, come la tristezza della sua casa, da cui sfugge con i fratelli e i cugini per recarsi in città, ad incontrare un’amica o una parente, passeggiare, chiacchierare, ma nell’atmosfera elettrizzante e mondana, dove tutto appare più interessante e nuovo: un’eroina svogliata e pigra, cresciuta con poche cure e rari segni di affetto da una madre troppo stanca e amareggiata per preoccuparsi troppo delle proprie creature, quindi venuta su un po’ “selvaggia”, impulsiva, a volte crudele nella sua sincerità, ma pure svagata e sognante, con una sua segreta grazia e una strana, altalenante, lucida consapevolezza di sé.
Ne “La strada che va in città” – pubblicato in forma di romanzo breve, o racconto lungo, sotto lo pseudonimo di Alessandra Tornimparte nel 1942 – Natalia Ginzburg descrive il mondo attraverso lo sguardo di Delia, poco più che adolescente, apparentemente spregiudicata, forse soltanto troppo immatura e incosciente rispetto ai canoni dell’epoca, costretta ben presto a confrontarsi con l’idea del matrimonio come unico destino possibile. Uno stravolgimento che ella affronta, come tutto il resto, con una sorta di rassegnazione, come se in fondo l’unico suo tesoro, l’unica sua ricchezza non fosse altro che lei stessa e la necessità di trovare un marito adeguato e non spiacevole parte del naturale corso degli eventi, come il crearsi una famiglia un dovere ineludibile.
Un affresco di una società molto distante da quella attuale, dopo decenni di lotte per l’emancipazione femminile e per la parità di genere, ma la psiche degli adolescenti (e degli adulti), a dispetto dell’avvento delle nuove tecnologie, non è poi così mutata, né lo sono i riti del corteggiamento, e perfino quell’indecisione, quasi un attardarsi sulla soglia, immaginando infiniti ipotetici futuri, prima di addentrarsi tra i problemi e le responsabilità dell’età adulta. Delia si confronta con i dilemmi di ogni giovane creatura di fronte all’amore, quel groviglio di sentimenti che sovvertono ogni logica, ma prende le sue decisioni con una singolare, arcaica saggezza, come abbandonandosi alla corrente, senza troppo riflettere né curarsi del giudizio altrui e quasi paradossalmente attenendosi e aggrappandosi a quelle stesse “leggi” non scritte che aveva provato a infrangere nella sua sete di vita.
La giovane donna ama fantasticare, non è abituata a leggere né a lavorare, ma riesce comunque a far passare il tempo nell’ozio, indugiando sui ricordi e sulle sue sensazioni: a strapparla dalla sua apparente imperturbabilità, da questa sorta di perenne stato di stupore, con una punta di amaro, come un pensiero molesto, un vago senso di perdita e di rammarico, può solo per un breve istante, come una rapida stilettata, una minima vertigine, il dolore. E remoto, più intuito che che riconosciuto, forse, il pensiero della morte. Il resto è puro presente, quel tempo che scorre impercettibilmente, in un riflesso d’eternità.
Il XXXI Festival “La Notte dei Poeti” organizzato dal CeDAC prosegue venerdì 23 luglio alle 19 con un duplice appuntamento con “Study about repetition and efforts”, originale coreografia creata e interpretata da Ares D’Angelo e Martina Martinez Barjacoba (spettacolo vincitore Danza Urbana XL 2021) e a seguire il progetto site specific “Voci/ Ogni isola ha il suo labirinto”, secondo studio sul mito di Arianna di e con l’attrice Rossella Dassu, mentre sabato 24 luglio alle 20 Paolo Calabresi si confronta con uno dei capolavori del Novecento, “Lolita”, “scandaloso” romanzo di Vladimir Nabokov, con le musiche della cantautrice Violetta Zironi, per raccontare la storia di una redenzione impossibile, quasi una fuga dalla realtà.
GLI SPETTACOLI
Uno strano rituale imprigiona due personaggi dall’identità sconosciuta in “Study about repetition and efforts” (Vincitore Danza Urbana XL 2021) – venerdì 23 luglio alle 19: la coreografia creata e interpretata da Ares D’Angelo e Martina Martinez Barjacoba esplora il contrasto tra la ripetizione meccanica di gesti e comportamenti e il desiderio di (ri)cominciare a provare nuove sensazioni. Un sottile legame sembra unire i protagonisti, imprigionati in una struttura e costretti a seguire le regole del gioco, ma decisi o comunque intenzionati a infrangere quei limiti, per poter diventare testimoni e artefici del proprio destino. Nel loro agire si influenzano reciprocamente, ogni scelta, ogni gesto comporta una responsabilità ma risponde anche a una necessità interiore inderogabile.
Tra mito e contemporaneità – a seguire sempre venerdì 23 luglio alle 19.30 circa – con “Voci / Ogni isola ha il suo labirinto” di e con Rossella Dassu, secondo Studio sulla figura di Arianna e il Labirinto (produzione Associazione Culturale Ca’ Rossa). La pièce rappresenta “un esperimento” per una moderna rilettura della vicenda della principessa cretese, figlia di Minosse e Pasifae e del suo incontro con l’ateniese Teseo, poi l’uccisione del Minotauro, la fuga e l’abbandono in Nasso. Sottolinea l’artista: «ho voluto dare un’altra voce a quest’eroina con cui mi confondo, in un gioco mito-biografico fatto di specchi che da isola rimandano ad isola, ma dove il labirinto resta sempre uguale e solo entrandoci ci si può riappropriare di un destino fabbricato con le proprie mani».
Un amore impossibile e “scandaloso” – sabato 24 luglio alle 20 – con “Lolita / Reading & Music”, dal romanzo di Vladimir Nabokov, con la voce narrante di Paolo Calabresi sulla colonna sonora scritta e interpretata dalla cantautrice Violetta Zironi. Una vicenda emblematica, con precisi riscontri nelle cronache dell’epoca (e in quelle attuali), sul fascino pericoloso e irresistibile di un’adolescente, la cui acerba bellezza risveglia nostalgici ricordi in Humbert Humbert. La tragedia di un uomo maturo, ammaliato da una ragazzina, maliziosa e inconsapevole “seduttrice” – trasportata sul grande schermo da Stanley Kubrick – riemerge nelle parole dello scrittore, come «diario di una redenzione impossibile, tra automobili, tristi motel, dolciumi e canzonette» in una fuga senza speranza.
I PROSSIMI APPUNTAMENTI
“La caduta di Troia” narrata nel Libro II dell’Eneide di Virgilio rivive – giovedì 29 luglio alle 20 – tra le rovine di Nora nell’interpretazione di Massimo Popolizio, sulle note di Barbara Eramo (voce e percussioni) e Stefano Saletti (oud, bouzouki, bodhran, voce), anche autore delle musiche con l’artista iraniano Pejman Tadayon (kemence, ney, daf), per la drammatica e coinvolgente cronaca della conquista e distruzione di una città. L’inganno del cavallo di legno, con cui i greci riescono ad espugnare la mitica capitale dell’Asia Minore dopo dieci anni di inutile assedio, la brutalità della guerra e il feroce massacro degli abitanti inermi, colti nel sonno, culmina nella fuga per mare di Enea con il padre Anchise e il figlioletto Ascanio. Tra i riflessi delle fiamme e le grida della strage, l’eroe nato da Venere si imbarca verso l’ignoto, con l’amarezza dell’esule, pur tra presagi di gloria.
Finale in musica – venerdì 30 luglio alle 20 – con “Diavoli Storti”, il nuovo progetto del cantautore Marcello Murru: un’antologia di canzoni, sulle tracce dell’omonimo album (distribuito da Rea/ Edizioni Musicali). Quasi un autoritratto fra parole e note, in cui l’artista ogliastrino, romano d’adozione, evoca atmosfere metropolitane e paesaggi dell’anima, storie di amori finiti e sogni perduti e in cui risuona il ricordo della lingua sarda, simbolo di un tempo lontano, passato o futuro, nell’Isola dove “danzamos liberos”. Fin dal refrain del brano che dà il titolo al disco e da cui è tratto il videoclip con la regia di Francesca Comencini («Piove sui vivi, piove sui morti / Piove su tutti i diavoli storti»), il cielo riflette i pensieri, e la memoria, il desiderio, il rimpianto si trasformano in poesia.
Il XXXIX Festival “La Notte dei Poeti” è organizzato dal CeDAC / Circuito Multidisciplinare dello Spettacolo dal Vivo in Sardegna con il patrocinio e il sostegno del MiC / Ministero della Cultura e della Regione Autonoma della Sardegna – Assessorato del Turismo, Artigianato e Commercio e Assessorato della Pubblica Istruzione, Beni Culturali, Informazione, Spettacolo e Sport, e del Comune di Pula – con il contributo della Fondazione di Sardegna e il prezioso apporto di Sardinia Ferries, che ospita artisti e compagnie sulle sue navi.