I cittadini si potrebbero chiedere con chi se la devono prendere, chi è mai il responsabile di questo disfacimento e quali e quanti siano gli errori che hanno prodotto questa classe dirigente.
Invero, le responsabilità di una classe politica regionale espressa da questo territorio non può essere disconosciuta, anzi, va ricercata per capire quali siano le motivazioni, il modo di agire, la tutela che dovrebbe essere riservata a quest’ambito e che non avviene in nessuna maniera o modo.
È notizia di questi giorni che il Sindaco di Oristano, già presidente dell’Assemblea dei Sindaci, intenda organizzare un altro sit-in in quel di Tramatza, per magari rallentare il traffico sulla 131 e protestare nei confronti, non si sa di chi, per la situazione sanitaria Oristanese.
Ricordo allo stesso Sindaco che ha già fatto altro sit-in per gli stessi motivi; mi pare che non si sia concluso un bel niente. Mi chiedo perché non abbiano attivato iniziative più opportune e concrete, magari chiamando a raccolta i Consiglieri Regionali della Provincia, e se fosse il caso, obbligarli a prendere alcune decisioni che li costringa, se necessario, anche ad uscire dagli schemi dei propri partiti di appartenenza, pur di dare una risposta solidale ai cittadini dell’Oristanese.
Non capisco inoltre perché non si sia già in passato provveduto a trovare un incontro, se del caso costringendolo, parlo del Presidente della Giunta Regionale, a verificare de visu e con una delegazione dei primi cittadini dell’Oristanese, in quale scatafascio vive questa “Area Socio Sanitaria Locale”.
Non si capisce altrettanto quali siano i motivi che bloccano iniziative come questa od altre che si ritengano opportune realizzare; abbiamo solo queste poche e povere esperienze che hanno decretato un ulteriore abbassamento dei livelli dei servizi sanitari in quest’area.
Non credo che ci sia bisogno di denunciare ancora una volta tutti i mali che si vivono in questa landa ormai desertica della Sardegna centrale, mancanza assoluta di medici e di paramedici in tutti i reparti ospedalieri ed in tutti i servizi territoriali, medici piuttosto incentivati ad andarsene che a venire ad Oristano.
Basti pensare alla carenza assoluta nel Pronto Soccorso, ove si è costretti a fermarsi per ore non solo per mancanza di medici, ma anche perché non si posseggono neanche i guanti necessari per visitare in sicurezza i malati.
La cronicità della mancanza di medici nei reparti di Radiologia, propedeutica ed al servizio di tutti i reparti; Medicina, ove la carenza di personale è cronica con ammalati che vengono abbandonati per impossibilità di servizi.
L’Ematoncologia ed Oncologia che non possono avere risultati in quanto il laboratorio è carente non solo di personale, ma anche nelle strutture per offrire diagnostica adeguata, e pensare quanta necessità questi malati avrebbero di tutela, di assistenza e di doverosa cura.
Esisteva un reparto di Anestesia Rianimazione e di Stroke Unit ormai quasi desertificati per mancanza di personale. Il primo per carenza assoluta di anestesisti; con i pochi rimasti si deve barattare la possibilità di interventi chirurgici, salvo la disponibilità delle Sale Operatorie, cosa di cui non vi è certezza.
Per quanto riguarda la Stroke Unit, posizionata al centro della Sardegna, in una zona certamente non ricca di opportunità, e con una dotazione organica di personale fortemente specializzato, ora chiusa per migrazione in posti più soddisfacenti di tale personale, che assicurava l’attività 24 ore su 24, come dovrebbe essere.
Mi pare anche opportuno chiedere se l’attuale Commissario della ASSL di Oristano abbia provveduto a battere i pugni sul tavolo per ottenere qualche risultato a livello regionale, o se sia in stato di quiescenza, anche perché si è appreso da varie fonti che ha chiesto di essere dimissionato, per cui comprendiamo bene quale sia l’elevato interesse nei
confronti di quest’area sanitaria.
Ma ciò che maggiormente ci preoccupa è sicuramente il disinteresse dell’esecutivo regionale, che più di enucleare il cayer doleance sulla sanità Sarda non va oltre, magari a cercare soluzioni adeguate e tempestive, e non ci si venga a dire che mancano i fondi, i finanziamenti, perché sappiamo bene come è finanziata la Sanità in Sardegna, derivando in tutto dal pacchetto contrattuale Prodi-Soru su cui ci si è fermati senza chiedere allo Stato una doverosa perequazione, cosa che manca alla Sardegna da ormai decenni. Neanche il COVID-19 sembra aver svegliato i dormienti e acquiescenti, soddisfatti solamente di un rivendicazionismo vecchio e logoro che sa più di pietismo che di vero riequilibro delle sorti della Nazione Sarda, magari avessero chiesto allo Stato di liberalizzare l’ingresso nelle Facoltà di Medicina perché ormai rischiamo di avere solo Medici che vengono o dalla Romania o dal terzo mondo.
L’unica nota positiva potrebbe essere quella che riguarda il nuovo finanziamento alle Università per le specializzazioni dei Medici. Vi è invece la necessità di riprendere con forza e pienezza una contrattazione tra lo Stato e la Regione su diversi livelli, che mi pare non si siano visti neanche ora che si parla di Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNNR), infatti non siamo tra le regioni ricche del Nord, né siamo in quelle povere del Sud, siamo solo un’isola che è abbandonata a sé stessa nel Mar Mediterraneo.
Sinché tutti i politici locali, ad iniziare dai Sindaci, non prendono coscienza di questi fatti e di queste dolorose esperienze che vive il Popolo Sardo, non si può pensare di costruire politiche serie ed alternative e cercare di sanare almeno nelle minime cose quelle che sono le esigenze primarie dei servizi sanitari nel nostro territorio, e non solo; infatti dovremmo aprire una nuova vertenza dell’Oristanese su quelli che sono i temi più importanti e caldi riguardanti i servizi e le prospettive future di occupazione e lavoro, se veramente si vuole fare opera meritoria per le donne e i giovani che bussano ad un futuro che non pare disponibile ad aprire le proprie porte.