Quale futuro per gli spazi di coesione e lavoro post pandemia?
L’indagine Cofoundry: le aziende intervistate preferiscono la “dimensione sociale” e il contatto quotidiano con i colleghi, contesti green e uffici si, ma dove serve e con “libertà di movimento”Team building, conoscere altri professionisti e fare rete, confrontarsi, scambiare idee per essere più creativi, sono considerati aspetti irrinunciabili per crescere nel business, ma anche per una migliore qualità della vita.
Il lavoro è ormai “nomade” e ha rivoluzionato il concetto di fisicità degli spazi e l’espressione del talento: secondo il 26%, per valorizzare le migliori competenze le aziende devono necessariamente andare oltre l’immobilismo e l'” attaccamento” alla stessa sedia di un unico ufficio
Nuove tendenze per la rivoluzione smart working, figlia della pandemia. Se da un lato molte realtà, dai grandi gruppi ai piccoli imprenditori, negli ultimi mesi hanno effettuato un “richiamo all’ordine”, scegliendo di far rientrare la popolazione aziendale in sede, dall’altro nel prossimo autunno potrebbero delinearsi nuovi scenari che potrebbero confermare quello del lavoro a “distanza” o in altra sede come il modello del futuro. Ma quali sono i benefit o gli svantaggi per le persone?
E quali gli impatti sull’espressione del talento? Cofoundry, spazi coworking presenti a Milano e Genova, dopo aver fornito un supporto concreto alle PMI italiane nell’anno del Covid, ha realizzato un’indagine sui propri coworker, esplorando il rapporto con i nuovi spazi di coesione e lavoro dal punto di vista di aziende, startup e freelance.
Coworking vs Lavoro da casa
Nel confronto con lo smart working da casa, il campione di aziende intervistate da Cofoundry giudica positiva la propria esperienza in coworking, ritenendola una soluzione decisamente migliore (57%), e dichiarando di aver riscontrato un miglioramento della propria qualità della vita: per gli aspetti di team building (47%), perché permette di conoscere altri professionisti e allargare la rete (43%), di confrontarsi, scambiare idee ed essere più creativi (39%), di occupare spazi personalizzabili in base alle proprie esigenze (24%), risparmiando sui costi di affitto e altre spese (20%).
La “dimensione sociale” è uno degli aspetti che ha inciso di più nella scelta di questa tipologia di location: il 24% ammette di preferirlo perché qui ci si sente meno soli, con un 33% dei professionisti che ha assegnato un valore di 8 in una scala da 1 a 10 e un 24% che si è spinto fino al livello 10, giudicando essenziale il contatto con i colleghi e altre persone.
Il coworking, quindi, oltre ad essere un ambiente di spazi fisici, è una realtà umana in cui stringere relazioni professionali e far crescere la propria azienda all’interno di un vero e proprio polo di sviluppo. La pensa così la metà dei lavoratori che in questa dimensione ha conosciuto nuove realtà interessanti con cui vorrebbe iniziare a collaborare, con un 16% che lo fa già.
Lavoro post pandemia
Pandemia: cosa è cambiato nell’ultimo anno per competenze e talento?
Dall’inizio della pandemia ad oggi, il modo di lavorare è senz’altro cambiato, con ripercussioni anche nelle capacità di espressione di talento e competenze. Il 37% degli intervistati crede che nell’ultimo anno lo smart working e il potenziamento della comunicazione digitale abbiano facilitato i singoli a concentrarsi di più su se stessi, consentendo di creare una dimensione professionale nuova, adatta al meglio delle proprie potenzialità. D’altra parte, il 34% è convinto che le distanze abbiano imposto troppi limiti e barriere, soprattutto nel confronto con gli altri, con ripercussioni anche sull’espressione del talento.
Lavoro post pandemia
Per 6 su 10, infatti, proprio il digitale e l’essere sempre in call e iper-connessi ha rappresentato il problema principale, seguito per il 37% dai problemi di connessione (non riuscire a collegarsi in call per riunioni/brief importanti), per il 29% dall’aver lavorato con nuovi ritmi strutturati sull’organizzazione personale e non dei team, e per il 25% dall’aver lavorato di più, senza i limiti di orario scanditi da un ufficio.
I luoghi di lavoro del futuro: sociali, green e non più legati alla stessa sedia di un unico ufficio
Quali scenari per il lavoro di domani? Avere a disposizione spazi esterni dedicati alla socialità (55%); immersi in contesti green e naturali, che influiscano sul benessere psicofisico dei lavoratori (51%); in cui poter fare networking con altri lavoratori dello stesso settore, da cui poter imparare e con cui poter collaborare (41%); ma anche essere circondati da un’estetica curata e di design, perché lavorare a contatto con il “bello” può migliorare le prestazioni e l’umore (37%), prevedere aree per l’attività fisica (20%), creare una rete con i negozi/realtà del quartiere per ampliare ulteriormente il network sul territorio (18%), offrire un supporto a chi è genitore con iniziative per i figli (aree dedicate, laboratori, giochi, percorsi educativi, ecc.), e mostrarsi pet-friendly, dando la possibilità di portare con sé il proprio cane/gatto (16%).
E’ questa la fotografia del luogo ideale tracciata dai worker di Cofoundry se si guarda ai nuovi spazi lavoro. Partendo dall’attuale scenario storico e socio-economico che stiamo attraversando, il 26% si dichiara convinto che per la migliore espressione del talento in azienda sia necessario andare oltre l’immobilismo e l'” attaccamento” alla sedia di un unico ufficio, mentre per il 13% bisognerebbe superare persino il concetto stesso di lavoro fisico sui territori, svolgendo in remoto attività per aziende straniere, senza l’obbligo di spostarsi e prevedere una presenza in quel Paese, ma mantenendo sempre un contatto reale dove si vuole, con altri worker.