«Apprendiamo con molta preoccupazione, attraverso i nostri referenti della Toscana, la notizia che all’interno di un RSA, per sopperire alla cronica carenza infermieristica, sarebbe stato nominato negli ultimi giorni un dirigente medico a svolgere l’importante funzione di coordinare il personale sanitario, ovvero infermieri (i pochi rimasti si legge in una nota), ma anche OSS.
Vorremmo innanzitutto ricordare ai protagonisti di questa vicenda che qualcosa di certo non quadra: non ci piace affatto assurgere al ruolo di guastafeste di turno, ma in questo caso c’è davvero poco da sprecarsi in elogi, poiché la legge parla chiaro, e prevede i requisiti che devono possedere coloro che ambiscono alla funzione di coordinatore, requisiti specifici ai quali non si può derogare».
Così Antonio De Palma, Presidente Nazionale del Nursing Up.
«I coordinatori dell’area infermieristica vengono specificatamente formati secondo le previsioni della legge numero 43 del 2006. Tale funzione deve essere esercitata da un professionista sanitario, nel nostro caso un infermiere, in possesso di un Master di 1 livello, al cui percorso di studi si viene ammessi dopo aver conseguito la laurea di medesimo livello.
Si parla di un percorso di studi specifico e differente, che altre qualifiche, anche mediche, non hanno- Si tratta di una attività che esprime responsabilità e funzioni che non possono afferire in alcun modo a persone che non vengono formate per assumere tali specifiche competenze, tanto meno i medici, “figli” di un percorso diametralmente opposto.
Provate a immaginare come avrebbero reagito i sindacati dei medici, se oggi fosse venuta fuori la notizia opposta, ovvero se un infermiere avesse preso il posto di un medico nelle sue funzioni di coordinamento di una loro equipe . Si griderebbe allo scandalo e alla lesa maestà dopo sole poche ore dall’uscita della notizia. Invece in questo caso pare che si voglia far passare l’episodio come del tutto normale, perché siamo in tempi difficili di carenza di personale! A costoro andrebbe fatto notare che, per ciò che abbiamo appena rappresentato, potrebbero certamente sussistere i presupposti per agire nei confronti del medico per esercizio abusivo di una attività che è specificatamente normata dalle legge.
Non si dimentichi, per quanto attiene specificatamente alla professione infermieristica, l’importanza e le previsioni della Legge 251/2000, che fissa i tasselli fondamentali del percorso di riordino della categoria.
Dopo l’emanazione del Profilo Professionale e l’abolizione del mansionario con la Legge 42/99, con tale norma viene finalmente abbattuto un muro che aveva tenuto prigionieri per oltre 20 anni la crescita e lo sviluppo della professione infermieristica.
Il sapere e il saper fare si realizzano nell’attività di pianificazione degli interventi assistenziali, in un contesto in cui gli infermieri, protagonisti attivi del processo di nursing, ridefiniscono il proprio ruolo perseguendo valori condivisi di autodeterminazione professionale ed indipendenza, consapevoli di rivestire un ruolo strategico di piena autonomia all’interno dell’équipe multidisciplinare.
Con il concetto di ruolo si intende lo “spazio ricoperto da un professionista nell’ambito della sua organizzazione, un ambito che accoglie i compiti, le azioni e le attività che una figura professionale svolge nell’organizzazione a seguito delle proprie competenze”.
L’Atto Sanitario infermieristico, quindi, non coincide con l’Atto Medico, ma rappresenta un complesso di prestazioni e competenze risultanti dall’agire di una professionalità autonoma per competenze e funzioni».
Il Referente del Nursing Up per la stampa
Alfredo Iannaccone
389-1510483