Appresi i propositi green manifestati per la Sardegna, da molti facoltosi interlocutori e apparsi su tutti i media, come CISAL FederEnergia crediamo con un po’ di sano realismo di poter affermare che si tratta per ora di realtà virtuali.
Ad oggi , siamo molto lontani dal vedere tutti i condomini autoproduttori di energia, mobilità elettrica spinta, colonnine per il rifornimento elettrico ovunque, accumuli in grado di bilanciare la rete e per le necessità improvvise della rete, la gestione senza problemi delle punte . Tutto ciò resta ancora un sogno!
Non avere oggi, un sistema pronto per produrre energia elettrica subito e in grado di bilanciare la rete, in caso di riduzioni improvvise di potenze provenienti dalle rinnovabili e ciò accade frequentemente, comunque accade quando improvvisamente non c’è sole o vento, crediamo sia un grosso errore.
Come lo sarà essere esclusivamente dipendenti dai cavi, quindi rinunciare a produrre energia in terra Sarda, attraverso le centrali esistenti convertite a gas, potrebbe diventare diabolico per i Sardi e per la rete, dovrebbe essere d’esempio quanto successo in altri stati a causa di scelte scellerate, dove si arrivati perfino a toccare con mano l’ebrezza del blackout e del buio totale.
Senza trascurare il fatto, che permane il perenne sopruso per i Sardi che non avranno mai il gas di rete come nel resto d’Italia, ne c’è lo avranno mai le aziende per le loro produzioni. Quindi discriminati ancora una volta e legati a maggiori consumi di energia elettrica.
Tutto ciò è un problema del governo e non dei Sardi e della Sardegna.
Chi afferma, che la scelta del gas non è al passo coi tempi, dimentica che la Sardegna non è mai stata forse per volere di qualcuno, allineata alle altre altre regioni, vedi trasporti, viabilità, servizi, il GAS, ecc… Sarà forse arrivato il momento di cambiare questa tendenza?
Come parte sociale, temiamo si complichi lo scenario occupazionale regionale, oggi circa 1000 famiglie dipendono dalle centrali termoelettriche alimentate attualmente a carbone. Benché esista la possibilità che Enel possa reimpiegare gli interni in altre aree della stessa azienda, cosa assai difficile da attuare al nord nella centrale EP di Fiume Santo, unico sito presente in terra Sarda e per cui l’azienda starebbe ripensando sui palesati investimenti da eseguire per nuovi impianti per biomasse e gas.
In ambe due i casi, resterebbero comunque oltre 600 lavoratori delle terze imprese da ricollocare. Un disastro occupazionale immediato e senza precedenti, che va ad aggiungersi alle altre crisi consumate in Sardegna.
Rioccupare con le Rinnovabili? Oggi in Sardegna si occupano di sole e vento, impiegati a tempo indeterminato circa una trentina di persone fra tutte le aziende presenti nel territorio.
Pertanto la filiera delle rinnovabili non potrà assorbire le maestranze da ricollocare, che necessitano invece di reinserirsi in processi produttivi attivi e che possano garantire un futuro certo.
CISAL FederEnergia fa un appello al Governo, al Presidente della Regione Sardegna e tutta la Politica Sarda, affinché vengano valutate le reali necessità della Sardegna e dei Sardi. Serve un patto per il lavoro che deve scaturire dall’incontro e dalle idee di tutti i soggetti in causa, affinché si trovino le giuste garanzie per non perdere neanche un posto di lavoro e ridare speranze a mille famiglie per il futuro.