È emerso infatti che presso la sede aziendale l’imprenditore aveva installato un impianto di videosorveglianza idoneo al controllo a distanza dei lavoratori senza la prescritta autorizzazione dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro ovvero un accordo sindacale. Sono state altresì elevate ammende per complessivi 388 euro.
Lo statuto dei lavoratori che risale al 1970 nega al datore di lavoro la possibilità di controllare a distanza l’opera dei propri dipendenti, privandoli della riservatezza necessaria al sereno compimento della loro attività professionale e alla libera espressione della propria personalità.
Degli apparati di controllo a distanza o di video-ripresa possono essere allocati soltanto per motivate ragioni che dovranno essere verificate dagli organi competenti oppure concertate tramite un accordo sindacale che tuteli comunque i lavoratori e l’impresa.
A nulla rileva, in assenza di tali requisiti, l’eventuale consenso rilasciato da parte dei lavoratori che non può essere pertanto ritenuto una scriminante rispetto al reato configurato dall’art. 4, Legge n. 300/70.
La ragione sottesa alla scelta del legislatore di attribuire alle rappresentanze sindacali aziendali, o in mancanza di accordo, all’Ispettorato del Lavoro, il compito di valutare l’esistenza effettiva delle esigenze aziendali previste dalla citata disposizione, è quella di garantire un controllo da parte di soggetti competenti e dotati di una maggiore forza economico sociale rispetto ai singoli dipendenti, i quali, nel rapporto contrattuale con il datore di lavoro, rappresentano la parte debole e facilmente condizionabile.