Dall’altra parte del mare: arriva Giovanni Impastato per un tour in tre date (Ossi, Montresta, Alghero)
del libro “Mio fratello, tutta una vita con Peppino”.
OSSI, MONTRESTA, ALGHERO Tutti conoscono Peppino Impastato, tutti sanno che era un giornalista, un conduttore radiofonico, un attivista siciliano iscritto a Democrazia Proletaria, e che nel 1978, appena trentenne, fu ucciso dalla mafia per avere denunciato pubblicamente le attività criminali di “Cosa Nostra”.
Non tutti, però, conoscono i dettagli più personali e quotidiani della sua vicenda umana. A raccontarli, nel libro “Mio fratello, tutta una vita con Peppino“, pubblicato lo scorso aprile da Libreria Pienogiorno, è Giovanni Impastato, fratello minore del giornalista di Cinisi, che dal 9 all’11 settembre è ospite del festival Dall’altra parte del mare per un mini tour in tre date durante il quale presenterà il libro: domani, giovedì 9 settembre a Ossi (alle 19 nel patio della biblioteca comunale), venerdì 10 settembre a Montresta (alle 21, anfiteatro comunale), e sabato 11 settembre ad Alghero (alle 20 nel giardino della parrocchia di Nostra Signore della Mercede).
Giovanni Impastato, nato a Cinisi nel 1953, è il fratello minore di Peppino Impastato, e fu grazie a lui, e alla madre Felicia, se, dopo la morte dell’attivista ucciso da “Cosa Nostra”, venne individuata la matrice mafiosa del delitto.
Entrambi, infatti, si opposero alla tesi dell’attentato dinamitardo, durante il quale l’attentatore, cioè Peppino, sarebbe rimasto ucciso, e riuscirono a fare riaprire il processo. Per farlo, assunsero la decisione difficile e coraggiosa di chiudere definitivamente ogni rapporto con il resto della famiglia Impastato, tradizionalmente legata alla mafia.
Giovanni Impastato è tra i fondatori di “Casa Memoria Felicia e Peppino Impastato”, impegnata nella sensibilizzazione e nel contrasto alla criminalità organizzata
Il libro “Mio fratello, tutta una vita con Peppino” prende l’avvio da Cinisi, e da una famiglia di agricoltori legati alla mafia locale: il padre Luigi era stato inviato al confino durante il periodo fascista, e suo cognato, Cesare Manzella, ucciso in un attentato, era il capomafia del paese, uno dei boss che per primi individuarono nel traffico di droga il nuovo strumento di accumulazione di denaro e potere.
È in questa famiglia che nasce Peppino, e cinque anni più tardi anche Giovanni, dopo che un altro fratello che portava lo stesso nome era morto ancora piccolissimo. È da qui che si sviluppa la vicenda rivoluzionaria, drammatica, coraggiosa e libera del ragazzo destinato a diventare il più contagioso degli attivisti della lotta antimafia. Una storia che non si interrompe affatto con l’uccisione di Peppino, ma che continua per altri quarant’anni intrecciandosi a quella del nostro Paese, e disvelandone spesso complicità e opacità.